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MIT, una shakerata e il cellulare autoassemblante è servito

Il Self Assembly Lab, un laboratorio di ricerca del MIT, è attualmente impegnato per sperimentare un sistema che potrebbe consentire alle aziende impegnate nel mercato dei di dispositivi elettronici consumer di ridurre i costi di produzione, mediante un sistema di autoassemblaggio dei componenti. Le prime sperimentazioni a riguardo si concentrano sulla possibilità di procedere all’assemblaggio automatico di un cellulare. La tecnica utilizzata non manca di catturare l’attenzione: i singoli componenti vengono inseriti in un cilindro rotante e, dopo, diverse rotazioni, trovano l’assetto ottimale in autonomia. 

I tre componenti del cellulare impiegato per i test prima dell’assemblaggio automatico (il secondo fotografato anteriormente e posteriormente)

Al momento, il gruppo di ricerca è riuscito a gestire correttamente l’assemblaggio automatico e contemporaneo di due cellulari, ciascuno formato da tre componenti. L’operazione, a seconda della velocità di rotazione del cilindro, può essere portata a termine in meno di un minuto. Naturalmente, trattandosi di componenti elettronici, le velocità devono essere regolate in modo tale da non compromettere l’integrità degli elementi autoassemblanti, fermo restando che l’interno del cilindro è stato opportunamente rivestito con un materiale che attenua gli urti. 

Altro elemento essenziale riguarda gli accorgimenti introdotti per far sì che i singoli elementi entrino a contatto l’uno con l’altro nei punti giusti. Per l’esperimento iniziale, i ricercatori hanno utilizzato un sistema basato su magneti. Il video riportato di seguito illustra con sufficiente chiarezza come opera il sistema di autoassemblaggio appena descritto. 

I dispositivi utilizzati per l’esperimento sono rappresentati da semplici cellulari dal degin non propriamente raffinato, non da sofisticati smartphone. Si tenga conto, tuttavia, che si tratta dei primi test e che il progetto può essere considerato, al momento, una proof of concept suscettibile di ulteriori affinamenti.

Il progetto del MIT tuttavia parte da premesse che potrebbero essere prese in considerazione dalle aziende che operano nel settore dell’industria hi-tech e parte dalla constatazione che:  l’assemblaggio dell’elettronica di consumo richiede una grande quantità di lavoro manuale o di robotica altamente specializzata, ciò porta ad un aumento dei costi, del tempo di assemblaggio e del consumo di energia e porta le aziende a cercare manodopera a basso costo. Una soluzione come quella proposta potrebbe quindi rappresentare un’interessante alternativa rispetto ai tradizionali metodi di assemblaggio. 

Skylar Tibbits, uno dei ricercatori del MIT coinvolto nel progetto ritiene possibile l’impiego del metodo descritto nella produzione di massa, fermo restando che ogni elemento del progetto dovrà essere ulteriormente affinato per raggiungere lo scopo. Un obiettivo che potrebbe non essere del tutto irraggiungibile, anche tenuto conto che a supportare le attività del Self Assembly Lab è stata la stessa DARPA, l’agenzia del governo americano per i progetti avanzati di difesa. I finanziamenti ricevuti dalla DARPA sono stati impiegati dal laboratorio del MIT per sperimentare tecniche di autoassemblaggio di materiali e dei prodotti differenti, compresa la sedia autoassemblante

Autore: Le news di Hardware Upgrade

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