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Il giardino dell’Eden diventa Patrimonio mondiale dell’umanità

(Rinnovabili.it) – I dolmen delle Sette tavole in Andalusia, l’arcipelago messicano di Revillagigedo e le incisioni rupestri neandertaliane delle grotte di Gorham, a Gibilterra. Sono alcuni dei 21 nuovi siti Unesco dichiarati Patrimonio mondiale dell’umanità, nessuno dei quali purtroppo è italiano. E l’Italia – che guida storicamente la classifica mondiale – adesso rischia di essere scavalcata dalla Cina arrivata a quota 50 siti, solo uno in meno della penisola. La decisione dell’agenzia dell’Onu riunita a Istanbul, peraltro arrivata con un giorno di ritardo per via del tentativo di colpo di stato in Turchia, ha premiato anche Le Corbusier: 17 opere dell’architetto francese entrano così nella lista.

Uno dei riconoscimenti più importanti dal punto di vista ambientale va però all’Iraq grazie alle paludi del sud del paese. In una fetta di mondo ancora martoriata dalla guerra, queste aree sono state sul punto di scomparire fino a pochi anni fa: in esse si intrecciano gli effetti dei cambiamenti climatici, le gravissime crisi dell’acqua che ancora mordono il medio oriente e spietati calcoli politici. Tutto concentrato nel sito che la tradizione identifica come il giardino dell’Eden narrato nella Bibbia.

L’area oggi riconosciuta come patrimonio mondiale è formata da 7 siti, 3 archeologici (le antiche città sumere di Ur, Uruk e Tell Eridu) e 4 zone paludose. Quest’ultime stavano per essere distrutte da Saddam Hussein, quando negli anni ’90 ordinò di “seccarle” costruendo dighe e riducendo l’afflusso di acqua da Tigri ed Eufrate. L’obiettivo era stanare i guerriglieri sciiti che si opponevano al suo regime. Così queste paludi, che negli anni ’70 coprivano 9mila kmq, scesero ad appena 760 kmq nel 2002. Dopo la caduta di Saddam si è riusciti a recuperarne buona parte.

Dal punto di vista ambientale svolgono una funzione importantissima: le paludi della Mesopotamia sono zone di riproduzione per i pesci del golfo Persico e lì nidificano specie rare di uccelli come l’ibis. Inoltre sono tappa obbligata e preziosa lungo le rotte migratorie degli uccelli selvatici tra Siberia e Africa.

Autore: Rinnovabili

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