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Ecosistema Urbano 2016: amministrazioni immobili, cittadini eco-impegnati

(Rinnovabili.it) – Città ingessate e performance ambientali statiche. La vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani sembra essere affetta da una pigrizia profonda che rende difficile, se non impossibile, compiere reali passi avanti. A monitorare lo stato di salute urbano è, come ogni anno, l’analisi diagnostica realizzata da Legambiente in collaborazione con l’istituto di ricerca Ambiente Italia e il Sole 24 ore. Ma nella sua nuova edizione, Ecosistema Urbano 2016 ci conferma dati tristemente noti: chiamate a rispondere della qualità dell’aria, della gestione idrica e dei rifiuti, le amministrazioni comunali, soprattutto delle grandi città, risultano impreparate. Il sostanziale immobilismo che si registra nelle pagine di Ecosistema Urbano 2016, non emerge solo dal confronto su base annuale: l’inerzia appare piuttosto come l’approccio operativo di interi mandati amministrativi. La vera spinta al cambiamento e alla best practices arriva piuttosto dal basso, da cittadini eco-impegnati, da associazioni, comitati di quartiere e cooperative solidali.

“Questo rapporto racconta un Paese a due velocità: quella delle amministrazioni e quella dei cittadini – ha dichiarato la presidente di Legambiente Rossella Muroni -. E mentre le prime si confermano lente, rigide e quasi impermeabili ai cambiamenti, le seconde spiccano per vivacità e spirito d’iniziativa con tantissime buone pratiche che pur coinvolgendo concretamente un condominio, una strada o un quartiere, esprimono un’idea di città e di futuro ben più ampia, in grado di coniugare giustizia sociale e vivibilità, cultura e socialità, economia e ambiente”.

La classifica di Ecosistema Urbano 2016

L’insieme degli indicatori selezionati per la graduatoria copre come sempre cinque principali componenti ambientali presenti in una città: aria, acque, rifiuti, mobilità, energia. Tali indicatori consentono di valutare tanto i fattori di pressione e la qualità delle componenti ambientali, quanto la capacità di risposta e di gestione ambientale. “I punteggi assegnati su ciascun indicatore identificano, in parole semplici, il tasso di sostenibilità della città reale rispetto ad una città ideale (non troppo utopica)”.

Tra le prime dieci troviamo capoluoghi al di sotto degli 80mila abitanti (Macerata, Verbania, Mantova, Belluno, Oristano, Cuneo, Savona), tre centri di medie dimensioni (Trento, Bolzano e Parma) e nessuna grande città. In testa ancora prevalentemente il nord del Paese assieme con due città del centro Italia, la marchigiana Macerata quest’anno prima su tutte e la sarda Oristano (ottava).
Le ultime cinque sono invece Frosinone e quattro città meridionali: Palermo, Siracusa, Caserta, Vibo Valentia, fanalino di coda della classifica.

La prima in classifica

La medaglia d’oro, Macerata se l’è guadagnata grazie ad alcuni ottimi piazzamenti nei settori chiave della ricerca. Buono il dato relativo al biossido di azoto (NO2), dove Macerata si piazza ottava assoluta con una media di 17,9 microgrammi/mc, così come ottimo il dato relativo alle polveri sottili (quarto, con una media di 17,0 microgrammig/mc). Relativamente buono il livello dei consumi idrici procapite che con una media giornaliera di 125,9 l/ab/giorno tengono la città al quattordicesimo posto. Primo posto assoluto per l’assenza di grandi perdite nella rete idrica (appena l’8,6%, valore più basso della dispersione “fisiologica”) e ottimo il dato relativo alla raccolta differenziata dei rifiuti dove è settima con il 73,5% di rifiuti raccolti in maniera differenziata. Infine, due buoni piazzamenti negli indici relativi alle energie rinnovabili: il capoluogo delle Marche è sesto con 18,66 kW ogni 1000 abitanti per la potenza di solare installata su edifici pubblici e tra le prime con un ottimo 98% nel nuovo indice relativo alla percentuale di fabbisogno energetico domestico proveniente da fonti rinnovabili.

Autore: Rinnovabili

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