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Ghost Recon Breakpoint: che fine ha fatto la tattica negli sparatutto tattici?

Una delle critiche ricorrenti al gioco che si può leggere nelle recensioni di Ghost Recon Breakpoint è la mancanza di personalità. Secondo molti, il nuovo titolo di Ubisoft include così tanti sistemi che non sono propri al gameplay della serie da produrre l’effetto di un distacco tra il giocatore e l’azione. Che c’entrano meccaniche da looter shooter o da gioco di ruolo con quello che dovrebbe essere l’erede di una saga di sparatutto tattici?

A noi piacerebbe porci invece un’altra questione, che ha lo stesso punto di partenza di quella appena espressa, se vogliamo, ma un punto d’arrivo differente: che fine hanno fatto certi generi nella fascia dei tripla A? Di fronte ai cambiamenti di alcune serie la retorica comune, attentamente foraggiata dall’industria (che in fondo deve vendere la sua roba), vuole che le novità vadano accettate a prescindere e se non lo si fa si è dei vecchi decrepiti e un po’ nostalgici legati a un passato che è migliore del presente solo nei ricordi. Insomma, chi non accetta il ‘nuovo’ è automaticamente un nostalgico colpevole di passatismo.

Chiaramente avversare ogni forma di cambiamento per partito preso è sbagliato, ma è impossibile non notare che un giocatore amante di generi quali gli sparatutto tattici alla SWAT, alla Rainbow Six o alla Ghost Recon (per rimanere sull’oggetto dell’articolo), negli ultimi anni ha davvero poco tra cui scegliere. In realtà praticamente nulla. Perché dovrebbe accettare senza fiatare la completa deriva action del genere, se a lui piaceva il gameplay più lento e ragionato degli originali? Inoltre, perché non può rimpiangerli senza essere visto come un mostro contrario alle magnifiche sorti e progressive del medium tutto?

C’è da aggiungere anche un altro punto: con l’avvento dei GaaS alcuni elementi sono diventati ricorrenti e imprescindibili in ogni gioco, tanto da creare un’inquietante uniformità nell’offerta. La crescita dei personaggi da gioco di ruolo, il bottino casuale con diversi livelli di rarità, la personalizzazione estrema, a volte fino al ridicolo, di ogni aspetto dell’avatar, sono tutti elementi immancabili nei giochi live service, perché funzionali alle microtransazioni, che creano una specie di conformismo retorico generalizzato, per cui tutti gli altri aspetti dei giochi diventano contorno. Ovviamente una formula così rigida finisce per ammazzare nella culla ogni tentativo di proporre esperienze più peculiari, perché impossibili da gestire in chiave GaaS.

Per carità, non stiamo affermando che attualmente non ci sia varietà nell’offerta videoludica. Anzi, la scena dei doppia A e quella indipendente compensano ampiamente le deficienze della scena tripla A. Soltanto volevamo dare voce a quelli che si lamentano perché vedono le loro serie fatte a pezzi e trasformate in qualcosa di completamente diverso, che finisce inevitabilmente per essere simile, se non uguale, a ciò che sul mercato c’è già.

Author: Multiplayer.it

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