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Buchi neri in fase di fusione nell’Universo primordiale individuati dal telescopio spaziale James Webb

Author: Hardware Upgrade

Nelle scorse settimane sono state diverse le notizie legate al telescopio spaziale James Webb e riguardanti gli esopianeti, come la possibile rilevazione dell’atmosfera di 55 Cancri e oppure nuovi dettagli sulla struttura di WASP-43 b. Il nuovo strumento scientifico ha però anche la capacità di osservare molto più in là nell’Universo, quando quest’ultimo era nato da poche centinaia di milioni di anni. L’ultima novità riguarda l’individuazione, grazie al JWST, della fusione di due buchi neri quando l’Universo aveva solamente 740 milioni di anni.

Questo genere di fenomeni sono relativamente frequenti ma osservarli non è semplice (un aiuto arriva, per esempio, dalle onde gravitazionali). Come riportato nello studio dal titolo GA-NIFS: JWST discovers an offset AGN 740 million years after the big bang, il potente telescopio avrebbe osservato due buchi neri supermassicci (che si trovano al centro di due galassie) in fase di fusione. Si tratta di milioni di miliardi di masse solari e un evento che sprigiona moltissima energia.

Capire quando i buchi neri supermassicci hanno iniziato a esistere, quale sia la loro evoluzione e capire quanto fossero diffusi nell’Universo primordiale consente di ricostruire la storia del Cosmo e l’evoluzione delle galassie (ma anche dei sistemi planetari fino alla vita). Il sistema osservato dal telescopio spaziale James Webb si chiama ZS7 e ha fornito nuove informazioni utili in tal senso e la sua massa stellare è simile a quella della Grande Nube di Magellano.

Hannah Übler (dell’Università di Cambridge) ha dichiarato “abbiamo trovato prove di gas molto densi con movimenti veloci nelle vicinanze del buco nero, così come del gas caldo e altamente ionizzato illuminato dalla radiazione energetica tipicamente prodotta dai buchi neri nei loro episodi di accrescimento. Grazie alla nitidezza senza precedenti delle sue capacità di imaging, Webb ha anche permesso al nostro team di separare spazialmente i due buchi neri”.

I dati catturati dal JWST (con l’utilizzo di NIRSpec) indicano come uno dei due buchi neri sia da 50 milioni di masse solari mentre quella del secondo buco nero non è stata calcolata direttamente (a causa di una coltre di gas denso che lo nasconde) ma dovrebbe essere simile. Roberto Maiolino (dell’Università di Cambridge e dell’University College London) ha aggiunto che è probabile che la fusione di buchi neri, anche nell’Universo primordiale, sia stato uno dei fenomeni che ha portato al loro rapido accrescimento. Questo ha poi plasmato l’evoluzione galattica.

Quando i buchi neri si fonderanno genereranno onde gravitazionali che potrebbero essere rilevate da sistemi come LISA (Laser Interferometer Space Antenna). Questo interferometro dovrebbe consentire di rilevare anche fusioni di buchi neri meno massicci e quindi capire quanto effettivamente questo genere di fenomeni è frequente.

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