Author: Alessandro Raveggi Wired
Si avvicina passi felpati la notte preferita dai bambini di tutto il mondo, benché tradizione popolare americana e canadese da rintracciare nelle radici celtiche: Halloween. Una festa chiamata da qualche anno anche in Italia a ravvivare e anticipare sul calendario le più mortuarie e grigie nostre tradizioni di Ognissanti del 1° di novembre e la cosiddetta Festa dei morti del 2. Oltre all’aspetto infantile del gioco del dolcetto o scherzetto, la notte del 31 ottobre è in assoluto la festa mascherata per eccellenza, che presenta in rassegna un carnevale di mostri e demoni vari: vampiri, licantropi, zombie, spesso anche in mise scollacciate e sexy, che infestano le nostre strade e i nostri zerbini…
Ad Halloween il mostruoso può venire anche reinterpretato nella sfera della sessualità, come nel caso del recente romanzo di Jeanette Winterson. La scrittrice britannica, di culto nella cultura queer anche italiana, ha da poco pubblicato Frankissstein, rilettura del mito del mostro di Victor Frankenstein con l’urgenza (scientifica, ma anche di genere) dei giorni nostri. Il romanzo si apre apparentemente con una rilettura tutta filologicamente corretta: facendo parlare proprio la celebre autrice del libro, Mary Shelley, mentre risiede sul lago Ginevra nel 1816 e dove comporrà il suo libro. La donna, nella scena iniziale, se ne esce fuori dalla stanza dove dorme, e decide di andare a camminare, nuda, sotto una pioggia battente. Svestita e inerme, riflette sul suo corpo: “Eccomi, nella mia pelle inadeguata…. Un povero esemplare di creatura, senza il naso di un cane, e senza la velocità di un cavallo, e senza ali come le poiane invisibili le cui grida sento sopra di me, come anime perdute… Io inadeguata rispetto a quel ghiro che scompare in una fenditura nella roccia. Sono un povero esemplare di creatura, tranne che posso pensare…”. Il libro avrà presto però un vorticoso cambio di scena, verso il futuro di quel corpo pensante: ai tempi di Brexit, dove troviamo non Mary, ma Ry Shelley, una giovane dottoressa transgender che si invaghisce, mente e corpo, del professore Victor Stein, noto sperimentatore di intelligenze artificiali. Ma il romanzo amoroso muta ancora e ci racconta di una nuova impresa, fondata da un socio dello stesso Stein, che produce bambole gonfiabili all’avanguardia… Il mostruoso di Frankenstein nel romanzo della Winterson è tutto un brulicare di liason erotiche e di genere, che lega con una vertigine originale l’amore queer al transumanesimo, con ironia, e giocando tra i ruoli come in grande e nuovo iper-letterario e ibrido Rocky Horror Picture Show.
Parlando di stanze dell’orrore che si moltiplicano nei propri significati, potremmo segnalare poi, anticipandone l’uscita, Casa di foglie di M. Danielewski, che uscirà il 7 novembre, grazie alla casa editrice 66thand2nd (in un formato finalmente fedele al volere dell’autore). Riassumere la trama del libro di Danielewski è arduo, ma ci troviamo di fronte a una storia che – più che fantasmi in una casa – sperimenta, attraverso una molteplicità di narrazioni, con il raccontare la casa stessa come spettro e incubo in sé. Accediamo al mistero di questa Casa, la casa stregata di Ash Tree Lane, che cambia dimensioni e si fa labirinto e spazio infinito sotto gli occhi di chi la abita, attraverso il mito di un film perduto, il Navidson Record, nel quale una famiglia – i Navidson, appunto – ha registrato gli strani fenomeni relativi alla loro proprietà: la casa è più grande al proprio interno che al proprio esterno cambia, si aprono porte, i muri si spostano, eccetera. Questo se vogliamo parlare del nocciolo del libro: ma sappiamo di questo film e di questo mistero dal manoscritto del vecchio Zampanò, che a sua volta viene ritrovato dal giovane tatuatore Truant. Un romanzo che modifica lui stesso la sua forma come un Necronomicon (ricordate il magnifico film L’armata delle tenebre?), attraverso note e sottonote, spartiti e cancellature, e che lo scrittore Jonathan Lethem ha definito un “romanzo diabolicamente brillante è impossibile da ignorare, metter giù o anche decidersi a finirlo”.
Esplorando da spazi spettrali fino a vere e proprie cittadine e contee, ci sarebbe invece da consigliare, sul fronte del fumetto la saga horror rurale di Gideon Falls, scritto da Jeff Lemire e disegnato dall’italiano Andrea Sorrentino – che usciranno con una serie speciale DC Comics dal titolo Joker: Killer Smile sul personaggio oggi tanto in voga – da gennaio pubblicata in Italia da ∫. Al centro del fumetto – che come il romanzo di Danielewski azzarda a volte nella struttura e gioca con il lettore per confonderlo, e la cui storia trae in parte ispirazione da Twin Peaks – si trova un fienile nero misterioso, che appare e scompare come presagio di qualcosa di orribile che prima o poi accadrà. Attorno a questo enigm, si muovono due personaggi speculari, da esso in qualche attratti ed evocati: Norton Sinclair, un giovane dai problemi psichiatrici e dalle spettrali allucinazioni e padre Fred, incaricato di diventare parroco della località maledetta di Gideon Falls. Il fumetto riesce a raccontare la complessità dell’incubo in modo molto efficace e allucinatorio tipicamente americano.
Arrivano dai territori horror a quelli del thriller-giallo metafisico, nel nostro si potrà trovare, sospeso tra la vita e la morte, un autore di culto in Italia come Antonio Moresco, recentemente arrivato in casa Sem, dove molte delle sue opere sono state riproposte. Canto di D’Arco è un’opera corposa, figlia di tutta quella meditazione moreschiana nata con Gli increati, che inizia così:“ Mi chiamo D’Arco e sono uno sbirro morto”. Uno sbirro morto che lavora per la polizia della Città dei Morti e nel mondo dei vivi. Il suo compito è assurdo: andare lì e sconfiggere il Male. Capiamo subito che il libro sposerà le strategie del noir per sconfiggere, cavalcherà il genere per domarlo verso la meditazione percussiva di Moresco, fatta di lunghe frasi e domande esistenziali rimesse in circolo più volte. Tra i molti personaggi e le scene d’azione, i mondi travalicati e gli amori sperati (come quello per la donna Quella), alla fine è il personaggio stesso di D’Arco a sopravvivere nella propria fragilità, nella mostruosa complessità del suo mondo post-mortem di presenza enigmatiche, come quelle dei bambini che cantano in coro (e già presenti nello straordinario romanzo breve La lucina), i serial killer sposi, e le schiere di seguaci dell’Uomo di Luce. “Io non voglio complici, vorrei solo arrivare a toccare i vostri cuori e le vostre menti e sentirvi vicini in questa battaglia senza speranza”, invoca D’Arco e con lui l’autore stesso.
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