Cosa succede se la corrente del Golfo collassa

Author: Wired

Il nocciolo della questione è che le temperature della superficie marina sono solo una componente dell’Amoc: esistono infatti anche altri fattori che contribuiscono a determinare le temperature dell’Atlantico. Le acque calde che scorrono verso nord hanno un’incidenza, così come però l’atmosfera che lambisce l’acqua. “Ci sono molte di quelle che chiamiamo interazioni aria-mare, lo scambio di calore tra l’atmosfera e l’oceano – continua Kilbourne –, e questo non è assolutamente legato alla circolazione oceanica“.

Le misurazioni satellitari della Sst, iniziate alla fine degli anni Settanta, garantiscono una copertura molto migliore degli oceani. Vent’anni fa gli scienziati hanno installato una serie di sensori dedicati all’Amoc, noti come Rapid, che misurano anche la velocità delle correnti e la salinità, un altro fattore che influenza la densità dell’acqua. Confrontando i dati moderni con quelli storici relativi alla Sst, spiega Peter Ditlevsen, è possibile compensare l’influenza dell’atmosfera sulla superficie del mare, isolando il segnale dell’Amoc. Quando i sensori Rapid sono stati messi in funzione, si pensava che ci sarebbero voluti 40 anni per capire se l’attuale sistema fosse in declino. “Non abbiamo avuto un collasso dell’Amoc negli ultimi 20 anni, quindi è come cercare di prevedere un uragano senza aver mai visto un uragano”, afferma Nicholas Foukal, assistente scientifico presso il Woods Hole Oceanographic Institution.

Da quando i sensori Rapid sono operativi, gli scienziati hanno riscontrato una buona dose di variabilità: “Stiamo misurando direttamente l’Amoc dal 2004 e non abbiamo alcuna prova di un declino a lungo termine – aggiunte Foukal –. Nei primi sei anni c’è stato un declino molto forte. E la gente si è tuffato su questo per dire che il sistema è in declino, e noi ne abbiamo le prove osservative. Ma da allora si è ripreso“.

Gli scienziati ricorrono anche a dei modelli per simulare come l’attuale sistema potrebbe cambiare con l’evolversi del clima. Rispetto agli studi che indicano un rallentamento e un eventuale collasso della circolazione, i modelli indicano una maggiore stabilità, spiega Oluwayemi Garuba, climatologo che studia le interazioni tra oceano e atmosfera presso il Pacific Northwest National Laboratory. “Le osservazioni mostrano segnali di preallarme statisticamente più significativi di un collasso dell’Amoc, mentre la maggior parte dei modelli non lo mostra – afferma il climatologo –, quindi è possibile che il capovolgimento della circolazione nei modelli sia semplicemente più stabile che nelle osservazioni, come hanno suggerito studi precedenti“.

In futuro, la Groenlandia potrebbe rivelarsi una scheggia impazzita. La scorsa settimana, gli scienziati hanno riferito di aver determinato grazie a delle carote di ghiaccio di una base militare abbandonata che circa 400mila anni fa la Groenlandia nordoccidentale era priva di ghiaccio. All’epoca, le temperature erano più o meno le stesse di oggi, ma le concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera erano molto più basse. Questo fa temere che il declino della calotta glaciale della Groenlandia possa accelerare. Se così fosse, lo scioglimento caricherebbe l’Atlantico settentrionale di quantità sorprendenti di acqua dolce, accelerando il declino dell’Amoc e aumentando di molti metri il livello del mare.

La complessità e l’incertezza non mancano: “Che, a fronte del continuo riscaldamento, l’Amoc rallenterà è un dato molto solido. L’incertezza, e il punto su cui la scienza deve ancora fare chiarezza, è il quando – spiega Kilbourne –. Ma credo che quando lo capiremo, sarà già successo“.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.