Categories: Energia

Il vicolo cieco dell’olio di palma e dei consumi mondiali

Author: stefania Rinnovabili

L’olio di palma minaccia la biodiversità tropicale, ma le colture alternative non sono la soluzione

(Rinnovabili.it) – I nuovi divieti all’utilizzo dell‘olio di palma potrebbero non essere in grado di arrestare la deforestazione. Al contrario è probabile si limitino a spostare il problema da una zona all’altra del pianeta. A sostenerlo è l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), organizzazione non governativa internazionale con sede in Svizzera. Nel suo rapporto Palm Oil and Biodiversity, presentato oggi Parigi, l’ONG sottolinea l’effetto dannoso che le coltivazioni intensive di olio di palma stanno avendo sulla natura. La palma fornisce un terzo dell’olio vegetale mondiale usando meno del 10% della terra destinata a livello globale alle colture oleaginose: l’olio è utilizzato in una vasta gamma di prodotti alimentari e consumato dalla metà della popolazione mondiale, con un quarto della produzione destinato alla produzione di cosmetici, prodotti per la pulizia e biocarburanti.

Queste piante sono coltivate soprattutto nei tropici – principalmente in Malesia e Indonesia– in zone ricche sotto il profilo della diversità biologica. Oggi l’industria associata minaccia la sopravvivenza di oltre 190 specie, tra cui oranghi, gibboni e tigri e con l’aumento dei consumi le aree di coltivazione potrebbero ulteriormente estendersi. Eppure, si legge nel documento, se ci si dovesse limitare a sostituire l’olio di palma con altre colture oleaginose, il danno potrebbe semplicemente spostarsi verso altri ecosistemi come le foreste tropicali e le savane dell’America del Sud. E dal momento che la maggior parte di colture alternative richiede fino a nove volte più terra, la minaccia potrebbe essere anche più profonda. “L’olio di palma sta decimando la ricca diversità biologica del Sud-est asiatico, consumando fasci di foresta tropicale”, ha detto in una nota Erik Meijaard, autore principale e presidente della task force Oil Palm della IUCN. “Ma se verrà sostituito da aree molto più grandi coltivate a colza, soia o girasole, soffriranno ecosistemi naturali e specie diverse”.

Ecco perché, per l’ONG, le soluzioni devono necessariamente concentrarsi su una migliore pianificazione delle piantagioni di palma per evitare la rimozione di foreste tropicali o torbiere e una migliore gestione delle zone boschive lasciate intatte dalle coltivazioni, note come set-asides. Va poi rivisto il sistema di certificazione dell’olio di palma sostenibile. “La certificazione non è affatto buona come dovrebbe essere. Ma siamo ancora convinti che sia l’unico modo oggettivo in cui possiamo giudicare se l’olio di palma aderisca a determinati principi. L’ente di certificazione deve essere potenziato e migliorato”.

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