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Le leggende metropolitane sulla marijuana

Author: Stefano Dalla Casa Wired

Foto: Getty Image

Al meeting del Forum economico internazionale che si è appena concluso a Davos, ci sarebbe stato grande interesse da parte della finanza per il mercato della marijuana. Nel mondo molti paesi hanno cambiato la regolamentazione della droga, sia depenalizzando l’uso sia attraverso una vera e propria legalizzazione della sostanza stupefacente. Sebbene la situazione sia ancora molto frammentata, i tempi sembrano maturi per interessare gli investitori.

Nonostante questo ottimismo, la marijuana rimane una sostanza la cui regolamentazione è molto controversa, e anche la scienza ne ha fatto le spese. Se, magari in un’ottica anti-proibizionista, talvolta sono state esagerate le sue proprietà benefiche o sottovalutati i rischi, c’è ancora chi, come i giornalisti Alex Berenson e Malcolm Gladwell, cerca di piegare i dati scientifici disponibili per demonizzare e condannare senza appello la sostanza. Nel frattempo in quasi tutto il mondo alcol e sigarette sono in libera vendita.

Ma oltre alle bufale scientifiche, il conflitto sulla marijuana ha generato anche teorie del complotto e leggende metropolitane

Il complotto contro la canapa
Come ha fatto la marijuana a diventare illegale negli Stati Uniti? Secondo una teoria del complotto, piuttosto datata ma ancora molto popolare, sarebbe colpa di una cospirazione ordita da un gruppo di capitani d’industria. Il loro obiettivo sarebbe stato quello di affossare la canapa tessile, una coltivazione il cui sfruttamento avrebbe potuto insidiare i loro monopoli e investimenti.

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Le piante del genere Cannabis sono infatti molto variabili, e nemmeno oggi è molto chiara la loro divisione in specie. Generalmente la Canapa indica, che ha un più alto contenuto di Thc ed è coltivata coltivata principalmente per scopi ricreativi, è considerata come varietà o sottospecie di quella industriale Cannabis sativa, che comunque può contenere più o meno Thc.

Dietro al complotto si ricordano in particolare William Randoph Hearst, papà dello yellow journalism e protagonista non dichiarato di Quarto Potere (1941), e i magnati della Dupont. Hearst, assieme ad altri cospiratori, aveva interessi nelle industrie del legname, che secondo la teoria la canapa poteva sostituire perché fonte più economica di cellulosa per la carta. I Dupont invece proteggevano il business del nylon. Nel 1937 è stato effettivamente varato il Marijuana taxation act, che imponeva una tassazione insostenibile sulla canapa e Hearst, col suo impero giornalistico, aveva fatto di tutto per demonizzare l’uso della marijuana come droga sui suoi giornali.

La teoria è seducente, ed è stata ampiamente popolarizzata dal libro antiproibizionista The Emperor has no clothes (1985), ma non regge per molte ragioni. Per cominciare, già da trent’anni si cercava di limitare la marijuana negli Usa. È poi vero che la fibra della canapa ha molti usi, ma da qui a credere che fosse in competizione addirittura col nylon ce ne passa. Più sensata è l’idea della competizione col legname per l’industria cartaria, ma le coltivazioni erano molto ridotte, decisamente troppo per la fame di carta degli Usa, e dello stesso Hearst, che avrebbe avuto tutto da guadagnare da carta più economica, nonostante gli investimenti nel settore. Perché allora i suoi giornali guidarono la campagna contro la cannabis? In realtà molti altri giornali lo facevano, e secondo gli storici la paura della marijuana era legata soprattutto dal razzismo antimessicano visto che la pianta era coltivata dagli immigrati dal Messico. In un modo o nell’altro la droga era già odiata per ragioni politiche e diversi magnati misero il loro peso dietro alla battaglia, non per paura di una rivoluzione industriale nel segno della canapa.

La mitica marijuana albina
Le leggenda degli alligatori albini nelle fogne di New York è sinonimo di leggenda metropolitana, ma nel folklore legato alla marijuana esiste un’altra storia molto simile, e alla quale è ovviamente legata. Nel 1973 Richard Mercer Dorson, che si è occupato del folklore della controcoltura, ha raccontato nel suo libro America in Legend: Folklore from the Colonial Period to the Present della credenza secondo cui nelle fogne di New York cresce un tipo particolare di marijuana. Si tratta di piante cresciute dai semi gettati nei gabinetti dai coltivatori durante i raid della polizia. Le piantine sono germinate e cresciute grazie alle sostanze nutrienti nei liquidi di scolo, e data l’assenza di luce sono completamente bianche o molto chiare. Va da sé, questa marijuana, battezzata con nomi come New York White, sarebbe particolarmente potente. Peccato solo che la raccolta che sia ostacolata dai famosi alligatori…

La leggenda è nata probabilmente da un articolo in una newsletter antiproibizionista del 1965, ma è circolata anche tra i detrattori della marijuana. Un fondo di verità c’è: possono svilupparsi, per ragioni genetiche o ambientali, piantine di marijuana non pigmentate, ma non riescono a raggiungere la maturità e sono quindi inutili per lo scopo ricreativo.

L’origine di Codice 420
Il numero 420 è molto noto ai fumatori di marijuana. Il 20 aprile (4/20 negli Usa) è tradizionalmente la festa della marijuana, ma 420 è anche diventato un codice per indicarne il consumo. Per esempio con 420 friendly si definisce un luogo o un evento dove è possibile fumare liberamente. Ma da dove ha origine questo codice? Sono state avanzate moltissime teorie fantasiose, dalla data di morte di Bob Marley (in realtà 11 maggio) a un codice usato in polizia per indicare qualcuno che fuma. Qualcuno crede che sia il numero dei composti chimici contenuti nella pianta (sono meno e variano a seconda della varietà), che c’entri in qualche modo il compleanno di Hitler, o che sia l’ora del tè in Olanda.

Nessuna di queste teorie è vera, ma la realtà ha effettivamente a che fare con l’orario. Nel 1971 un gruppo di ragazzini che si chiamano tra loro The Waldos trovarono una specie di mappa del tesoro che li avrebbe condotti a un leggendario campo di marijuana fuori San Francisco. Cominciarono a darsi appuntamento per andare a cercarlo alle 4:20 davanti alla statua di Louis Pasteur del loro liceo, il San Rafael High School. Le spedizioni dell’operazione 420 Pasteur, come la chiamarono, cominciavano naturalmente con una fumata. Alla fine il campo non fu trovato, ma il 420 è rimasto e si è diffuso tra i consumatori.

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