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Come è andata la prima missione spaziale di astronauti non professionisti

Author: Emilio Cozzi Wired

Inspiration4 è ammarata al largo della Florida. Pieno successo per una missione che ha segnato tanti primati nella storia dello spazio

Hayley Arceneaux lascia la capsula Resilience (screenshot dalla diretta SpaceX)

Dopo tre giorni in orbita, l’equipaggio di Inspiration4 è tornato sulla Terra. Stamattina, domenica 19 settembre, in Italia otto minuti dopo l’una, la capsula Resilience di SpaceX si è tuffata nell’Oceano Atlantico, al largo della Florida. Lo splashdown ha concluso la prima missione orbitale della storia effettuata da astronautinon professionisti.

Il recupero, come l’intera missione, è stato puntuale e non ha fatto registrare alcun problema. Come programmato, i quattro protagonisti della missione, Hayley Arceneaux,Sian “Leo” Proctor,Chris “Hanks” Sembroskieil comandante e finanziatoreJared Isaacman,hanno abbandonato la Resilience circa 45 minuti dopo l’ammaraggio per trasferirsi sul recovery vessel della compagnia spaziale di Elon Musk, quindi a terra trasportati da un elicottero.

Gli astronauti hanno confermato che le loro condizioni e il loro umore sono sempre stati ottimi: saranno ricordati come i primi civili ad aver volato attorno alla Terra senza appartenere ad alcun corpo astronautico o ente governativo.

Il lancio di Inspiration4, giovedì 16 settembre, quando in Italia erano le 2:02 (foto: SpaceX/Inspiration4 Photos)

Lanciati giovedì mattina dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral fino a una quota di 575 chilometri, una volta in orbita hanno anche disegnato in diretta (Proctor), suonato l’ukulele (Sembroski) ed effettuato una serie di esperimenti medico-scientifici, perlopiù orientati allo studio del comportamento del corpo umano in condizioni di microgravità. A coordinarne la maggior maggior parte è stata Arceneaux, la prima persona volata oltre l’atmosfera con una protesi, un femore sinistro artificiale che le sostituisce l’osso perso a causa di un osteosarcoma scoperto quando aveva 10 anni. Primati storici a parte, è questo il dato più significativo di una missione organizzata per dimostrare come lo spazio possa essere sempre più accessibile, inclusivo e, insieme, unapiattaforma comunicativa di efficacia straordinaria.

Potrà sembrare un paradosso, visto che Inspiration4 è stata interamente finanziata da Isaacman – si stima per una cifra di almeno 200 milioni di dollari -, eppure la sua natura commerciale non può sminuire l’importanza della missione. Per questo, a splashdown avvenuto, è importante capire come e soprattutto se la missione abbia raggiunto i risultati promessi. È stata l’ennesima dimostrazione di potenza dello space billionaire di turno, oppure qualcosa di diverso? E nella seconda ipotesi, quale sarà la sua eredità?

Spazio per tutti (sempre possano permetterselo)

L’equipaggio di Inspiration4 affacciato alla “cupola” appositamente ricavata sulla capsula Resilience (foto: SpaceX/Inspiration4 Photos)

Annunciata con uno spot di 30 secondi al Super Bowl del 2021, Inspiration4 è stata presentata con l’obiettivo di stimolare l’interesse nei confronti dei viaggi spaziali e raccogliere fondi a favore del St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis, specializzato in oncologia pediatrica. Lo stesso in cui Arceneaux fu curata da bambina e dove oggi lavora come assistente medico. Per raggiungere lo scopo, lo spot aveva specificato i criteri che avrebbero guidato la selezione dell’equipaggio: un posto, quello andato ad Arceneaux, sarebbe stato assegnato a un dipendente del St. Jude. Un altro, finito a Sembroski, sarebbe stato estratto fra coloro che avessero fatto donazioni di qualsiasi entità all’ospedale. Mentre l’ultimo, assegnato a Proctor, sarebbe stato destinato al miglior progetto per la creazione di uno store online con il software di Shift4Payments, l’azienda di cui Isaacman è l’amministrator delegato.

Significa aprire lo spazio a tutti, cioè realizzare quanto promesso da Jeff Bezos o Richard Branson, ma anche da Musk quando ribadisce di volere rendere l’umanità extra-planetaria? No, o almeno non subito, sempre non ci si possa permette di spendere mezzo milione di dollari per un salto suborbitale con Virgin Galactic o Blue Origin, o qualche milione per un viaggio targato SpaceX, magari attorno alla Luna, come farà nel 2023 il milionario fondatore di Zozotown, Yusaku Maezawa. Oppure, sempre non si conosca qualcuno come Isaacman, pronto a distribuire i suoi biglietti extra-atmosferici per qualche motivo.

Dennis Tito, il primo turista spaziale della storia. Andò in orbita il 28 aprile 2001 (foto: Nasa)

Sarebbe tuttavia sbagliato non cogliere le differenze fra il turismo spaziale inaugurato 20 anni fa da Dennis Tito, operato “per concessione” da enti nazionali profumatamente pagati per farlo (Roscosmos prima,Nasa poi), e quello di nuova generazione. Sono cambiati i costi e i prezzi (sempre proibitivi ma inferiori), i mezzi (oggi riutilizzabili come la Resilience, tornata dallo spazio il 2 maggio scorso), gli operatori (privati) e la frequenza dei voli: fra il 2001 e il 2021 gli space tourists erano sette. Da luglio e in meno di 60 giorni sono diventati più del doppio.

È il segno di una progressiva erosione delle barriere di ingresso al settore. Sebbene solo agli inizi, il processo è evidente tanto a livello istituzionale o industriale – la new space economy – quanto commerciale. In questo senso è significativo che Sian Proctor, finalista poi esclusa dal corpo astronautico della Nasa alle selezioni del 2009, abbia comunque coronato il suo sogno di volare oltre l’atmosfera. È una conferma, forse anche sibillina, di come l’obbiettivo di “ispirare le persone a viaggiare nello spazio” sbandierato da Musk e Isaacman non sia più fantascientifico. O lo sia sempre meno.

A ribadirlo è anche il successo del crowdfundinga sostegno del St. Jude, cui è ancora possibile contribuire: commistione perfetta di filantropia e marketing, Inspiration4 aveva raccolto 31 milioni di dollari prima del lancio. Nelle nemmeno 72 ore in orbita, la cifra ha superato i 55 milioni ed è arrivata, mentre queste righe vengono scritte, a più di 60,che andranno sommati ai 100 personalmente versati da Isaacman nelle casse dell’ospedale e ai 50 che Elon Musk, subito dopo il rientro a terra dell’equipaggio, ha fatto sapere donerà.

L’equipaggio di Inspiration4 poco dopo il rientro a Terra. Da sinistra: Hayley Arceneaux, Jared Isaacman, Sian Proctor eChris Sembroski (foto: SpaceX/Inspiration4 Photos)

Come evidente, non è solo un risultato simbolico. E la precisazione è valida anche per quanto riguarda l’esperienza a bordo della Arceneaux: la sua performance ha fornito dati sul comportamento in orbita di un apparato protesico. Un ambito di studi seguito da progetti pilota come il “Para-Astronaut Project” dell’Agenzia spaziale europea, sviluppato, lo aveva spiegato Luca Parmintano, “per capire comecalibrare l’addestramentoe fare in modo che prima o poi una portatrice o un portatore di disabilitàfisica contribuisca all’esplorazione dello spazio”. È un altro cambiamento; è l’inizio di un percorso che aiuterà agenzie e privati a individuare lecaratteristiche del training necessario.

Il fatto che per effettuare rilievi e misurazioni, Arceneaux abbia sfruttato strumenti disponibili a chiunque come Apple Watch e l’ecografo portatile Butterfly iQ+, è l’ennesima prova di un progetto capace di ribadire l’accresciuta accessibilità dello spazio e far(si) pubblicità.

Ispirare, promettere, comunicare

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Proprio in ambito comunicativo Inspiration4 ha registrato un altro risultato clamoroso: anticipata dalla prima serie“quasi in tempo reale” su una missione spaziale e seguita, durante il lancio, dalla prima diretta della storia di Netflix, la missione è stata più esposta di qualsiasi operazione extra-terrestre coeva. È significativo notare come i media l’abbiano preferita alle attività sulla Stazione spaziale internazionaleeal ritorno sulla Terra della capsula Shenzou-12. E sì che la missione cinese, conclusasi con successo nel deserto del Gobi poche ore prima dell’ammaraggio di Isaacman e compagni, riportava a casa dopo 90 giorni sulla stazione Tiangong il comandante Nie Haisheng, Liu BomingeTang Hongbo, i tre taikonauti rimasti più a lungo nello spazio nella storia della Cina, un protagonista spaziale ben più ingombrante di qualsiasi impresa privata.

18 settembre 2021: i tre taikonautiNie Haisheng, Liu BomingeTang Hongbo subito dopo il ritorno a Terra (foto: Xinhua).

Perché? Per quello che, fin dal suo nome, Inspiration4 rappresenta: una promessa, un (poter) tendere a qualcosa di migliore. Sono le attività space based evocate da una missione non governativa di persone comuni ad affascinare gli addetti ai lavori e ad attrarre futuri investimenti. Sono i miglioramenti alla vita collettiva che un settore strategico più aperto potrebbe garantire, a fare del progetto di Isaacman qualcosa capace di indicare direzioni nuove. Ed è l’accessibilità all’ultima frontiera, un’accessibilità che a tutti i costi si vuole far percepire come crescente, a far sognare tutti, per prime le future generazioni.

Non che le preoccupazioni e gli scettici manchino, per motivi legittimi come l’impatto ambientale o la ricaduta sugli equilibri geopolitici di attività private, ma il successo di Inspiration4 non può essere sminuito. In fondo, come ha detto Isaacman subito dopo il rientro, è come se la missione fosse appena cominciata.

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