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Vola lo spread: Ecco di chi sono le responsabilità

Lo dice il Governo e lo dice proprio in un documento ufficiale (il DEF) appena pubblicato.

La foto che vedete riprende un paragrafo ospitato a pagina 76 del DEF, nel quale si sostiene che l’allargamento dello spread tra i titoli tedeschi e quelli italiani deriva “soprattutto dall’effetto del referendum costituzionale di inizio dicembre”, come a voler attribuire la responsabilità al 60% degli elettori che si sono espressi contro una riforma costituzionale che faceva acqua da tutte le parti.

Come se, negli anni precedenti (quelli di Renzi, tanto per intenderci), non fosse mai esistita la gestione allegra delle finanze pubbliche, al fine di accaparrarsi consensi elettorali (vedi 80 euro in busta paga) con trascurabili risultati sul fronte della spesa per i consumi (lo dice anche Bankitalia) e inserendo le clausole di salvaguardia, che prevedono l’aumento automatico dell’Iva nel caso in cui non vengano rispettati i saldi di finanza pubblica.

 

Come se non fosse mai esistita l’incapacità del governo di varare misure di politica economica idonee a cavalcare con maggior incisività un ciclo economico connotato da una congiunzione astrale irripetibile e straordinaria data dal basso prezzo del petrolio, bassi tassi di interesse, euro svalutato grazie alla BCE ultra espansiva. Ricordo che negli ultimi 25 anni, quello presieduto da Renzi è stato l’unico governo che ha avuto, a suo favore, le condizioni straordinarie appena enunciate, peraltro in un ambiente caratterizzato da una crescita globale sincronizzata. Invece si sono buttati nel cesso anni importantissimi nei quali si sarebbe dovuto irrobustire il tessuto economico dell’Italia, le finanze pubbliche, sfruttando al meglio la finestra di opportunità data dalle condizioni straordinarie, in modo da porre l’Italia in una condizione di maggiore solidità e prepararla ad una eventuale (certo), futuro rallentamento economico.

 

Come se non fosse mai esistita l’incapacità del governo nella gestione della crisi bancaria.

Gli ultimi governi (compreso quello di Renzi) e con essi i regolatori, hanno ignorato le leggi della fisica e dell’economia. Se a un sistema già fragile, peraltro in un contesto di debolezza di altre economie,   si imprime una feroce stretta fiscale, il minimo che ci si possa aspettare è che questa produca degli effetti collaterali, peraltro ampiamente visibili nella distruzione economica prodotta.

E gli effetti collaterali li stiamo toccando con mano anche attraverso la fragilità di molte banche. Già da quell’epoca, sapendo che la distruzione dei redditi avrebbe prodotto l’esplosione delle sofferenze bancarie, il governo avrebbe dovuto agire per creare una barriera protettiva favore delle banche, come è stato fatto in altri paesi della zona euro, in un contesto normativo più favorevole rispetto a quello attuale (le regole sul bail-in, a quell’epoca, non esistevano). 

Invece, si è preferito nascondere la polvere sotto al tappeto, salvo poi accorgersi che il sistema bancario non è così solido come si voleva far credere. Ma la responsabilità più rilevante sta nel fatto che, nel frattempo, pur conoscendo l’evoluzione affatto rassicurante delle sofferenze bancarie (che avrebbe portato all’erosione del capitale della banche) si sono recepite le norme sui salvataggi bancari a carico dei risparmiatori  e, fatto ancora più grave, si sono versati circa 60 miliardi di euro (garanzie incluse)  nei vari fondi di salvataggio, che sono serviti per salvare le banche di altri paesi (Francia e Germania), esposte nei confronti delle banche greche e spagnole. Insomma, una catena interminabile di responsabilità che rappresentano il trionfo dell’improvvisazione (nel migliore dei casi), oppure quello della malafede (nel peggiore dei casi).

Sono questi gli elementi che incidono sullo spread e non la più alta espressione di democrazia di una nazione, come appunto è il referendum.

Per l’italia, il governo Renzi, date le eccellenti condizioni esterne e gli scarsi risultati ottenuti, è stato solo un mezzo disastro.

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Autore: Paolo Cardenà Finanza.com Blog Network Posts

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