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La previdenza dei professionisti in favore del Fondo Atlante

Un paio di mesi fa è stato istituito il Fondo “Atlante”, un fondo di investimento che avrà due scopi: sostenere gli aumenti di capitale di alcune banche italiane e acquistare crediti deteriorati, cioè persi. Si ricorda che Atlante è un personaggio della mitologia greca che teneva sulle spalle l’intera volta celeste. Qui più modestamente deve mantenere il sistema bancario italiano che se no cade giù. La creazione del fondo Atlante è l’ultimo passo di una serie di interventi compiuti dal governo e dagli operatori del settore finanziario per  aiutare il sistema bancario italiano, la cui situazione, piuttosto difficile da anni, si è aggravata negli ultimi mesi. Il fondo Atlante (tecnicamente un “Fondo di investimento alternativo chiuso riservato”) è uno strumento gestito da una società privata, la Quaestio SGR del finanziere Alessandro Penati, ma la sua creazione è stata coordinata con il governo italiano e i principali gruppi finanziari del paese. Al momento della costituzione la dotazione del fondo, cioè i capitali che potrà investire arriva in gran parte dalle due principali banche italiane, Unicredit e Banca Intesa, che hanno assegnato al fondo ognuna circa un miliardo di euro. Fondazioni bancarie e altri istituti dovrebbero investire circa 500 milioni, mentre altri 500 arriveranno da Cassa Depositi e Prestiti, completamente controllata dal ministero dell’Economia. In tutto il fondo dovrebbe riuscire raccogliere tra i 5 e i 6 miliardi.
I soldi sono già stati risucchiati per i primi salvataggi, anche se non si chiamano così e di fronte alla necessità di reperire nuovi capitali, si è deciso di dar vita al Fondo Atlante 2. Il problema sta questa volta in chi sborsa la grana.
Così Nannicini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha sondato riservatamente, in incontri sempre smentiti, la disponibilità di alcuni investitori istituzionali, fra cui le Casse Pensioni dei professionisti che fra l’altro hanno il dente avvelenato con l’esecutivo.
La previdenza privata nasce in Italia a seguito della Legge n. 335/95 (“Riforma Dini”) e dei decreti legislativi n. 509/94 e 103/,L. 335/95. Prima c’erano solo enti di previdenza pubblici.
Le leggi citate, distinguono la previdenza italiana in due macro aree: la previdenza pubblica e quella privata. La macro area della previdenza privata è destinata ad accogliere le Casse di previdenza obbligatoria i cui iscritti appartengono a categorie professionali disciplinate da Albi inquadrati in Ordini e Collegi.
Ancora, gli Enti di previdenza dei liberi professionisti (“privati o privatizzati”), non ricevono alcun trasferimento dallo Stato, adempiono al loro compito, che è quello di assicurare le pensioni di vecchiaia, solo con i contributi pagati dai liberi professionisti e, infine, pagano le tasse allo stato come e più’ dei privati cittadini.
Gli investimenti degli Enti di previdenza “privati o privatizzati” non sono trattati per quello che sono, cioè investimenti dei risparmi degli iscritti fatti per assicurare loro la pensione, ma come investimenti speculativi; infatti la tassazioni sulle rendite finanziarie egli enti “privati o privatizzati” è del 20% (è stata elevata dal 2015 dal 12,50%), e nonostante le loro proteste sono state assoggettate alla spending review alla stregua di un qualsiasi ente pubblico.
Proprio prima che Nannicini iniziasse il giro delle sette chiese, parlando del disegno di legge sulla concorrenza, prossimo alla approvazione definitiva al Senato, il presidente dell’Enpaf, l’ente dei farmacisti, Emilio Croce, lamentava la mancata introduzione, nell’ambito dell’esame del disegno di legge in commissione Industria al Senato, del contributo del 2% in favore dell’Enpaf da parte delle società di capitali, proprietarie di farmacie, con capitale maggioritario di soci non farmacisti. “L’impoverimento della previdenza di categoria non sarà scaricato sugli attuali contribuenti e sulle aspettative di tutela previdenziale dei nostri iscritti”.Nell’introdurre un nuovo modello gestionale nel settore farmaceutico, attraverso l’apertura al capitale – continuava Croce – era doveroso che il Governo si facesse carico delle criticità conseguenti alla inevitabile riduzione delle entrate contributive per l’Ente, nonché al mutamento della tipologia dei contribuenti”.
L’impoverimento della previdenza di categoria non sarà comunque scaricato sugli attuali contribuenti e sulle aspettative di tutela previdenziale dei nostri iscritti – concludeva – fermo restando che, a fronte dell’atteggiamento miope del Ministero dello Sviluppo Economico e del silenzio dei Ministeri del Lavoro e dell’Economia, assicuro fin d’ora che l’Enpaf non condividerà alcuna iniziativa del Governo, anche attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, di ricapitalizzazione del sistema bancario”.
Poi un paio di giorni dopo, la svolta, non si sa se condivisa o meno dall’Enpaf.
L’Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati) ha deliberato di “sostenere l’iniziativa Atlante 2” per il salvataggio bancario, dopo la richiesta del governo di immettere 500 milioni di euro. L’assemblea dell’associazione, sottolinea nel documento approvato “l’importanza di investire a sostegno del sistema paese, nel quale i professionisti operano”. La decisione dell’associazione delle casse pensionistiche di investire nel fondo Atlante 2 è scaturita nel pomeriggio del 25 luglio 2016, al termine dell’assemblea straordinaria dei vertici degli enti, convocata subito dopo l’incontro fra una delegazione dell’Adepp (guidata dal presidente Alberto Oliveti) con il premier Matteo Renzi e il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, a Palazzo Chigi, lo scorso giovedì. L’Adepp, alla quale aderiscono 19 Casse di previdenza privata e rappresenta oltre 2milioni di professionisti, in un comunicato ha sottolineato di valutare con la “massima attenzione” l’investimento in Atlante2. Considerata la priorità del ruolo dei cda, del rispetto delle asset allocation e delle procedure nelle proprie politiche di investimento, nell’attesa di ricevere le proposte tecniche per le necessarie valutazioni sui rischi e sul rendimento nonché le formali direttive da parte dei ministeri vigilanti in materia di investimenti – si legge ancora nella nota di Adepp – delibera di sostenere l`iniziativa Atlante2. Se il governo aveva bisogno di denaro fresco subito, l’iter messo in moto, le cautele espresse, l’estate incombente, ci dicono che le banche nel frattempo devono guardare da qualche altra parte.

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