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Sblocco crediti edilizi, Abi: “Spalmarli su 10 anni non è la soluzione”

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(Rinnovabili.it) – “La soluzione prospettata, sebbene costituisca una ulteriore opzione, non riesce ad essere risolutiva”, così il Direttore Generale dell’ABI Giovanni Sabatini, ha commentato la misura contenuta nel Decreto Aiuti quater finalizzata allo sblocco dei crediti edilizi spalmando la possibile compensazione su 10 rate annuali anziché 5.

L’intervento del Direttore Generale Abi è avvenuto in consultazione presso la Commissione Bilancio al Senato e va a puntare i riflettori su un problema riscontrato sia dal lato economico finanziario che da quello di imprese e cittadini.

Il problema è sempre il medesimo: migliaia di crediti edilizi bloccati e non cedibili per mancanza di nuovi acquirenti o per esaurimento del plafond delle banche. Crediti che non potendo essere convertiti in liquidità, non permettono alle imprese di proseguire con i lavori iniziati.

E’ essenziale intervenire per facilitarne l’accesso al credito bancario e per renderlo maggiormente sostenibile”, prosegue Sabatini facendo poi riferimento anche al rischio corso dagli istituti finanziari nell’accettare in buona fede i crediti o il meccanismo di sconto in fattura.

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Lato imprese, la soluzione non appare risolutiva perché il loro obiettivo è cedere i crediti e ottenere la liquidità necessaria per completare i molti cantieri ora bloccati. Modificare l’orizzonte temporale dei bonus distribuendone la compensazione su 10 anni potrebbe forse consentire ad alcune imprese di non perdere parte della annualità in scadenza a fine 2022, nel presupposto che si abbia sufficiente capienza fiscale per compensare ma, come detto, resterebbero i problemi di liquidità”.

Dal punto di vista delle banche il quadro non migliora. “Il valore in bilancio dei crediti fiscali acquisiti è essenzialmente funzione del periodo di compensazione residuo, espandere questo periodo ex post determina immediati impatti in bilancio in termini di svalutazione (impairment) di questi crediti. Non è quindi per tale via che si può ricercare un ampliamento della capacità fiscale delle banche (intesa appunto come capacità di compensazione dei crediti con le proprie debenze fiscali)”.

Acquistare i crediti edilizi? Troppo rischioso

Come sottolineato da Abi la situazione di stallo nella quale si trova il mercato è dovuta quasi esclusivamente dall’esaurimento della capacità fiscale delle Banche. Dettaglio emerso chiaramente anche dopo la presentazione dell’indagine sulla cessione del credito sui bonus ordinari e sul Superbonus 110% effettuata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario.

Nonostante le Banche abbiano la possibilità di ricedere il credito ad un correntista con partita Iva, queste operazioni risultano ancora estremamente complesse, ma soprattutto ancora troppo rischiose.

A riprova della situazione ci sono le ultime sentenze della Cassazione che hanno permesso un sequestro dei crediti oggetto di frodi, nonostante la diligenza e buona fede dei cessionari.

Le proposte dell’Abi

Insieme ad ANCE, l’Associazione Bancaria Italiana ha provato ad individuare una strategia per lo sblocco dei crediti edilizi. Si tratta di una misura di carattere straordinario e senza impatto sul gettito, mediante la quale verrebbe introdotta una nuova modalità di compensazione dei crediti d’imposta per lavori già iniziati nelle annualità 2021, 2022 e 2023.

In particolare, si prevede la possibilità per le banche e Poste SpA di compensare i predetti crediti d’imposta, entro ben definiti limiti quantitativi, con parte dei riversamenti all’Erario relativi alle somme raccolte con le deleghe F24 della propria clientela. Trattandosi di una misura di carattere straordinario, volta a superare i prossimi anni di pressoché totale assorbimento della capacità fiscale delle banche, tale ulteriore modalità di compensazione sarebbe consentita solo per i periodi di imposta dal 2023 al 2027 e limitatamente ai crediti la cui acquisizione da parte delle banche o di Poste SpA non si sia ancora perfezionata”.

Va sottolineato che questa proposta non andrebbe ad impattare sul gettito fiscale, ridefinendo unicamente la modalità con cui vengono compensati i crediti.

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