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The Division 2 Provato, la divisione si sposa a Washington DC

Al netto di qualche problema legato alla stabilità dei server, per altro in maniera piuttosto lieve visto il contesto, non sembra esserci davvero nulla di sbagliato in The Division 2. Il seguito di uno dei giochi più discussi, e anche più giocati, di questa generazione è stato protagonista, lo scorso weekend, di piacevoli sessioni in dote alla beta privata concessa a giornalisti e acquirenti da preorder, per una prova capace di dare importanti conferme circa la bontà della produzione. Il contesto, appunto: a tre anni dal capitolo originale, la comunità creatasi attorno al marchio è in attesa dell’ovvio seguito, in uscita il prossimo 15 marzo. In un panorama, quello degli MMO, che comincia ad essere piuttosto affollato, Ubisoft sembrerebbe riuscita, nonostante la concorrenza, a gettare nuove basi per allargare il suo bacino. Da New York a Washington DC, in fondo, il compito de La Divisione è sempre lo stesso. Uccidere i cattivi e tenere d’occhio, aiutandoli, i buoni.

Gimme Some Truth

Al concetto di resistenza, The Division 2 affianca, sul piano narrativo, quello di resilienza. Resistere all’urto, insomma, per poi ricominciare. Washington, in tal senso, rappresenta l’attaccamento dell’umanità all’ordine e alle istituzioni, ma anche alla “semplice” sopravvivenza. I nemici sono le Iene, gruppi organizzati e militarizzati. Il nemico è, resta, il Virus e le sue conseguenze. La differenza, in tal senso, è proprio nella speranza che alberga tra le strade diroccate eppure ordinate di Washington, dove la fotografia, più calda e intensa di quella newyorkese, dipinge, all’orizzonte, un nuovo futuro. Un futuro migliore. Cercando di ridurre all’osso il rischio spoiler, per quanto piuttosto limitato sul fronte narrativo al filmato introduttivo e alle missioni principali disponibili, l’incipit è interessante: gioca sulle fonti rinnovabili da una parte, sulla rivalsa dall’altra. Nel mezzo, un sacco di altra roba, solo accennata e che meriterebbe, meriterà, di essere approfondita. Il gameplay, invece, gioca sul sicuro, proponendo un approccio realmente simile al predecessore. Gameplay limato, ma non limitante. La sensazione è che Ubisoft abbia voluto giocare sul sicuro, prima ancora che con la memoria degli agenti più scafati, alleggerendo i menu ma mantenendo una struttura del tutto simile, in termini di sviluppo e avanzamento del proprio avatar, che non potrebbe essere più simile. Limitato, piuttosto, è stato il ventaglio di situazioni sfruttabili nella beta: nel gioco completo, chiaramente, sarà tutt’altra cosa. Intanto, ritornano le abilità sottoforma di gadget. Abbiamo provato la granata e la torretta, superando senza difficoltà gli avamposti nemici e ritrovando, pure, il feeling già apprezzato nei controlli del primo capitolo. Migliorato, invece, il sistema di copertura. Come “spara muretto”, The Division 2 acquista personalità grazie ad una “fisica più fisica”, con il personaggio più “pesante”, ma anche più preciso nell’aggancio delle coperture. Sensazione amplificata, anche, da un level design in linea con il “solito” disegno, eppure foriero di maggiori possibilità tanto in copertura quanto in fase di attacco. Ed è qui, che entra in gioco, non ce ne vogliano i puristi, il “gunplay”.

Happiness is a warm gun

La verità è che in The DIvision 2 si spara bene. Si spara meglio. Quello che, nel 2016, sembrava un grilletto un po’ moscio, è diventato , tre anni più tardi, qualcosa di più. Senza disperdere il bagaglio da Rpg fatto di danni, statistiche ed elementi, gli sviluppatori hanno evidentemente rafforzato il legame tra controller e bocche da fuoco, restituendo sensazioni che, finalmente, si avvicinano ai migliori esponenti dei TPS. Inutile parlare di tempi di carica o di mira, comunque customizzabile in menu: la Beta ci ha regalato momenti adrenalinici, con fasi shooting esaltanti e, semplicemente, divertenti. A questo, aggiungiamo una gestione della Zona Nera più “clemente” nei confronti del fuoco amico, evidentemente accidentale, ed un disegno delle mappe più plasmabile, in linea generale, al gioco di squadra. In tal senso, la speranza è che l’End Game potrà “rinfrescare” l’esperienza complessiva. La Beta ne ha fornito un assaggio con la presenza, ad un certo punto, della Black Tusk, ovvero la fazione nemica e altamente tecnologica che entrerà in scena conclusa la campagna principale.

I’m looking trough you

Nel calderone della soddisfazione bolle, pure, il comparto tecnico. Qualche glitch sonoro legato alle esplosioni, non ci ha distratto dall’ascolto di un campionario di effetti davvero interessante: dalla frenesia degli avamposti al “silenzio” notturno delle zone popolate da nemici fin’anche al doppiaggio. Tutto ottimo, tutto capace di contribuire alla caratterizzazione del mondo e dei personaggi. Pur lontano da produzione più “classiche”, i personaggi incontrati in una manciata di missioni appaiono ben più interessanti dei protagonisti del primo episodio. D’altro canto, visivamente il gioco si pone su un livello diverso. Non si tratta solo di contare poligoni o pixel, quanto, piuttosto, di apprezzare la nuova gestione dell’illuminazione capace, all’interno del ciclo giorno – notte, di regalare scorci e situazioni davvero suggestive. D’altra parte, impossibile non notare il riciclo di elementi, tra interni ed esterni, presi di peso dalla precedente esperienza. Un vero peccato perché, anche a fronte di una Washington, Campidoglio a parte, nelle premesse meno iconica di New York, i nuovi avamposti e le migliorie grafiche visibili ad occhio nudo,  su console base e mid gen, avrebbero meritato una maggiore originalità.

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Manca poco più di un mese. Poi, saremo chiamati, per un po’, a trasferirci davvero nella Washington post apocalittica di The Division 2. Il primo assaggio, però, ci ha restituito sensazioni assolutamente positive: chi ha già maturato esperienza con la saga, si ritroverà casa, apprezzando il lavoro di limatura emerso dalla prova della Beta. I dubbi, se mai, riguardano il divertimento sul lungo termine. Se Ubisoft ha davvero imparato dai propri errori, valorizzando l’end game e raffinando la campagna principale, The Division 2 potrebbe davvero dire la sua in un particolare settore di mercato diviso tra colossi e sorprese. Qualche inciampo, registrato nel matchmaking, c’è stato. Qualche dubbio, legato agli aspetti gestionali degli avamposti e alla “vita” nella Zona Nera, resta. Eppure, il rafforzamento dei valori produttivi è evidente, lasciando ben sperare per il lancio. Manca poco più di un mese per scoprire come se la caverà questa ammaccata, ma mai doma, civiltà ferita.

Author: GamesVillage.it

admin

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