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Financial Times: accordo siglato con OpenAI per sinergia con ChatGPT

Author: IlSoftware

Intelligenza Artificiale e giornalismo sono due mondi che, sempre di più, sembrano riuscire a coesistere.

L’ultimo passo avanti in tal senso è l’accordo siglato tra il Financial Times e OpenAI. La collaborazione prevede pieno accesso da parte di ChatGPT ai database della nota testata giornalistica. Sotto il punto di vista puramente pratico, agli utenti che interrogheranno il chatbot, potranno essere proposti riassunti e citazioni degli articoli di tale giornale, correlati da apposita attribuzione. Nel contratto tra le due parti è inclusa anche una sinergia per quanto riguarda la realizzazione di nuovi strumenti basati sull’IA.

Non è la prima volta che il Financial Times apre a collaborazioni nel contesto di questa nuova tecnologia. Già lo scorso mese, infatti, lo stesso giornale ha lanciato una funzione basata sull’IA generativa, basata su Claude di Anthropic. La funzione in questione, nota come Ask FT, consente agli utenti di trovare più facilmente informazioni specifiche sugli articoli pubblicati dal giornale.

Collaborazione tra Financial Times e OpenAI: vantaggi per entrambe le parti

Nonostante questa iniziativa, però, il giornale non sembra voler abbandonare i giornalisti “umani”. Secondo quanto affermato da John Ridding, CEO del Financial Times Group, resta prioritario che le piattaforme IA paghino per attingere al materiale fornito dal settore giornalistico e come, al contempo, sia necessario che tali servizi offrano contenuti provenienti da fonti attendibili.

OpenAI ha già intrapreso diverse collaborazioni con nomi di rilievo per quanto riguarda l’informazione. Tra di essi spicca l’accordo con il gruppo editoriale tedesco Axel Springer che, nel contesto europeo, si preoccupa di giornali come Bild e Welt. Anche l’Associated Press ha stretto un accordo con OpenAI attraverso cui quest’ultima ha accesso a un enorme database di dati per alimentare i propri LLM.

Non tutti i rapporti sono così amichevoli come quelli finora elencati. Qualche mese fa, per esempio, ha fatto scalpore la causa del New York Times rispetto proprio ai creatori di ChatGPT e a un altro big del settore come Microsoft.

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