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5 ragioni per cui tutti impazziscono (di nascosto) per Lucifer

Author: Paolo Armelli Wired

Più volte a rischio cancellazione, la serie sul diavolo che si “converte” per amore della giustizia, ha una fanbase agguerrita e più numerosa di quello che si crede. Noi fatichiamo a comprendere il perché

La serie Lucifer ha fatto il suo debutto nel gennaio 2016 sul canale americano Fox. Tratta dai fumetti di Neil Gaiman, fonde il genere poliziesco al soprannaturale e alla commedia: il protagonista, appunto, è Lucifer Morningstar, il diavolo in persona, che a un certo punto si stanca del suo ménage demoniaco e decide di trasferirsi a Los Angeles (la città degli angeli, paradossalmente) e gestire un night club. Finisce, però, per diventare consulente nelle indagini della polizia locale, dando il suo apporto fuori dal comune. Salvato più volte dalla cancellazione, Lucifer è una passione più o meno nascosta per molti, i quali apprezzano il tono leggero e innovativo magari chiudendo un occhio su difetti più o meno plateali. Abbiamo cercato di capire perché è un titolo che piace così tanto.

1. Tom Ellis, diavolo dannato e contento

Non si può certo negare che buona parte del fascino del personaggio di Morningstar venga dal suo interprete, l’attore Tom Ellis, perfetta incarnazione di un ammaliante diavolo tentatore. Oltre all’aspetto, l’interprete riesce a conferire a Lucifer una tridimensionalità complessa e sfumata: sebbene siano innumerevoli le occasioni che gli ricordano (e in cui lui ci ricorda) la sua statura di re degli Inferi, la sfida della recitazione qui è dimostrare come si possa aggiungere un’umanità travagliata e vulnerabile a un essere mistico. A dominarlo è in fondo un eterno conflitto di insoddisfazione e ricerca di sé, che Ellis traduce con efficacia riuscendo però anche a non prendersi sul serio e consegnandoci un diavolo dannato e contento.

2. Menzione speciale alle protagoniste

Certo Tom Ellis sarebbe poca cosa senza le colleghe. A partire da Chloe Decker (Lauren German), la poliziotta della omicidi che cattura l’attenzione del diavolo quando dimostra di essere immune alle sue abilità. Fra loro è subito clic ed è così che Lucifer finisce per assisterla nelle indagini, dove però Chloe non si fa mai mettere i piedi in testa. Determinata e indipendente, svela comunque le sue vulnerabilità per dare maggiore profondità al personaggio e instaurare con il suo contraltare maschile un balletto di chimica e ironia senza sosta. Menzione speciale al personaggio di Mazikeen (Lesley-Ann Brandt), ex torturatrice degli inferi che ora fa da bodyguard a Lucifer ed è la quintessenza delle donne di questa serie, ben lontane dall’essere damigelle in pericolo senza rinunciare a un aspetto quantomeno patinato.

3. Il potere dell’ironia. E del paradosso

Ciò che rende Lucifer un vero e proprio guilty pleasure è il fatto che riesca a fondere più livelli: ci sono momenti seri e drammatici, seguiti da scene esilaranti. E poi: il protagonista che dice candidamente a chiunque di essere il diavolo (anche se sono in pochi a non prenderlo per matto o per pieno di sé); le persone che sembrano ignorare i piccoli fatti soprannaturali, a dimostrare quanto la quotidianità sia folle e paradossale; i dialoghi che sono studiati per infilare battute taglienti e momenti di comicità. Tra le cose più esilaranti: il personaggio della dottoressa Linda Martin, interpretata da Rachael Harris, che ha il compito di fare da psicoterapeuta al demonio. C’è anche il paradosso di un Lucifero che, arrivato sulla Terra, invece di fare del male sfrutta i lati più oscuri degli esseri umani per risolvere i loro stessi crimini.

4. L’ampio contesto narrativo

È indubbio che Lucifer abbia dei riferimenti molto solidi a un universo di racconti molto più ampio. Forse non è chiarissimo dall’andamento della serie in sé, ma il personaggio di Morningstar era stato creato nel 1989 dal celeberrimo Neil Gaiman (American Gods, Good Omens) come personaggio comprimario nella acclamata graphic novel Sandman, che a sua volta aveva forti riferimenti al poema di John Milton, Paradiso perduto. Nel 2000 Lucifero ebbe anche la sua saga di fumetti spin-off scritta da Mike Carey e scritta nel 2006. Sebbene, appunto, l’adattamento televisivo abbia preso direzioni molto diverse, un tributo alla fonte originale è sempre dietro l’angolo. Senza considerare poi il fatto che la serie oggetto di questo pezzo è stata inserita in un ulteriore universo narrativo, quello cioè dei titoli dell’Arrowverse: nel 2019 il Morningstar di Ellis ha fatto un cameo in Crisis on Infinite Earths, l’evento che ha riunito serie come Arrow, The Flash, Supergirl e Legends of Tomorrow.

5. Salvarsi sempre in corner

Una produzione come Lucifer gioca di continuo sul concetto di salvezza: il re degli Inferi deve scampare al suo destino e a sua volta condanna le persone incastrandole per le loro malefatte. Ironia della sorte, la serie stessa è stata ripetutamente salvata. Nel 2018, infatti, Fox ritenne che il pubblico che la seguiva fosse troppo esiguo per giustificare i costi elevati e quindi la cancellò dopo tre stagioni. I fan, forse limitati per una rete generalista ma sicuramente appassionati e accaniti, lanciarono una campagna social intitolata #SaveLucifer, a cui aderirono pure gli stessi membri del cast. Anche se queste iniziative di solito non sortiscono molti effetti, Netflix, che già distribuiva a livello internazionale la serie, decise di concederle una quarta stagione, rinnovandola poi per una quinta e ultima. Nonostante ciò, un nuovo contrordine ha sancito che sarà prodotta anche una sesta e definitiva stagione di 10 episodi. Se Lucifer, esattamente come il suo protagonista, riesce ad avere mille vite, forse qualcosa di profondamente valido deve averlo.

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