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Carbonara Day, qual è l’origine del famoso piatto romano?

Author: Stefano Dalla Casa Wired

In occasione del giorno della carbonara, diamo una sguardo alle teorie sull’origine del piatto: quali sono leggende, e quali sono più credibili?

(foto: Getty Images)

Il 6 aprile, a quanto pare, si celebra il Carbonara Day. Niente di serio naturalmente, è una delle tante pseudoricorrenze nate per far girare l’economia, come ci insegna la storia della festa della mamma. La giornata, con relativo tam tam social spinto dagli influencer, è infatti promossa dalle associazioni di categoria ed è ora alla terza edizione.

A essere precisi, il 17 gennaio 2008 c’era già stato un Carbonara day, ma in quel caso era un’iniziativa dei cuochi italiani per celebrare il loro giorno internazionale della cucina italiana, che ogni anno a rotazione invitava a cucinare (o ordinare) un piatto del nostro patrimonio gastronomico.

La prima edizione è stata appunto dedicata alla carbonara. Occasione a parte, la ricetta è davvero un’istituzione, tanto amata quanto sono odiate in modo viscerale le sue varianti non autorizzate. Cipolla, aglio, panna negli ingredienti o, peggio, pasta non al dente sono un sacrilegio che scatena le ire dei difensori della cucina italiana sui social.

Eppure, come ricordava il Ceravolc poco tempo fa, la pasta che oggi definiamo scotta è stata la norma della cucina italiana fino al XIX secolo. È un esempio di quanto sia controintuitiva e complessa la storia dei cibi che sentiamo come tradizionali, e la carbonara non fa certo eccezione. Come per la pizza Margherita, il piatto romano vanta diverse leggende che cercano di spiegare sia l’origine che il significato del nome.

Tu vuò fa’ l’americano

Una delle teorie più conosciute sull’origine della carbonara è anche quella che colpisce al cuore i patrioti da forchetta. La carbonara, si dice, sarebbe nata sul finire della Seconda guerra mondiale, per un motivo molto semplice: i soldati americani a Roma avevano ampie scorte di uova e di bacon, e la cucina romana seppe farne l’uso migliore. Il bacon farà storcere il naso sia al partito del guanciale che a quello della pancetta, ma è pur sempre un salume di maiale. E le uova erano in polvere, ma meglio che niente.

Come ricordava il chimico Dario Bressanini a margine del Carbonara Day del 2008, una singolare testimonianza delle origini americane della carbonara arriverebbe da un famoso chef bolognese, Rolando Gualandi, che addirittura si intesta la paternità della ricetta. Secondo un’altra variante di questa storia, il nome invece deriverebbe dalla popolare trattoria romana La Carbonara, aperta nel 1912 da una famiglia di carbonai. Si può immaginare che i soldati abbiano consumato qui il contenuto delle loro razioni K rielaborato, e che il nome del ristorante sia stato ereditato dal nuovo piatto.

Piatto dei carbonai?

Sembra difficile da digerire che sia stato uno chef bolognese a inventare un piatto romano, ma non esistono nemmeno prove che sia davvero nato grazie alla presenza degli alleati in Italia. L’unica certezza è che prima del dopoguerra non esistono fonti che parlino di quel piatto, con quel nome. Ora, ricostruire la storia dei cibi è un’impresa tutt’altro che banale, che impegna diverse discipline. Per la carbonara la trattazione di riferimento è probabilmente On Spaghetti alla Carbonara and Related Dishes of Central and Southern Italy del linguista e storico Anthony F Buccini, parte degli atti del 2006 del simposio sul cibo e la cucina che si tiene ogni anno a Oxford.

Secondo Buccini l’assenza della carbonara nelle fonti anteguerra non dovrebbe automaticamente gettarci nelle braccia della leggenda americana. Da una parte i ricettari non erano una fotografia completamente esaustiva della cucina popolare, dall’altra non è detto che una ricetta mantenga sempre lo stesso nome.

Le teorie concorrenti, però, non sono molto soddisfacenti. Si dice, per esempio, che fosse un piatto diffuso tra i carbonai, che facevano carbone dalla legna nelle foreste del Centro Italia. Qualcuno poi chiama di nuovo in causa la trattoria omonima per l’introduzione del piatto dalle foreste all’Urbe. Altri pensano che il piatto fosse in qualche modo legato alla Carboneria, e non sarebbe nato a Roma ma nel Polesine, dove un gruppo di carbonari era solito riunirsi e rifocillarsi. Infine abbiamo l’ipotesi più stirata, secondo cui il nome deriverebbe esclusivamente dal pepe, che richiamerebbe i pezzi di carbone. Il tutto sa un po’ di invenzione della tradizione, come osservava Bressanini in un altro articolo. Ma allora come stanno le cose?

Nomi e ricette

Per provare a capire l’origine della carbonara, secondo Buccini è necessario considerare sia la ricetta che il nome, e considerarli a fianco di altre specialità fortemente legate al territorio. Secondo lo storico la pasta alla carbonara, all’amatriciana, alla carrettiera e alla gricia costituiscono una famiglia di piatti, ovvero variazioni su tema della stessa ricetta di base. Tutti infatti sono piatti di pasta molto sostanziosi, con quasi tutti gli ingredienti reperibili in dispensa durante tutto l’anno. Anche i nomi dei quattro piatti, secondo Buccini, sono semanticamente legati. Carbonai e carrettieri erano professioni umili del territorio, l’amatriciana richiama una precisa località geografica, Amatrice (certamente frequentata dai lavoratori dei boschi come i carbonai) mentre la gricia potrebbe derivare sia da Grisciano, tra Lazio e Marche, sia dai grici, come a Roma erano chiamati dei venditori di generi alimentari.

Sarebbe però un errore credere che questi nomi siano stati sempre gli stessi. La pasta alla gricia, per esempio, è stata indicata sia come semplice spaghetti al guanciale che come spaghetti alla marchigiana. Non è quindi possibile che lo stesso sia successo alla carbonara? Non ha importanza che le ricette non c’entrino nulla col mestiere di cui portano il nome, basta che ne fossero convinti coloro che le hanno battezzate o ribattezzate: gli attuali nomi avrebbero una funzione estetica e poetica, più che fattuale. Ma ci sono prove, o almeno indizi, che siamo sulla pista giusta? Buccini riporta che, con buona pace della tesi americana, i romani più anziani ricorderebbero che la carbonara esisteva prima della guerra, ma con altri nomi. Uno di questi era cacio e ova, e nel famoso manuale del XIX secolo Cucina teorico-pratica, del napoletano Ippolito Cavalcanti, con questo nome si descrive una ricetta molto simile alla carbonara: pasta condita con formaggio grattugiato, uova e grasso animale. Mancano il pepe e il salume, ma è davvero necessario invocare l’intervento alleato per questa evoluzione? Inoltre di carbonara parlano sia la prima biografia di Trilussa (era il suo piatto preferito) che Racconti romani di Moravia: entrambi sono stati scritti poco dopo la guerra, ma sembra poco credibile che un piatto di origini forestiere venga presentato come una classico della romanità.

Un’ultima teoria

La ricerca dell’origine della carbonara non è ancora finita, e il confine tra leggenda e teoria rimane piuttosto frastagliato.  Un altro storico, Jeremy Parzen, pur condividendo la maggior parte dell’analisi di Buccini, ha provato a rilanciare una nuova teoria sull’origine del nome. L’innovazione della carbonara rispetto a cacio e ova è, secondo Parzen, l’utilizzo di un qualche tipo di salume. Tipicamente guanciale o pancetta, ma in vecchie guide si parla addirittura di prosciutto. Si dà il caso che nel Rinascimento il termine carbonata indicasse un tipo di carne sia salata che affumicata, che era appunto messa sotto carboni. Possibile che il nome, quando sia nato, fosse un riferimento questo? Come ammette Parzen, la filologia è una scienza inesatta e raramente conclusiva.

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