Categories: Tecnologia

Revolut, la fintech “dei viaggiatori” lancia la sfida alle banche

Author: Daniele Lettig Wired

Nata dalla frustrazione per le spese di cambio valute all’estero, l’azienda del russo Nikolay Storonsky oggi è un unicorno da sette milioni di clienti, e vuole diventare un player globale

L’applicazione che vuole rivoluzionare il modello di business delle banche tradizionali è nata da un’esigenza concreta: smettere di pagare esose commissioni sui prelievi di denaro all’estero. Un’esperienza provata molto spesso dal suo fondatore, il russo-londinese Nikolay Storonsky, figlio di un alto dirigente del colosso Gazprom, studi in Fisica e un brillante curriculum da banchiere d’affari Lehman Brothers e Credit Suisse. Lasciato nel 2013 l’istituto svizzero, dopo un anno e mezzo di lavoro e sperimentazione assieme al socio Vlad Yatsenko, ex sistemista di Deutsche Bank, nel 2015 Storonsky ha lanciato sul mercato Revolut.

Un unicorno molto ambizioso

In soli quattro anni l’azienda ha raccolto circa 336 milioni di dollari di finanziamenti (circa 303,5 milioni di euro) da fondi di venture capital, raggiungendo già l’anno scorso lo status di unicorno con oltre un miliardo di dollari di valutazione. E se il 2018 si è chiuso con ricavi per 68 milioni di euro e un passivo di 38,4 milioni – dovuto, dice l’azienda, agli investimenti nello sviluppo di prodotti e servizi – la previsione per quest’anno è di triplicare i ricavi e aumentare del 40-50 per cento il margine operativo.

Intanto, i clienti crescono al ritmo di 16 mila al giorno – oggi sono sette milioni in tutto il mondo – e l’azienda ha aperto sedi in 18 paesi, tra cui quella di Milano che fa da capofila a tutta l’area del Sud Europa.

A Revolut l’ambizione non manca, come conferma a Wired il suo fondatore, passato dal capoluogo lombardo in occasione del recente Salone dei pagamenti. “Vogliamo diventare una vera banca globale, cioè operare praticamente in tutti i paesi fornendo ai clienti una gamma molto estesa di servizi finanziari”, scandisce con decisione Storonsky, in un inglese fatto di frasi secche e concise e pronunciato con un accento che tradisce le sue origini.

Nikolay Storonsky di Revolut

Zero commissioni

I due obiettivi delineati da Storonsky viaggiano in parallelo. Sul piano territoriale, il prossimo importante passo è dietro l’angolo: “Per la fine di novembre – dice infatti l’ad – abbiamo in programma di iniziare a operare negli Stati Uniti”, dove l’azienda ha firmato un accordo con Mastercard per l’emissione delle sue carte di debito (che si aggiunge quello, con carattere globale, siglato con Visa pochi mesi fa).

Per quanto riguarda i servizi, invece, il profilo Revolut standard garantisce un’offerta davvero completa: bonifici gratuiti (l’account dispone infatti di un proprio Iban), prelievi Atm gratuiti anche all’estero, pagamenti con carta prepagata virtuale e fisica ad emissione gratuita, condivisione e scambio di denaro con altri utenti del servizio.

Il tutto senza dover pagare alcun canone mensile o annuale, previsto invece per gli altri due piani, il Premium e il Metal, che offrono dei servizi aggiuntivi: ad esempio, plafond più alti per spese e prelievi, assicurazione medica internazionale, possibilità di fare trading sulle criptovalute. Per aprire un profilo “ci vogliono veramente tre minuti”, spiega Storonsky: basta registrarsi sull’app – dalla cui dashboard poi sarà possibile gestire tutti i servizi –, inserire i dati di un documento di identità per la verifica della persona fisica, e procedere alla prima ricarica con un bonifico o una carta di credito, sempre senza commissioni.

Un’idea nata viaggiando

Ho lavorato per otto anni in banche d’affari, ma sempre con la voglia di creare una mia compagnia”, racconta Storonsky, prima di spiegare come è nata l’idea alla base di Revolut: “È maturata dalla mia esperienza di viaggiatore: ogni volta che andavo all’estero i cambi erano sempre costosi a causa delle spese per le commissioni, dal 3 al 6 per cento per ogni transazione. Ho provato molti prodotti finanziari di diverse aziende, ma nessuno mi soddisfaceva. Così ho deciso di entrare direttamente in questo business”. E di creare un’azienda il cui modello di business è quello di offrire un prodotto gratuito e di qualità a un gran numero di clienti, ricavando i suoi introiti dal ‘cross-selling’ di altri servizi.

L’ultimo arrivato, poco più di un mese fa, è il trading azionario, gestibile direttamente dal conto Revolut: tre operazioni gratuite al mese per il profilo standard (poi si paga 1 euro di commissione), otto per quello Premium, illimitate per il Metal.

Anche in questo campo – dice ancora Storonsky – abbiamo voluto creare un prodotto ‘commisson free’ e alla portata di tutti, e i risultati finora sono molto buoni, con il 10 per cento di conversioni sia per gli utenti Metal che per quelli Standard”. Ma chi è, secondo il suo ad, il cliente-tipo di Revolut? “Persone che viaggiano spesso, cittadini del mondo, che spesso vivono o lavorano in un paese diverso da quello in cui sono nati: sono stati loro i nostri primi clienti, che poi hanno sponsorizzato a famiglia e amici i nostri prodotti”.

Get the things done

Nel percorso di crescita di Revolut non è mancata qualche piccola macchia: in particolare, un reportage di Wired Usa che all’inizio del 2019 descriveva l’azienda come un ambiente di lavoro ‘tossico’ e con un alto turnover di personale.Sono cose del passato”, dice oggi Storonsky: “Bisogna capire che la cultura aziendale di una società con 20 dipendenti è diversa da quella di una che ne ha 200 o mille”.

Quando eravamo una startup – ammette il manager – ci conoscevamo tutti, non c’erano responsabili delle risorse umane e ci è capitato di trattare qualcuno in un modo non del tutto professionale. Ma ora le cose sono cambiate, abbiamo oltre 1.500 dipendenti – una novantina solo nel dipartimento risorse umane – e siamo un’azienda del tutto diversa, anche se abbiamo sempre gli stessi obiettivi: lavorare duro ed essere smart e mentalmente aperti ‘to get the things done’, per raggiungere gli obiettivi che ci poniamo grazie al lavoro di squadra”.

(Foto: Revolut)

Italia strategica

La scelta dell’Italia come base per il Sud Europa, spiega invece l’ad di Revolut, si deve al fatto che “è un mercato grande, da quasi 60 milioni di persone, dove le banche tradizionali non hanno ancora investito molto su prodotti come quelli che offriamo noi, e quindi c’è molta meno competizione”.

Anche per questo, Revolut vuole assumere un ruolo centrale nella transizione verso i pagamenti digitali: secondo Storonsky, “più è facile per le persone aprire un conto e gestire una carta di credito, più aumenta il numero di chi usa questi mezzi: è un circolo virtuoso. Però occorre anche rendere più conveniente ai commercianti accettare i pagamenti digitali, abbassando il costo delle transazioni”.

Nel nostro paese, l’azienda sta trattando per stringere un accordo “con una piattaforma che ci aiuti in alcuni campi dove non abbiamo ancora una nostra infrastruttura, ma non posso aggiungere altro”, spiega Storonsky. “Ovunque andiamo cerchiamo di siglare delle partnership: anche se in questo settore siamo tutti amici – aggiunge con una risata – il mercato è grande, quindi per noi è meglio stringere accordi con alcuni players e competere con altri”.

E ovviamente – quando debutterà – anche con la criptovaluta di Facebook, Libra, su cui Storonsky ha le idee chiare: “Per ora sembra che i governi e i regolatori del settore siano contrari e la ostacolano perché credono che non sia abbastanza sicura. Forse hanno ragione, però io credo che sul lungo periodo sia una grande idea e una grande opportunità”.

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