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Final Fantasy XVI è la svolta dark del videogioco

Author: Wired

Secondo il produttore, il franchise è sempre stato incentrato sul conflitto “tra chi ha il potere e chi viene usato e/o sfruttato da quei pochi privilegiati […]. Può essere difficile assegnare particolari etnie all’antagonista o al protagonista senza scatenare i preconcetti del pubblico, sollecitare speculazioni ingiustificate e, in definitiva, alimentare le polemiche“.

A minare quest’ultimo punto sono però soprattutto le parole dello stesso Yoshida, secondo cui il team che ha lavorato al titolo voleva che i giocatori si concentrassero “meno sull’aspetto esteriore dei personaggi” e li vedessero più come “persone complesse e diverse per natura, background, credenze, personalità e motivazioni”. È bizzarro sostenere che in un mondo creato da Square Enix i personaggi di colore non possano essere ritratti con la stessa complessità e ricchezza di sfumature con cui sono realizzati quelli bianchi. E nonostante Final Fantasy abbia già incluso in passato personaggi di colore nella serie, per il momento non hanno ancora preso parte alle storie più complesse che l’azienda spera di realizzare.

La questione della classificazione

Final Fantasy XVI non è l’unico titolo della serie ad aver ricevuto il rating Mature dall’Entertainment software rating board, l’organo che classifica i videogiochi che escono in Nordamerica, ma è il primo nel filone principale. Anche in Europa, dove il sistema in vigore è il Pan European Game Information (Pegi), il gioco è indicato come adatto ai soli maggiorenni. In passato Yoshida ha dichiarato che la classificazione ha dato al team una maggiore libertà creativa, permettendogli di esplorare i temi complicati a cui era interessato. Non vogliamo creare qualcosa di violento – spiega –, vogliamo creare qualcosa che sembri reale.

Ma non si tratta solo di violenza. Uno dei personaggi, Cid – tra i preferiti dai fan della serie, di solito presentato come un ingegnere smanettone – è un fumatore accanito, un particolare che per l’Esrb non permetterebbe comunque di valutare il gioco come adatto a tutti. Persino una festa sarebbe sottoposta a controlli. Immaginate questa scena, dice Yoshida: i personaggi stanno festeggiando dopo una vittoria e sollevano i boccali colmi di vino; per ottenere una classificazione Teen, sarebbe necessario dire all’ente regolatore che “quello non è vino: è succo d’uva che tutti bevono dopo la battaglia“.

L’obiettivo però non è quello di creare un gioco che si crogioli nella cupezza o nello squallore morale. Anche se nelle presentazioni Square Enix ha puntato molto sull’immagine fosca del nuovo titolo, Yoshida dice che Final Fantasy XVI è pieno di speranza. Dalla demo, però, questo aspetto è difficile da cogliere. Combattere di notte in un castello pieno di nemici, per poi unirsi a una battaglia spietata giunta al suo culmine, non trasmette certo ottimismo. Ma a sentire Yoshida, è una promessa di crescita personale, che non si discosta molto da quello che vorrebbe che i futuri sviluppatori facessero della serie: “Chiunque sia a fare Final Fantasy XVII, probabilmente non saremo noi“, puntualizza. Il gioco, quindi, è una lezione per i futuri creatori. “Più ancora di mostrare ai giocatori che la serie può avere un potenziale maggiore, si tratta di mostrare ai futuri sviluppatori che possono fare quello che vogliono”, chiosa Yoshida.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.

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