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Author: Monster Job

MONSTER presenta Vibram 
di Valerio Sordilli

Il passo perfetto.

È un’ossessione. Il tormento che tiene insieme tutto, storia e futuro, ghiaccio e roccia, filosofia e materia. Il chiodo fisso che accompagna questo brand di suole in gomma fin dal principio. E che da allora, cioè quasi novant’anni fa, ne giustifica l’aura di eccellenza, di “meglio del meglio”, che gli è riconosciuta ovunque.

È la ricerca del “passo perfetto”. Un concetto che qui, in Vibram Spa, si traduce in “prodotto perfetto”. Quello capace di fare le sole due cose che servono, quando servono: spingere, se è il caso di spingere; aderire, quand’è il momento di aderire. Spingere e aderire, ovvero trazione e grip, come da vocabolario in uso a chi, dopo anni passati in Vibram, si sente orgoglioso perfino del suo sangue giallo. Giallo Vibram.

Segnatevi da qualche parte queste parole, allora: trazione e grip. Perché il viaggio di Vibram, e quello dentro Vibram, è prima di tutto un viaggio compiuto sul rispetto assoluto dell’equilibrio tra questi due fattori.

Due coordinate, se preferite, sulle quali poggia l’ossessione da cui siamo partiti per raccontare questa storia. E che in Vibram capita di vedere rappresentate ovunque, come disposte su un piano immaginario di meridiani e paralleli. Un piano che abbraccia il prodotto e i valori, la cultura e il business. E arriva fino alle persone.

Un migliaio, circa. Divise a vario titolo tra Italia, Stati Uniti, Cina e Giappone. Di cui quasi 300 soltanto ad Albizzate, a meno di un’ora da Milano, sede del quartier generale Vibram SpA. Qui, insieme a un pezzo della produzione globale, e al cuore pulsante del marketing strategico e commerciale, si fa ancora ricerca (e se ne fa tanta) e si fa ancora parecchio sviluppo.

Sempre qui è dove forse è più evidente il principio del “passo perfetto” applicato alle persone. Per le quali trazione e grip significano sì, spingere e aderire, ma vogliono dire anche un mucchio di altre cose. Cose che in un’azienda come Vibram fanno tutta la differenza del mondo. Perché implicano, ad esempio, le condizioni giuste per esprimere il proprio potenziale (ecco il grip), e un perimetro fatto di codici etici e principi inderogabili entro cui incanalarlo (ed ecco la trazione).

Trazione e grip, ancora loro, di nuovo, tutte le volte in cui la Storia ha imposto a questo gruppo dai mille volti – sport outdoor, moda, militare, antinfortunistica e riparazione – accelerate improvvise e prudenti frenate. Quando il saldo tra innovazione e tradizione era giusto che restasse invariato. E poi ancora, quando c’è stato bisogno di fare una scelta netta, perfino elitaria, a tratti “folle” (copyright Paolo Manuzzi), sulle tecniche di produzione e sui materiali utilizzati per le suole. Quando, cioè, ci si è trovati di fronte a una certa idea di sostenibilità, di rispetto per la natura e di tutela per l’ambiente, e si è deciso di farla propria. Di portarla avanti, spingendo fin dove era possibile. 

In una specie di ricerca continua del “passo perfetto” in cui far stare dentro tutto. Qualcosa che visto da fuori può sembrare un’ossessione, ma che è solo un’idea di azienda come non se ne vedono più.