Inps: il DG se ne va sbattendo la porta

Il Direttore Generale dell’Inps Massimo Cioffi, alla fine si è deciso a buttare la spugna e si è dimesso dal suo incarico. Chiamato da Boeri per dare l’impronta di managerialità ed efficienza nella conduzione dell’ente contro le lungaggini dei “burosauri”, non ha potuto in effetti dispiegare le sue capacità. Che secondo me c’erano. Non si arriva a divenire capo delle risorse umane di una primaria azienda nazionale senza capacità. Il motivo dello scontro è l’esercizio del potere reale. Nella  riorganizzazione di Boeri, data in pasto ai mass media come mera riduzione di posti di dirigenti, cosa che fa uggiolare con la bava alla bocca la totalità degli utenti Inps, il punto centrale è l’accentramento scientifico di tutti i poteri in una sola persona. Se ne è accorto persino il sonnecchiante Civ che in sussulto di orgoglio ha fatto ricorso al Tar.

Su questa ipotesi di riorganizzazione, oltre alle parti in causa, perfino la Ragioneria Generale dello Stato ha trovato da ridire. In un suo documento mise in risalto i tre nodi cruciali suesposti: la riduzione del potere del Civ, la concentrazione delle funzioni nelle mani del presidente e il depotenziamento delle proposte che il direttore generale dovrebbe sottopone al presidente . Secondo l’Inps, però, si trattava di osservazioni in parte già corrette e quindi superate.
Per il direttore generale  non era affatto così: in una recente audizione parlamentare aveva avvertito che se la “dialettica” tra gli organi fosse proseguita su una linea di scontro ci sarebbe stato il “rischio di ricadute di carattere organizzativo”. Ora rincara la dose dicendo che “da un lato manca un adeguato coordinamento sui processi operativi tra le direzioni, dall’altro si affida ad una commissione di esperti esterna la selezione dei dirigenti” Dunque “di fatto vengono azzerate le due leve principali a disposizione del direttore generale per gestire un Ente complesso come l’Inps: il coordinamento e la scelta dei dirigenti”. Al Dg sarebbe rimasto un mero ruolo  esecutorio.

Ma Cioffi sulla partita non aveva nessuna carta o appoggio da giocare. Da quando era stato coinvolto nell’affaire dei 40 milioni di contributi previdenziali che sarebbero stati evasi proprio all’Inps, quando era direttore del personale dell’Ente che “illumina” gli italiani, era un’anitra zoppa. Autosospesosi, era poi rientrato in servizio ma non accolto come figliuol prodigo come forse si aspettava.
Ora, dando ufficialmente le dimissioni le ha motivate in quanto “il rapporto con il presidente Tito Boeri si era irrimediabilmente deteriorato”. Boeri commentandole, le ha trovate coerenti perché non credeva nella riforma.

Non bisogna inoltre dimenticare che dopo la legge di stabilità o di bilancio 2017 sull’Inps ricadranno ulteriori e più pressanti incombenze che andranno ad aggiungersi a quelle già svolte bene o male, più male che bene in verità, visto il progressivo allungarsi dei tempi necessari per l’erogazione di qualsiasi prestazione, dalla Naspi alla liquidazione della pensione dei malcapitati dipendenti pubblici.
Non a caso Boeri di recente ha più volte affermato che per essere in grado di poter assolvere alle incombenze che verranno dall’Ape, sia volontaria che quella sociale o aziendale, bisogna approvare la sua riforma senza trante discussioni.
Il governo alle prese con il Referendum al momento non dice nulla, tranne le cose ovvie delegate al ministro del lavoro Poletti che addirittura arriva a ringraziare Cioffi. Se è per questo anche Boeri si è spinto fino a tanto, contento di essersi finalmente liberato di un personaggio che evidentemente sfuggiva al ruolo di yesman.
Intanto nessuno parla più di governance dell’Istituto e si aspetta che il Tar si pronunci in qualche modo sulle doglianze del Civ.
Bisognerà vedere poi se i dirigenti dell’Inps si faranno fare l’esamino dai professori della Bocconi come matricole universitarie bramosi del 30 e lode per conservarsi un posto al sole.

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Autore: Finanza.com Blog Network Posts