Author: Giuditta Mosca Wired
Il viadotto Polcevera, noto anche con il nome di ponte Morandi in onore dell’ingegnere Riccardo Morandi che lo ha progettato, è crollato verso le 12:00 di martedì 14 agosto, causando perdite di vite umane, feriti e ingenti danni.
Un’imponente struttura, lunga 1.182 metri e appoggiata su 3 piloni di cemento armato alti 90 metri, una campata di 210 metri e 2 corsie larghe in totale 18 metri. Chiamato anche “ponte di Brooklyn” attraversa il torrente Polcevera che dà il nome all’omonima valle, all’altezza dell’intersezione tra i quartieri Sampierdarena e Cornigliano. Inaugurato nel 1967 si è portato appresso 51 anni di critiche e preoccupazioni che sono state oggetto di manutenzioni e migliorie costanti.
Anche al momento del crollo erano in corso lavori di rafforzamento della soletta, compreso il rifacimento di tutte le strutture in calcestruzzo e il potenziamento degli stralli. Lavori che sarebbero dovuti durare un anno circa e per i quali sono stati stanziati 20,1 milioni di euro. Interventi massicci e non semplice manutenzione.
A ritroso nel tempo la polemica più recente risale al 2016, quando il senatore di Scelta civica Maurizio Rossi si rivolse all’allora ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, con un’interrogazione parlamentare in cui si legge, tra le altre cose, che: “recentemente il ponte è stato oggetto di un preoccupante cedimento dei giunti che hanno reso necessaria un’opera straordinaria di manutenzione senza la quale è concreto il rischio di una sua chiusura.
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Se non si predispone immediatamente una nuova strategia stradale di ampio respiro […] la possibile futura chiusura totale o parziale del ponte Morandi, determinerebbe inevitabilmente il collasso dell’intero sistema viario genovese”.
Qualche mese dopo, siamo a luglio 2016, il docente di strutture in cemento armato alla facoltà di Ingegneria di Genova Antonio Brencich, ha ricordato che ancora nei primissimi anni Ottanta, quindi poco più di una dozzina di anni dopo la sua inaugurazione, il ponte soffriva di spostamenti delle strutture dell’impalcato diversi da quelli che ci si attendeva. Per guadagnare condizioni di semi-orizzontalità accettabili si sono resi necessari diversi interventi correttivi. Brencich, nel tirare le proprie conclusionim ha dissacrato quella che per molti erano un’opera di alta ingegneria: “Il ponte Morandi è un esempio di fallimento dell’ingegneria, altroché capolavoro. Va sostituito o ricostruito, così non si può andare avanti, anche perché i costi della manutenzione sono elevatissimi”, citava in un’intervista rilasciata al portale Primocanale, oltre quella già citata per Ingegneri.info.
L’ingegner Brencich ha così ripreso e rielaborato un’idea già nata nel 2009 quando nello studio La Gronda di Genova si è ipotizzato di demolire il ponte in un contesto di sicurezza che avrebbe salvato le costruzioni limitrofe e sottostanti.
Ciò che resta è la promessa, formulata durante le ore immediatamente successive al disastro da Autostrade per l’Italia Spa, di svolgere indagini approfondite.
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