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L’incapacità di Israele di fermare l’attacco di Hamas mostra i pericoli di un’eccessiva sorveglianza

Author: Wired

La Striscia di Gaza è una delle aree più densamente popolate del pianeta. È anche una delle aree più pesantemente bloccate, sorvegliate e represse. Israele ha sviluppato un apparato di intelligence e un’aggressiva industria dello spionaggio digitale intorno alla promozione dei suoi interessi geopolitici, in particolare l’interminabile conflitto nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Tuttavia, sabato 7 ottobre, i militanti di Hamas hanno colto Israele alla sprovvista con una serie di devastanti attacchi via terra, aria e mare, che hanno ucciso centinaia di persone e lasciato migliaia di feriti. Israele ha ora dichiarato guerra.

L’attacco a sorpresa di Hamas di sabato è scioccante non solo per la sua portata rispetto agli attacchi precedenti, ma anche per il fatto che è stato pianificato ed eseguito all’insaputa di Israele. L’attacco mortale di Hamas sottolinea i limiti anche dei più invasivi sistemi di sorveglianza. Secondo gli esperti, infatti, l’enorme quantità di informazioni che Israele raccoglie su Hamas, così come la costante attività e organizzazione del gruppo, potrebbero aver giocato un ruolo nell’oscurare i piani per questo particolare attacco in mezzo all’infinita marea di minacce potenzialmente credibili.

Il fallimento dell’intelligence

Non c’è dubbio che l’entità e la portata di questo attacco di Hamas indichino un colossale fallimento dell’intelligence da parte dell’Idf (le forze di difesa israeliane) e dello Shin Bet, l’agenzia di sicurezza interna“, afferma Raphael Marcus, ricercatore in visita al King’s College di Londra che si occupa della regione. “Hanno una tale abilità tecnica e anche un’eredità di eccellenti capacità di fonte umana“. Israele è noto per il pesante monitoraggio di Gaza e di chiunque possa essere collegato ad Hamas, utilizzando sia le tradizionali tecniche di raccolta di informazioni che la sorveglianza digitale, come il riconoscimento facciale e lo spyware. Israele ha dimostrato per anni le sue capacità di hacking e la sua sofisticazione tecnica sulla scena mondiale, partecipando allo sviluppo di malware innovativi sia per lo spionaggio digitale che per gli attacchi cyber-fisici.

Il fatto che Hamas sia stato in grado di pianificare un attacco così complesso e senza precedenti dimostra i limiti e gli inevitabili punti ciechi anche del più completo regime di sorveglianza. Jake Williams, ex hacker della National Security Agency statunitense e attuale membro della facoltà dell’Institute for Applied Network Security, sottolinea che quando si dispone di una marea di informazioni provenienti da una serie di fonti, e quando il clima è così teso come quello tra Israele e Palestina, la sfida è organizzare e analizzare le informazioni, non raccoglierle. “L’intelligence in un ambiente come quello israeliano non è trovare un ago in un pagliaio, ma trovare l’ago che ti farà male in un mucchio di aghi – dice Williams -. Dato il numero di membri di Hamas coinvolti nell’invasione, non è plausibile per me che Israele non abbia colto ogni riflesso umano dell’intelligence nella pianificazione. Ma sono sicuro che ci sono sempre agenti di Hamas che parlano di piani credibili per attaccare l’Idf. Quindi Israele non può rispondere con la forza a ogni minaccia, anche se credibile. Si troverebbe in uno stato di allerta elevato o in un impegno attivo per tutto il tempo, e questo è probabilmente peggiore per la sicurezza“.

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