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Fastweb nelle zone a fallimento di mercato con Open Fiber

Author: Dario D’Elia Tom’s Hardware

Fastweb si appresta a fornire i servizi fibra ultra-broadband nelle zone a fallimento di mercato grazie a Open Fiber. È stato lo stesso AD Alberto Calcagno a confermarlo ieri sulle pagine de Il Sole 24 Ore.

“Nelle aree bianche, saremo clienti. Continueremo invece a competere con la nostra rete e i nostri servizi nelle principali città, nelle aree nere dove peraltro stiamo facendo rollout in partnership con Tim all’interno della joint venture Flash Fiber”, ha dichiarato Calcagno.

alberto calcagno
Alberto Calcagno

Ciò vuol dire che una volta terminati i lavori di Open Fiber nelle zone designate dai bandi Infratel, Fastweb sarà uno degli operatori a fornire i servizi ultra-broadband a 100 Mbps. Niente a che vedere quindi con il progetto privato di Open Fiber, che prevede la copertura di 273 città in FTTH (1 Gbps) entro il 2023.  

Calcagno sostiene che la tecnologia fiber-to-the-cabinet sia adeguata alla domanda in questo momento, ma quando in futuro le esigenze prestazionali saranno superiori sarà sufficiente cablare l’ultimo tratto dall’armadio all’appartamento.  

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“Distinguiamo fra aree nere, quelle delle principali città, e quelle bianche, a fallimento di mercato. Nelle prime continueremo a investire, come fatto finora e per cifre importanti, sull’infrastruttura come sui servizi”, ha aggiunto l’AD. “Se parliamo di un progetto più ampio, non possiamo però non considerare che si sta iniziando a ragionare sul 5G che è a metà strada fra mobile e fisso, vista la necessità di fibra. Penso che sarebbero necessarie sinergie operative”.

fastweb
eVDSL e vectoring

Calcagno è convinto che sarebbe meglio che “Open Fiber fosse confluita in Tim con Cdp come azionista a garanzia di investimenti, qualità e rollout del network”. Contrario invece alla possibilità di uno scorporo di Telecom poiché si “bloccherebbero progetti e sviluppo per almeno un paio di anni”.

Infine per quanto riguarda la fatturazione a 28 giorni, c’è stata la conferma del ritorno al passato a partire dal 2018. “La cosa importante però, ora, è che se si vuole tornare indietro sui 28 giorni, che lo si faccia per il fisso e le offerte ibride, come ci viene richiesto, ma anche per il mobile puro dove invece i 28 giorni sono consentiti. Altrimenti ci sarà una discriminazione sul mercato per operatori come noi”, ha puntualizzato l’AD.

Non meno importante il fatto che oggi esistono “costi occulti” legati a servizi ancillari a pagamento come segreteria, avviso di chiamata, etc. Valgono circa 2 miliardi di euro all’anno secondo Calcagno, quindi circa il 15% dei ricavi complessivi. “A questo punto sarebbe giusto che il legislatore intervenisse per chiedere maggiore trasparenza: l’offerta al cliente deve essere espressa comprendendo tutti i servizi. Esattamente come facciamo noi”.


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