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Web Tax nel 2019, ma non per le piccole attività online

Author: Dario D’Elia Tom’s Hardware

La Commissione Bilancio del Senato, la settimana scorsa, ha dato il via libera alla Web Tax anche se entrerà in vigore a partire da gennaio 2019. L’emendamento a firma di Massimo Mucchetti (PD) è stato oggetto di numerose revisioni nel tempo, soprattutto a causa di tensioni politiche più che divergenze sulle normative.

Ad oggi si parla di una imposta del 6% applicata sulle transazioni digitali (al netto dell’IVA), quindi si stima che il gettito dovrebbe essere di circa 114 milioni di euro all’anno. Verranno comunque escluse le imprese agricole e i soggetti che hanno aderito al regime forfettario e i cosiddetti “minimi”. Insomma, la Web tax intercetterà solo le grandi realtà strutturate.

La prima conseguenza diretta è che a partire dal 2019 il finanziamento del Fondo per le esigenze indifferibili passerà da 330 milioni a 444 milioni di euro. L’effetto negativo di questo ritardo di un anno è che potrebbero mancare le coperture per diversi bonus previsti nella manovra.

Secondo i tecnici i motivi di questa scelta temporale si devono al fatto che la Web Tax verrà applicata potenzialmente a ogni attività online, non solo business-to-consumer ma anche business-to-business. Prova ne sia che il Ministero dell’economia dovrà emanare un decreto correlato entro il 30 aprile 2018 con tutte le definizioni dei servizi a cui verrà applicata l’imposta. Dopodiché il direttore dell’Agenzia delle Entrate entro 60 giorni dovrà stabilire le modalità di comunicazione al Fisco delle transazioni che derivano da prestazioni di servizi con mezzi elettronici e anche gli adempimenti dichiarativi e di pagamento della web tax.

Insomma, il destino (fiscale) di molte attività sarà legato ai decreti attuativi del Governo.

Saranno comunque le banche – quindi gli intermediari – ad avere il ruolo di sostituti di imposta per le imprese non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

L’ultimo dettaglio riguarda la clausola di non-penalizzazione per le imprese italiane e quelle residenti in Italia. Il credito di imposta pari all’imposta digitale potrà essere usato “ai soli fini dei versamenti delle imposte sui redditi”, come spiega Il Sole 24 Ore. L’eccedenza potrà essere gestita per compensare Irpef, Ires, contributi previdenziali ed assistenziali.


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