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Elon Musk fonda Neuralink con l’obiettivo delle connessioni neurali uomo-macchina

“Conosco il kung-fu”. E’ una delle citazioni più celebri del primo capitolo della saga cinematografica di Matrix: per poter apprendere le tecniche delle arti marziali cinesi il protagonista, Neo, sfruttava un particolare connettore che gli consentiva di collegare il proprio cervello direttamente con un computer. In molti, dinnanzi a quella scena, avremo provato un pizzico di invidia pensando “Magari fosse così facile imparare qualcosa…!”.

Uno scenario che, per quanto fantascientifico, potrebbe un giorno diventare realtà: si apprende in questi giorni dell’esistenza di Neuralink, una società di ricerca medica fondata lo scorso luglio in California e che vede il diretto coinvolgimento di Elon Musk, l’imprenditore sudafricano che già coordina due importanti realtà tecnologiche come SpaceX e Tesla. L’obiettivo di lungo termine Neuralink è quello di realizzare un’interfaccia “brain-computer” che consenta di impiantare dispositivi nel cervello umano, dapprima per curare patologie neurodegenerative ed in un secondo tempo per migliorare le capacità dell’essere umano così che possa tenere il passo con il progresso dell’intelligenza artificiale.

Anche Musk ha tratto ispirazone dalla fantascienza, e precisamente dal “neural lace” inventato dal romanziere scozzese Iain M.Banks all’interno della serie Culture, dove i personaggi sono dotati di un reticolo semi organico che cresce sulla corteccia cerebrale e permette loro di interfacciarsi senza l’impiego di cavi con le intelligenze artificiali e creare un backup delle proprie memorie. Una caratteristica che rende le persone immortali, poiché in caso di decesso possono “resuscitare” grazie al recupero dell’ultimo backup.

Ad oggi, dispositivi impiantabili nel cervello sono usati in maniera molto limitata (sia numericamente, sia come tipo di azione) nel campo medico per aiutare a lenire gli effetti del morbo di Parkinson e per cercare di trattare gli effetti di alcune malattie neurodegenerative. Si tratta tuttavia di casi molto rari, poiché si tratta di interventi chirurgici particolarmente invasivi per il cervello umano, cui si ricorre solamente quando le altre strade percorribili non hanno dato esito favorevole.

Seguendo le orme di Tesla e SpaceX, anche Neuralink ha intenzione di presentare un prototipo funzionante che possa dimostrare che la tecnologia è sicura e operabile, prima di spostare il focus sull’ambizione di migliorare le capacità della razza umana. Un prototipo che verosimilmente assumerà la forma di un dispositivo in grado di trattare le malattie che colpiscono il cervello. Secondo lo stesso Musk sono necessari non più di cinque anni per poter realizzare un’interfaccia “parziale ma significativa”, anche se ovviamente vi sarà ancora molta strada da fare prima di poter collegare un’intelligenza artificiale direttamente con il cervello di un individuo. I neuroscienziati ancora avvertono di come si abbia una limitata comprensione del modo in cui i neuroni comunicano tra di loro e i metodi di cui si dispone per raccogliere informazioni a riguardo sono ancora piuttosto rudimentali.

Stando alle informazioni rese disponibili dal Wall Street Journal la società avrebbe già arruolato tre figure: Vanessa Tolosa, ingegnere del Lawrence Livermore National Laboratory con competenza nel campo degli elettrodi flessibili, Philip Sabes, professore per l’University of California di San Francisco che si occupa di studiare il modo in cui il cervello controlla i movimenti, e Timothy Gardner, professore della Boston University che ha condotto studi sul canto degli uccelli impiantando piccoli elettrodi nel cervello dei fringuelli. La società dovrebbe essere finanziata interamente dallo stesso Musk, ma si fa il nome della partecipazione anche di Founders Fund, il venture-capital fondato da Peter Thiel, che già è principale investitore in SpaceX.

Con l’annuncio di Neuralink diventa possibile leggere sotto altra luce alcune delle recenti e sibilline dichiarazioni che Musk ha avuto modo di esporre negli ultimi mesi sul tema del rapporto tra intelligenza artificiale e capacità umane. Lo scorso mese, in occasione del World Government Summit di Dubai, Musk aveva affermato:

“Col tempo credo che vedremo una fusione più stretta fra intelligenza biologica e intelligenza artificiale. E’ per lo più una questione di larghezza di banda, la velocità di connessione tra il tuo cervello e la versione digitale di te stesso. Le macchine comunicano alla velocità di mille miliardi di bit al secondo, mentre l’uomo, il cui mezzo di comunicazione adesso è digitare sulla tastiera di uno smartphone, va a circa 10 bit al secondo. La mente umana ha bisogno di una marcia in più, e dovrà allearsi con l’intelligenza artificiale”.

Una posizione sicuramente non disinteressata. E voi? Siete pronti a conoscere il kung-fu?

Autore: Le news di Hardware Upgrade

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