Categories: Tecnologia

Unsane, tutto un film pensato per poter girare con un iPhone

Author: Gabriele Niola Wired

Ma perché mai un cineasta noto e con buona credibilità ad Hollywood come Steven Soderbergh gira un film come Unsane? Come mai nello stesso anno in cui ha realizzato La truffa dei Logan (per giunta in totale autonomia, senza studios, ma con star come Daniel Craig, Channing Tatum e Adam Driver e buoni valori produttivi), gira anche qualcosa di molto più piccolo e a basso budget che però non è più audace, più particolare o più soddisfacente, anzi sembra un prodotto di quelli su commissione e senz’anima? La risposta che fornisce lo stesso regista è che si tratta di un film sperimentale girato con l’iPhone, tuttavia è evidente che quando il tuo film è più promosso per il fatto di essere stato girato con una certa tecnologia che per la sua trama, i suoi pregi o semplicemente la sua bontà, è comunque un brutto presagio.

Unsane è un thriller di una volta e non proprio raccontato benissimo, introduce un personaggio solo in una città nuova, una donna che ha cambiato lavoro e (si capisce) anche vita, per poi buttarlo in un incubo kafkiano in cui la società sembra avere diritto (per diversi gangli legali) ad internare i cittadini.

Recatasi in un ospedale per un controllo, la protagonista firma un documento senza leggerlo accuratamente e diventa una paziente senza diritto di uscita, esplode di rabbia quando capisce di non essere libera e la sua permanenza non fa che aumentare in giornate. Ma non solo, il film da metà in poi inizierà a giustificare il proseguio della permanenza introducendo anche una storyline diversa, con un nuovo personaggio che forse esiste, forse no, forse ha orchestrato tutto o forse è innocente.

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Unsane è un brutto film realizzato da qualcuno che li sa fare e sa limitare i danni eppure c’è qualcosa di più dietro. Soderbergh ha fotografato, diretto e anche montato Unsane, lungometraggio breve (98 minuti) che del resto è stato girato e finito in fretta, è costato poco e andrà in pari con poco, l’importante era farlo, del resto per lui, nei grandi film come nei piccoli, l’importante è sempre il processo, l’atto di fare un film e come lo si fa.

L’impressione è che questo pasticcio sia tenuto assieme mentre il film si fa, giustificato dal suo aspetto di thriller e dai suoi misteri, dalle corse e dalle scoperte a sorpresa più che da una sceneggiatura di ferro. Soprattutto è baciato da Claire Foy, la protagonista che conosciamo come immobile regina Elisabetta in The Crown, bravissima in quella serie a dire molto con un’economia di gesti ed espressioni encomiabile, e qui invece a tratti matta, a tratti violenta e molto dinamica.

Ma più si entra in Unsane più è chiaro quanto il film sia la sua lavorazione, quanto il senso vero e ultimo di questo gigantesco pretesto non sia fare un gran film, ma girare qualcosa in modo diverso, lavorare diversamente e vedere cosa ne esce. Del resto per Soderbergh il processo del fare film è sempre la cosa più interessante di ogni lavoro. I banditi di Ocean’s Eleven in realtà sono attori che recitano, una banda che deve andare daccordo, fatta del meglio del meglio e unita da un capo (lui). Lì l’idea era creare sul set un certo tono buontempone tra grandi star, creare una famiglia e metterla a recitare perché facesse di un film una scampagnata all’insegna della coolness estrema e vedere come si riflette sul risultato finale. Molto bene visti gli esiti.

Ma anche in altri film come The Girlfriend Experience, in cui una pornostar vera (Sasha Grey) interpreta una escort, o ancora Knock-Out, in cui la vera campionessa di MMA Gina Carano interpreta un ruolo d’azione in cui mena come e più degli uomini, l’idea era sempre di lavorare una volta tanto non con attrici ma con fisici che potenti (in un senso o nell’altro) lo sono davvero e usarli per quel che meglio sanno fare (sedurre o menare). Prendere qualcuno che quella cosa la fa senza fingere e cercare un ibrido tra la finzione del recitare e la realtà delle capacità dei loro corpi. Insomma cambiare il processo del fare film sostituendo agli attori qualcuno con un corpo dotato di abilità e movimenti veri.

In Unsane aver girato con un iPhone non vuol dire solo avere lenti diverse, fotografia diversa ma anche farsi forza di una troupe più leggera, di un set-up più veloce, tempi ristretti che aprono all’improvvisazione e le decisioni dell’ultimo momento più del solito flusso produttivo, girare in meno tempo e con più flessibilità insomma. In parole povere, poter fare più cose sul set, muoversi con più autonomia e con dinamiche inedite. Esempio: le lenti usate non sono le solite da videocamera e danno un’immagine un po’ deformata (almeno lo fa quella più “da lontano”), che è una buona cosa se il film che ci giri parla di qualcuno che forse potrebbe avere dei problemi mentali. Non è l’attrezzatura che viene scelta per far bene un certo film, ma la trama e l’ambientazione che sono scelte per usare per bene una certa attrezzatura. Peccato solo che in tutto questo ci sarebbe anche un pubblico da soddisfare.

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