L’istituto tedesco sperimenterà il progetto StEnSEA sul lago di Costanza entro la fine del 2016: sfere cave di cemento, installate sui fondali, da riempire/svuotare d’acqua sfruttando l’energia prodotta in eccesso dalle rinnovabili. La canadese Hydrostor sta lavorando a una soluzione simile.
Sfere sottomarine in cui stoccare l’energia generata in eccesso dalle fonti rinnovabili. L’idea è del Fraunhofer Institut, finanziata dal Governo tedesco tra gennaio 2013 e giugno 2016 e ora pronta a entrare nel vivo con una sperimentazione di quattro settimane entro la fine dell’anno.
Il progetto si chiama StEnSEA, Stored Energy in the Sea, e punta a immagazzinare grandi quantità di energia elettrica prodotta dagli impianti marini, in particolare dalle turbine eoliche offshore.
Per capire esattamente come funziona questa tecnologia sperimentale è bene ricordare il principio dello storage idroelettrico. Lì abbiamo due bacini d’acqua, situati a quote differenti. Quando c’è un surplus di elettricità, che altrimenti andrebbe sprecata, entra in azione il pompaggio per riportare l’acqua dal bacino inferiore a quello superiore. Così la stessa acqua potrà essere riutilizzata per la “caduta” a valle e la conseguente accensione delle turbine elettriche.
Vediamo come: la pressione della colonna d’acqua sopra ogni singola sfera “forza” l’entrata dell’acqua stessa nella cavità, riempiendola, per poi azionare una turbina che, a sua volta, produce elettricità. Quando, invece, sulla rete c’è disponibilità eccedente di energia, quest’ultima può essere impiegata per svuotare la sfera e ricominciare il ciclo.
Il prossimo passo del Fraunhofer, dopo varie simulazioni di laboratorio, è passare al test sul campo, posando alcune sfere con un diametro interno di quasi tre metri sul fondo del lago di Costanza, a una profondità di circa cento metri.
L’obiettivo, però, è arrivare a sfere di trenta metri di diametro, capaci di “lavorare” a 600-800 metri di profondità con una capacità di stoccaggio pari a 20 MWh (il volume d’acqua contenuto sarebbe pari a 12.000 metri cubi).
Per ora, è chiaro, sono tecnologie di frontiera ai primi stadi di sviluppo: riusciranno mai a passare lo scoglio della produzione su scala commerciale? Molto dipenderà anche dallo sviluppo delle rinnovabili marine, dall’evoluzione delle reti di trasmissione e dai costi dei diversi sistemi di energy storage, in primis l’accumulo elettrochimico.
Intanto, la società canadese Hydrostor ha sviluppato una soluzione simile a quello del Fraunhofer Institute, quindi sempre basata su delle sfere sott’acqua, anche se in questo caso la tecnologia di riferimento è denominata CAES (compressed air energy storage).
Le sfere, in realtà, sono dei palloni di nylon riempiti/svuotati di aria compressa secondo le necessità, sfruttando l’azione combinata dei compressori (alimentati dall’energia in eccesso sulla rete) e della pressione idrostatica.
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