Categories: Energia

Una cella solare “subacquea” per la fotoproduzione di H2

Author: Rinnovabili.it

Credits: ©Valentin Marquardt/Università di Tubinga

Nuovi passi avanti per le celle fotoelettrochimiche

(Rinnovabili.it) – Come rendere la generazione di idrogeno verde più efficiente ed economica? Su questa domanda si sta arrovellando una buona parte della ricerca internazionale sull’H2. Oggi il metodo più diffuso prevede elettrolizzatori alimentati con elettricità pulita proveniente da impianti più o meno distanti. Ma per ridurre i costi uno degli approcci percorribili consiste nell’avvicinare il più possibile la fonte energetica al processo di scissione dell’acqua. Il massimo livello di integrazione è rappresentato da celle fotoelettrochimiche, il cui fotoelettrodo immerso in acqua funge sia da assorbitore solare che da catalizzatore della reazione. In altre parole la raccolta dei fotoni e l’evoluzione dell’idrogeno avvengono in un unico dispositivo compatto.

Appartiene a questo filone la nuova “cella solare subacquea” dell’Università di Tubinga, in Germania. Il gruppo di ricerca, guidato dal Dottor Matthias May dell’Istituto di chimica fisica e teorica, ha sviluppato una cella multigiunzione parte integrante dell’apparato fotoelettrochimico, con la quale ha raggiunto un’efficienza di conversione solare-idrogeno del 18%.

leggi anche Idrogeno solare, la perovskite regala alla produzione un’efficienza record

La ricetta della “cella solare subacquea”

Il principale problema di questo approccio sta nella difficoltà di progettazione delle interfaccia solido liquido. Passaggio che rende difficile ottenere rese elevate in combinazione con una durata prolungata.

Il team ha affrontato la sfida utilizzando assorbitori solari depositati in strati sottili su un substrato di germanio: prima GaAS e quindi GAInP, due noti semiconduttori fotovoltaici del gruppo III-V della tavola periodica. Quindi hanno aggiunto uno strato finestra in AlInP per la raccolta degli elettroni e infine una copertura protettiva in GaAS. Quindi gli scienziati hanno depositato nanoparticelle di catalizzatore, rimuovendo il GaAs protettivo. Un lavoro di precisione ottenuto grazie ad un elevato livello di controllo delle interfacce tra i diversi materiali. “Qui – spiega l’ateneo in una nota stampa – le strutture superficiali vengono prodotte e controllate su una scala di pochi nanometri, ovvero milionesimi di millimetro”.

La struttura della nuova cella solare subacquea è innovativa e allo stesso tempo particolarmente efficace. I test hanno mostrato un’efficienza iniziale del 18%, scesa successivamente a >15% per più di 40 minuti. Il lavoro dell’università di Tubinga è integrato nel progetto H2Demo, che coinvolge anche l’Istituto Fraunhofer per i sistemi ad energia solare (ISE). I prossimi passi includeranno il miglioramento della stabilità a lungo termine, il trasferimento a un sistema di materiali a base di silicio – economicamente più conveniente – e l’espansione su aree più grandi.

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