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Un’Avventura Recensione, un viaggio nostalgico tra le canzoni di Battisti e Mogol

Ultimamente nel mondo cinematografico stanno popolando i film musicali: ne sono degli esempi Bohemian Rhapsody e A Star Is Born, tra l’altro candidati agli Oscar per categorie diverse e ad Hollywood ne sono previsti altri in uscita. Tra questi ultimi figurano un’opera su David Bowie, Stardust e una su Elton John, Rocketman. Il nostro paese, invece, è piuttosto nuovo a questi generi e salvo l’eccezione dell’eccellente Ammore e malavita dei Manetti Bros. (che ha vinto moltissimi premi, tra i quali ben cinque David di Donatello), raramente vediamo prodotti del genere nelle sale italiane. Certo, è anche vero che l’altra sera la Rai ha mandato in onda uno sceneggiato su Mia Martini (e aveva fatto lo stesso un anno fa con una realizzazione su Fabrizio De Andrè), ma entrambi rimangono circoscritti alla televisione. Quando è stato annunciato Un’Avventura, musical di Marco Danieli (Come diventare popolari a scuola, La ragazza del mondo) che è accompagnato dalle leggendarie musiche di Lucio Battisti (sempre supportato nei testi dal grande Mogol), è stata tentata la stessa formula da noi. Le melodie del grande cantautore hanno trainato e supportato degnamente l’opera? Vediamolo insieme.

Una trascinante colonna sonora

La storia che fa da sfondo alla vicenda è piuttosto semplice: si ripercorrono 15 anni della vita di due innamorati, Francesca, interpretata da Laura Chiatti e Matteo, incarnato da Michele Riondino, alle prese con una turbolenta storia d’amore, tra alti e bassi, passione e delusioni. Quest’ultima è inframezzata da 10 canzoni appartenenti al repertorio di Lucio Battisti, che sono inserite in contesti sempre diversi e inusuali. Se in alcuni momenti, infatti, la traccia del momento si allontanerà dalla narrazione vera e propria, in altri sarà parte preponderante della trama, andandola a influenzare direttamente. Questo andrà a costruire un ritmo piuttosto dinamico e darà molta energia al girato, rendendolo più fluido e scorrevole. Parlando sempre del comparto sonoro, una nota di merito  va attribuita ai compositori Aldo De Scalzi e Pivio (Maradona – La mano de Dios, Il peggior Natale della mia vita) che hanno riarrangiato sapientemente la materia prima che avevano di fronte, modernizzandola, senza mai stravolgerla, e con il rispetto massimo per gli autori originari. Grazie a questo lavoro di adattamento, sono emerse delle commistioni interessanti tra generi che alcune volte travalicano il cantautorato e lo trasformano in pezzi rock, ballad più pop, senza disdegnare un po’ di suggestioni etniche e fusion. Ma tutta la solida struttura melodica non avrebbe avuto lo stesso fascino se non avesse incontrato le artistiche e suggestive coreografie di Luca Tommassini, grande professionista del settore, che ha saputo valorizzare estremamente l’aspetto musicale, ideando delle movenze sempre adatte al contesto filmico. Tra gli aspetti positivi del lungometraggio figura anche tutto il cast, in particolar modo i due attori protagonisti che non solo hanno recitato intensamente, ma hanno saputo confrontarsi degnamente anche con il ballo e il canto, sempre molto credibili e veri. Dopo la carrellata dei punti più convincenti dell’opera, andiamo ad esaminare gli elementi negativi, che purtroppo riguardano l’organicità della vicenda.

Le musiche al servizio della storia o viceversa?

Come titola il paragrafo qui sopra andremo a vedere il rapporto che intercorre tra la colonna sonora e la trama vera e propria, sicuramente uno degli aspetti maggiormente deboli della realizzazione. In alcuni punti del film, infatti, pare che le musiche siano state inserite forzatamente, come se avessero ricamato una sceneggiatura intorno alle tracce e non viceversa. È come se in fase di soggetto, siano partiti dalla discografia di Lucio e Mogol e abbiano, dopo aver costruito tutta la parte musicale, spinto, in maniera artefatta, il copione in quella direzione. In teoria dovrebbe essere il contrario: per realizzare uno script forte e vigoroso si dovrebbe partire da qui, per poi passare alla colonna sonora e poi legarle insieme. Tant’è vero che in più di un momento si prova un senso di straniamento che nasconde una connessione troppo fragile tra la parte narrativa e quella prettamente legata al suono. Nonostante questo la storia deve molto all’accompagnamento armonico, visto che, è il caso di dirlo, sarebbe stata solamente una comune e sofferta relazione sentimentale tra due individui. Ad enfatizzare tutto ciò, interviene anche un montaggio troppo serrato, che divide le scene in maniera troppo brusca e repentina, facendo spesso dei salti temporali davvero troppo esagerati. L’ambizione era quella di raccontare un arco narrativo piuttosto ampio (visto che come abbiamo già detto copre più di 10 anni), ma se bisogna ricorrere a tagli così secchi, era forse meglio cimentarsi con un’avventura decisamente più breve e concisa. Tutto sommato c’è da considerare che il progetto è decisamente fuori dagli schemi ed è opportuno anche premiare l’ardore e il coraggio di andare controcorrente. Considerando quindi che è una delle prime prove recenti in questo genere, in conclusione si può affermare che il risultato è più che sufficiente.

Un’avventura è un lungometraggio molto seducente e allettante all’apparenza che però nasconde, sotto una curatissima sezione coreografica e musicale, dei problemi più gravi che vanno a toccare l’essenza stessa della storia e del suo legame con la colonna sonora. L’idea, che trae ispirazione da pellicole come Across the Universe, è molto interessante, ma purtroppo si perde in aspetti troppo importanti per essere ignorati. I fan di Battisti (che probabilmente andranno oltre la narrazione vera e propria) lo adoreranno, mentre tutti gli altri, che vedranno tutto nel complesso, vedranno con più facilità le sviste. Il prodotto comunque dimostra come il nostro cinema stia evolvendo enormemente ed è un segnale molto positivo per la nostra industria.

Author: GamesVillage.it

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