Categories: Energia

Ambiente e salute minacciati dagli accordi di libero scambio

Author: redattore Rinnovabili

5 accordi di libero scambio che possono cambiare il volto dell’UE

(Rinnovabili.it) – Mentre la Commissione Europea dichiara che non stringerà accordi commerciali con partner che non abbiano sottoscritto l’accordo di Parigi, un nuovo rapporto delle ONG FoodWatch e Poweshift svela le contraddizioni di Bruxelles. L’indagine si concentra su 5 accordi di libero scambio in fase più o meno avanzata di negoziazione, che l’UE sta trattando con Giappone, Vietnam, Indonesia, Messico e Mercosur (il blocco commerciale composto da Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay).

Come per i controversi TTIP e CETA, secondo le organizzazioni anche i nuovi trattati avrebbero un impatto negativo sui diritti dei consumatori, sull’ambiente e sui principi democratici: ad esempio, contengono clausole di risoluzione delle controversie investitore-Stato e un indebolimento del principio di precauzione. Infatti, il contesto normativo di riferimento è quello dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), che non rispecchia il principio di cautela in vigore nel vecchio continente. Inoltre, in Giappone si usano più pesticidi che in UE, con l’Indonesia si tratta un aumento delle importazioni di olio di palma e con l’America latina il core business è la carne, che spesso viene da allevamenti enormi su terreni deforestati.

>> Leggi anche: OGM, pesticidi e clonazione. Arriva il CETA <<

Questi accordi di libero scambio prevedono anche l’istituzione di comitati tecnici con il potere di apportare cambiamenti di vasta portata ai testi già approvati, senza il controllo dei parlamenti nazionali. In sostanza, un accordo già chiuso potrebbe evolvere nel tempo, con l’introduzione di misure più morbide per il settore privato, senza che i governi o le assemblee legislative possano impedirlo.

I negoziati con il Vietnam, l’Indonesia e il Messico offrono alle imprese un potere superiore a quello degli stati attraverso l’introduzione di tribunali sovranazionali che consentono alle società di citare in giudizio i governi (ma non viceversa) per misure normative con cui non sono d’accordo.

Tutti gli accordi previsti vanno ben oltre le tradizionali questioni commerciali, come ad esempio l’espansione dell’accesso al mercato e l’abbassamento delle tariffe e dei dazi. Il bersaglio grosso sono le cosiddette barriere commerciali non tariffarie, espressione che sta ad indicare regolamenti e standard in materia di ambiente, salute e tutela dei consumatori. Anche questi sono considerati ostacoli al libero commercio, il che lascia intendere quale sia il reale scopo delle trattative.

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