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WALL STREET: è arrivato il momento di passare short?

I mercati spesso ci hanno regalato tante incongruenze, e anche tante divergenze. Il COT report sembra confermarle. [Guest post]

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali hanno confermato tutti i nostri dubbi e perplessità circa le prospettive, e gli andamenti futuri dell’economia mondiale. La lotta al Covid è tutt’altro che al suo epilogo, e la sua ultima variante “Omicron” fa temere nuovi lockdown e nuove restrizioni. Le Banche Centrali, inoltre, devono fronteggiare una pericolosa spirale inflattiva, ed annunciano, per il 2022, l’adozione di misure meno espansive, e meno generose, di quelle attualmente in vigore.

Tanto basta per giustificare un nuovo storno del nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, che cede l’1,94 % e retrocede a quota 4.620,74. Un’analisi più approfondita dello stesso evidenzia, inoltre, che sono sempre meno le società quotate che presentano un trend positivo e rialzista. La sua sorte sembra cioè esser sempre più legata all’andamento ed alla tenuta dei soliti e ben noti, magnifici FAANG. Da parte nostra, è già da diversi mesi che esprimiamo un crescente scetticismo circa la prosecuzione del trend rialzista dei corsi azionari.

Com’è ben noto, chi scrive è stato per un intero decennio un convinto ed indomabile ottimista, e per tale motivo fatto oggetto di innumerevoli invettive, e reiterati strali. Oggi, però, sono tanti gli aspetti che non mi appaiono chiari e che non mi convincono. In particolare, trovo del tutto illogica ed incoerente la divergenza tra inflazione e tassi d’interesse che s’è creata negli ultimi 12 mesi. L’ultimo dato ci dice che il CPI Usa ha raggiunto il livello più elevato degli ultimi 40 anni, a quota 6,9 %. Ancor peggio il PPI, ossia l’incremento del livello dei prezzi alla produzione, lievitato di ben il 9,7 %. Già la differenza tra questi due dati, ( – 2,8 % ) dovrebbe ingenerare molta cautela a livello operativo. Sapere infatti che i costi di produzione aumentano ad un ritmo superiore ai prezzi di vendita, ci fa ragionevolmente presagire che gli utili della maggior parte delle imprese quotate, nel prossimo futuro, si ridurranno inevitabilmente.

E se gli utili si contraggono, come si fà a giustificare ed attendersi una prosecuzione dell’up-trend dei mercati azionari ? Oltre a quest’aspetto, di carattere oggettivo, e micro-economico, cosa dire, inoltre, del contemporaneo andamento dei rendimenti obbligazionari, assolutamente non coerenti ed illogici. Com’è possibile che con un CPI al 6,9 %, i rendimenti dei bond decennali Usa siano ancora fermi intorno a quota 1,4 % ? Una divergenza macroscopica, e del tutto ingiustificabile. Che dovrà, prima o poi, essere sanata e chiusa. Delle due l’una. O, il livello d’inflazione è davvero, come dicono in molti, un fenomeno contingente e transitorio, che rientrerà presto nei suoi ranghi.

Oppure, in caso contrario, dovremmo attenderci una rapida impennata dei rendimenti obbligazionari. In ogni caso, l’incoerente divergenza si dovrà chiudere, e ciò produrrà sicuramente instabilità e volatilità su tutti i mercati finanziari internazionali. Personalmente mi fido di più del dato del mercato obbligazionario, credo pertanto che molto presto la bolla inflattiva si sgonfierà, e che torneremo ai ritmi morigerati di crescita dell’economia dell’epoca pre-covid. La prospettiva non mi piace affatto, ma purtroppo è quello che si presagisce, osservando l’andamento dei tassi. Spero vivamente di essere smentito.

Dopo le sopra esposte considerazioni, di carattere generale, andiamo ad esaminare, cosa ci dice, al momento, lo scenario intermarket. Il dollar index, nell’ultima ottava, si conferma ancora tonico e forte, lievita infatti dello 0,49 % e raggiunge quota 96,67. Le commodities, invece, in termini reali, risultano del tutto stazionarie. Negli ultimi 2 mesi, comunque hanno perso molto della loro precedente verve. Come già accennato, indicazioni preoccupanti giungono invece dal mercato obbligazionario.

Il rendimento del bond decennale Usa, storna infatti nuovamente di 7 bps e retrocede a quota 1,41 %. Il rendimento del bond a 2 anni, invece, storna di 1 solo bp, e ritorna quota 0,64 %. L’inclinazione della yield curve Usa, pertanto, si contrae sino a quota 77 punti, e ciò ci fà essere intravvedere un prossimo rallentamento dell’attuale ritmo di crescita dell’economia. I mercati azionari, come detto, correggono anch’essi, e negli ultimi 2 mesi hanno perso molto della loro precedente capacità di attrazione. .

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures edelle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 44.832

Large Traders : + 35.311

Small Traders : + 9.521

Trova, pertanto, nuovamente conferma l’incerta e volatile configurazione del Cot Report sui derivati azionari Usa. In quest’ultima ottava le variazioni nelle posizioni dei vari operatori sono state pari a 7.245 contratti. In particolare, i Commercial Traders, le MANI FORTI di questo mercato, cedono ben 6.922 contratti long, e rafforzano la loro posizione di copertura, Net Short. I Large Traders, cedono anch’essi 323 contratti long, ma restano convintamente Net Long.

Gli Small Traders, invece, acquistano l’intero lotto dei 7.245 contratti long, e sembrano voler credere a nuovi rialzi dell’equity. Le movimentazioni di quest’ultima ottava, consolidano ed accrescono il quadro, d’assoluta d’incertezza, di questo importante mercato. Vedere gli ingenui Small Traders acquistare l’intero lotto dei contratti long ceduti loro dalle Mani Forti, non è infatti mai un bel segnale. Negli ultimi 2 mesi l’incertezza si riflette anche sul mercato primario, nonostante la stagionalità favorevole. L’atteso rally di Natale sinora non s’è infatti visto.

Ciò dovrebbe accrescere le preoccupazioni degli investitori, soprattutto per i primi mesi del nuovo anno. D’altronde, come accennato in premessa, le incongruenze sui mercati, non mancano di certo, anzi tendono a lievitare ed a crescere. Ed il Cot Report le conferma. Personalmente, divento ancor più cauto, e dopo molti mesi assumo una, seppur lieve, posizione operativa, Net Short. .

Mercato, dunque, in attesa di ulteriori chiarimenti, che cercherò di tradare con il mio originale trading system, fondato sull’analisi del Cot Report, nonchè sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi dei due professori Usa, Jegadeesh e Titman, ed illustrato nel mio sito https://longtermmomentum.wordpress.com/. Nel corso dell’anno 2021, il mio portafoglio, denominato “ AZIONI ITALIA – LTM “, ha conseguito un guadagno del 9,22 %. Nel contempo, il nostro benchmark di riferimento, il Ftse All Share, ha registrato un guadagno del 20,32 %.

Conseguita pertanto, sinora, una sotto-performance dell’11,1 %, causata dalla nostra forse eccesiva prudenza, nonché da un evidente deficit di momentum, sul nostro listino, nei primi mesi dell’anno. Nei precedenti 8 anni, il mio trading system ha invece conseguito una sovra-performance media annua del 9,9 %, e presenta un’equity line in progresso del 180 %. Questa settimana, come già accennato, muto leggermente l’assetto del mio portafoglio, riduco cioè dal 50 al 45 % le mie posizioni long, ed innalzo nel contempo dal 50 al 55 % le mie posizioni short, assumo cioè una posizione operativa, Net Short, pari al 10 % del mio portafoglio.

Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ AZIONI ITALIA – LTM “ può, se vuole, consultare direttamente il mio sito.

Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di intermarketandmore buon trading.

LUKAS

Questo post non è da considerare come un’offerta o una sollecitazione all’acquisto. Informati presso il tuo consulente di fiducia.NB: Attenzione! Leggi il disclaimer (a scanso di equivoci!)

Author: Finanza.com

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