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DVB-T2, cos’è e cosa cambia in fatto di digitale terrestre

Figli del tubo catodico!…“, era ed è tutt’oggi uno dei tormentoni di un famoso conduttore televisivo italiano. E, in effetti, è vero perché nonostante la rete sia ormai parte integrante delle nostre vite e i confini tra TV e Internet siano ormai molto sfumati, la televisione del nuovo secolo e dei decenni a venire sarà uno strumento sempre più nuovo.

Di TV si è tornato a parlare nel testo della Finanziaria 2018: nell’articolo 89 (“Uso efficiente dello spettro e transizione alla tecnologia 5G“) si fa riferimento a un’importante modifica che avrà luogo a partire dal 30 giugno 2022.
Entro tale data, infatti, i network televisivi dovranno abbandonare completamente l’utilizzo delle frequenze sulla banda dei 700 MHz in modo che siano rese disponibile per la connettività 5G.

Si tratta di frequenze trasmissive particolarmente che risulteranno particolarmente interessanti per gli operatori di telefonia mobile e per le società che offriranno servizi di connettività a banda ultralarga di tipo fixed wireless. Esse permetteranno infatti di ampliare le possibilità di carrier aggregation e di superare meglio gli ostacoli consentendo di arrivare a fornire fino a 20 Gbps in downstream (L’ITU definisce la tecnologia 5G: i requisiti tecnici per i dispositivi compatibili.

Necessità di cambiare TV o acquistare un decoder DVB-T2 HEVC entro metà 2022

La “liberazione” dei 700 MHz da parte dei network televisivi imporrà, lato utente finale, la necessità di acquistare una smart TV o un decoder compatibili DVB-T2 HEVC se si vorranno continuare a vedere i programmi televisivi.
DVB-T2 è un acronimo con cui ci si riferisce al sistema televisivo digitale terrestre di seconda generazione. L’obiettivo è da un lato quello di migliorare la ricezione con apparati fissi e portatili, dall’altro quello di far crescere il bitrate rispetto all’attuale DVB-T.
DVB-T2 usa codici a correzione d’errore simili a quelli impiegati con lo standard satellitare DVB-S2, permette di ricorrere a sistemi MIMO, prevede metodiche per la riduzione della potenza di picco irradiata all’antenna trasmittente, più di 8.000 portanti; consente di usare diverse versioni di codifica e modulazioni, di aumentare le distanze tra antenne e ricevitori, di incapsulare pacchetti IP nello stream e altro ancora.
Dopo lo storico passaggio dall’analogico al digitale terrestre, quindi, si profila all’orizzonte (in tempi peraltro piuttosto brevi), un nuovo switch-off che, grazie al passaggio al codec HEVC (H.265) permetterebbe di ospitare fino a 11 canali HD (720p) o fino a 5 Full HD (1080p) di una o più emittenti sullo stesso multiplex (MUX), più dei 2 720p o dei 4 in qualità standard di oggi.

Nell’attuale versione del provvedimento si fa riferimento alla compatibilità DVB-T2 del dispositivo ricevente ma è altamente probabile che nei chiarimenti tecnici si faccia successivamente riferimento al già citato standard di compressione HEVC, erede dell’H.264/MPEG-4 AVC.

Per la versione 1 di HEVC si possono però usare due profili: il primo, a 8 bit (supportato nei TV più economici); l’altro, a 10 bit (detto Main 10). Bisognerà verificare quale dei due profili sarà abbracciato dai network televisivi: nel secondo caso, infatti, gli utenti con un TV o decoder capace di ricevere il segnale video DVB-T2 HEVC 8 bit potrebbero avere problemi.
Lato consumatori, comunque, da qui al 2022 c’è ancora tempo e i nuovi TV non soltanto supporteranno entrambi i profili ma anche quelli della versione 2 di HEVC. Chi acquistasse oggi un nuovo TV, basterà che verifichi il supporto DVB-T2 HEVC a 10 bit.
A partire dal 1° gennaio 2017 è comunque possibile vendere solo televisori con DVB-T2 HEVC.

Autore: IlSoftware.it

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