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WALL STREET: il mercato continua la sua corsa. Senza mollare.

Qualcosa si sta muovendo sia sui derivati del COT Report ma anche sui mercati. Torna a salire l’inflazione? I tassi stanno nuovamente salendo? E quindi? (Guest Post)

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, sui mercati finanziari internazionali si è confermata la propensione al rischio da parte degli investitori. A Wall Street sono stati, infatti, registrati nuovi record storici per le quotazioni azionarie. L’S&P 500, ossia il benchmark mondiale del mercato dell’equity, quota oggi 3.120,46 punti, un livello inimmaginabile, solo qualche tempo fà. Quest’ultima impennata delle quotazioni, lungi dal suscitare qualche sana autocritica e riflessione, ha ridato, invece, fiato, a coloro che, da anni ormai, parlano, di bolla delle quotazioni azionarie. Evidentemente non sono stati sufficienti, e non sono bastati oltre 10 anni di rialzi, per far comprendere a costoro le ragioni di questo ormai storico bull market. Ragioni che a me sembrano, invece, del tutto evidenti. Basta considerare due semplici dati pubblicati, in quest’ultima ottava, dal Bureau of Labor Statistics Usa. Mi riferisco al CPI, ossia all’indice dei prezzi al consumo, ed al PPI, ossia all’indice dei prezzi della produzione industriale. Orbene, il primo, ossia il CPI, risulta in crescita dell’1,8 % negli ultimi 12 mesi. Un livello inflattivo certamente moderato e basso, non affatto paragonabile, con quanto si registrava qualche decennio orsono, che denuncia, indirettamente, uno stato della domanda globale sicuramente debole e non esaltante. Ma limitarsi a considerare soltanto questo aspetto, come credo facciano i ribassisti, induce a delle conclusioni palesemente errate. Il dato del CPI và infatti esaminato e confrontato, con l’altro dato, ossia con il PPI, che misura l’incremento dei costi della produzione industriale. Ebbene, l’ultima misurazione del PPI segna un incremento dell’1% su base annuale. Una lievitazione davvero esigua, ed alquanto anomala, in un’economia in piena occupazione. Sulla base di questi due dati macro, possiamo desumere che i bilanci della corporate America sono ancora in buona salute, e presenteranno, anche nei prossimi trimestri, utili in crescita. Il tasso d’incremento dei ricavi è infatti ancora ben superiore al tasso d’incremento dei costi. E se, come ricorda sempre il mio amico Danilo, gli utili crescono, continueranno a crescere anche le quotazioni azionarie. Aggiungo altresì che, in una situazione macro come quella attuale, le quotazioni azionarie tendono statisticamente a crescere dell’8,6 % all’anno. Pertanto fra 12 mesi è molto probabile che il nostro benchmark azionario mondiale, ossia l’S&P 500, raggiunga quota ( 3,120,46 X 1,086 ) 3388,91 punti.

Considerazioni, quelle sopra enunciate, d’ordine generale e prospettico, andiamo però ad esaminare cosa ci indica, al momento, lo scenario intermarket. In quest’ultima ottava, il dollar index ha registrato un lieve cedimento, – 0,36 %, scendendo a quota 98, ma rimane ancora un fattore d’indubbia stabilità, anche per gli altri mercati. Le commodities invece, stornano dell’1,4 % in termini reali, fugando i nostri timori circa una ripresa del fenomeno inflattivo. Anche dal mercato obbligazionario giungono segnali rassicuranti in tal senso. I rendimenti dei bond decennali americani, infatti, cedono 10 bps, e retrocedono a quota 1,84 %. I rendimenti dei bond a 2 anni, cedono pure essi 7 bps, e tornano a quota 1,61 %. La yield curve Usa riduce pertanto la sua inclinazione, oggi pari a 23 bps, ma l’ipotesi recessiva appare ancora alquanto lontana ed improbabile. Il mercato azionario, come detto, festeggia nuovi record storici. ll nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, guadagna infatti un ulteriore 0,89 %, e supera per la prima volta quota 3.100 punti.

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures edelle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 30.024

Large Traders : +30.254

Small Traders : – 230

Muta, dunque, la configurazione e l’assetto del mercato dei derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa ottava, le variazioni, nelle posizioni dei diversi operatori, sono state però esigue, pari a soli 1.152 contratti. In particolare, gli Small Traders cedono 347 contratti long, ed invertono la loro posizione, che torna Net Short. I Large Traders, cedono anch’essi 805 contratti long, ed attenuano la loro attuale posizione, Net Long. I Commercial Traders, infine, acquistano l’intero lotto dei 1.152 contratti long, e riducono un pò l’entità della loro naturale posizione di copertura, Net Short. Le movimentazioni di quest’ultima ottava, seppur esigue, appaiono comunque molto significative. Come avevamo, infatti auspicato, e previsto, gli Small Traders tornano, seppur di misura, in posizione Net Short. Una posizione coerente con quanto accade sul mercato primario, essendo questi ultimi, notoriamente, degli operatori contrarian. La nuova configurazione appare, pertanto, più in linea con quanto osserviamo, già da alcune settimane, sui mercati azionari. Essa è infatti una configurazione, storicamente, più rialzista della precedente. In pratica, sembra alquanto evidente che gli operatori credono ad un futuro economico prossimo, migliore di quello registrato negli ultimi 12 mesi. In particolare sembrano convinti che si arriverà nelle prossime settimane ad un accordo, seppur parziale, con la Cina, sul tema dei dazi, e ciò contribuirà a migliorare le prospettive dell’intera economia globale. Non possiamo, pertanto, che riconfermare la nostra moderata view rialzista, anche se un leggero pullback sarebbe del tutto lecito, e forse auspicabile, dopo ben 6 settimane di ininterrotti rialzi.

Moderata view rialzista, che cercherò di tradare con il mio originale trading system, fondato sull’ analisi del Cot Report, nonchè sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi dei due professori Usa, Jegadeesh e Titman, ed illustrato nel mio sito https://longtermmomentum.wordpress.com/. In questo difficile 2019, il mio portafoglio, denominato “ AZIONI ITALIA – LTM “, registra una perdita del 9,39 %. La perdita è ascrivibile alla nostra errata posizione short d’inizio d’anno, nonchè alla successiva estenuante fase di lateralizzazione del mercato. Nel frattempo, il nostro benchmark di riferimento, il Ftse All Share, ha conseguito un guadagno del 27,37 %. Conseguita pertanto, sino ad ora, una sotto-performance del 36,76 %. Un incidente di percorso, per un portafoglio che nei precedenti 6 anni ha conseguito una sovra-performance media annua del 16,2 %, e che presenta una equity line in progresso di circa il 150 %. Non perdo, tuttavia, la fiducia in esso, anzi sulla base della pregressa esperienza storica, confido, nei prossimi mesi, di poter recuperare almeno una parte dell’attuale inaccettabile sotto-performance. A tal fine, in coerenza con quanto sopra espresso, questa settimana modifico leggermente l’assetto del mio portafoglio, riduco cioè dall’80 al 75 % le mie posizioni long, ed innalzo, nel contempo dal 20 al 25 % le mie posizioni short, ossia assumo una posizione rialzista pari al 50 % del mio portafoglio. Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ AZIONI ITALIA – LTM “ può, se vuole, consultare direttamente il mio sito.

Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di intermarketandmore buon trading.

LUKAS

Questo post non è da considerare come un’offerta o una sollecitazione all’acquisto. Informati presso il tuo consulente di fiducia.NB: Attenzione! Leggi il disclaimer (a scanso di equivoci!)

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