Ma il governo, mentre ancora non emana i decreti sull’ape volontaria, di cui comunque non sembra esistere una pressione da parte dei dipendenti, prova a mettere in campo ulteriori alchimie previdenziali attraverso un nuovo utilizzo della pensione complementare. Come se gli iscritti ad essa fossero una maggioranza e non solo il 25% della forza lavoro ( quindi il 75% ne è escluso). Può darsi che questa sia una raffinata manovra per aumentare le adesioni più che l’iscrizione obbligatoria di cui molti chiedono a gran voce.
Non contento di aver varato la Rita, scompigliando i conti dei fondi pensione ed entrando così in contraddizione con se stesso quando chiede di investire nell’economia del Paese, l’Esecutivo ha in mente un’altra idea geniale.
Secondo indiscrezioni c’è allo studio una fnuova tipologia di pensione anticipata che riguarda gli iscritti ai fondi pensione complementare. Essa è destinata a quegli aderenti che per motivi vari, si trovino senza un lavoro a cinque anni dalla pensione. Lo spunto sarebbe contenuto nel disegno di legge sulla Concorrenza che pochi giorni fa ha avuto l’ok dalla Camera prima di passare al Senato per l’approvazione definitiva in IV^ lettura! Si tratta, in particolare, di un provvedimento che punta a concedere la pensione complementare anticipata ai disoccupati con poche probabilità di rioccupazione.
Per la pensione anticipata con i fondi di pensione complementari, secondo il provvedimento in discussione al Senato, occorrerà un periodo di disoccupazione che dovrà essere superiore ai due anni e l’uscita per la pensione non dovrà essere più in là di cinque anni. Si tratta, pertanto, di un periodo circostanziato all’interno del quale, i richiedenti con i requisiti necessari, possono accedere ad una forma di uscita anticipata come rendita temporanea. In sostanza la differenza rispetto all’Ape sociale e alla Rita starebbe nell’età anagrafica richiesta. Nelle prime due ipotesi parte da 63 anni, nella ipotesi attuale si parte dal limite di età vigente tornando indietro fino a 5 anni, cioè a 61 anni e 7 mesi. E’ ovvio sottolineare che durante questo periodo si dovrebbe vivere solo con la quota di rendita pensionistica calcolata sul montante accumulato alla data della richiesta, perché la pensione Inps scatterebbe al compimento dell’età ordinariamente richiesta, che se non viene bloccata, nel prossimo futuro sarà di 67 anni.
Le rendite non sono esaltanti, mediamente meno dell’importo dell’assegno sociale, da sole non sarebbero sufficienti a vivere. Infatti non è mai male ricordare che lo scopo della previdenza complementare è integrare quella pubblica, non sostituirsi ad essa.
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Autore: clinguella@finanza Finanza.com Blog Network Posts
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