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Ghost of Tsushima Director’s Cut PC: il porting superbo di un gioco magnifico

Author: GAMEmag

Chi ci segue da tempo, saprà senza dubbio che Ghost of Tsushima è una nostra vecchia conoscenza e lo abbiamo giocato tanto su PS4 quanto su PS5 nella sua edizione Director’s Cut. Tuttavia, in questo caso, abbiamo testato la versione PC che non rappresenta un semplice “refresh” del capolavoro di Sucker Punch, ma un porting che introduce numerose novità, alcune delle quali fanno il loro esordio su computer proprio con Ghost of Tsushima.

Nonostante Nixxes abbia già dimostrato il suo valore, chi scrive si è approcciato al titolo dei PlayStation Studios con un certo scetticismo. Al Day 1 qualche intoppo è quasi inevitabile e la questione del cross-play in versione beta non faceva ben sperare per la modalità multiplayer.

Ebbene, Nixxes è riuscita a stupirmi in positivo come non accadeva da anni al rilascio di un nuovo – seppur tanto nuovo non sia – gioco. Naturalmente, in questa recensione approfondiremo tutti gli aspetti che caratterizzano la versione PC e che, a mio avviso, rendono Ghost of Tsushima un titolo da avere, anche se già divorato su PlayStation. Non tratteremo la storia che potete consultare in maniera approfondita nella recensione della versione PS5 della Director’s Cut.

La configurazione

Per provare il gioco e godere di tutti i miglioramenti che porta in dote questa nuova iterazione su PC ho sfruttato una build alimentata da un processore Ryzen 9 7950X abbinato a una scheda video Sapphire Radeon RX 7900 XTX. Il tutto accompagnato da 32 GB di memoria RAM DDR5-6000 CL30 e installato su una scheda madre ASUS ROG Crosshair X670E Extreme.

Come abbiamo potuto imparare negli ultimi anni, anche una configurazione top di gamma (purtroppo) non garantisce prestazioni ottimali. È per questo motivo che Ghost of Tsushima è riuscito a sorprendermi, poiché sin da subito ha mostrato prestazioni eccellenti a fronte di un comparto tecnico notevole.

Il Giappone feudale visto come mai prima d’ora

Una delle caratteristiche che apprezzo maggiormente dei titoli di Sony è senza dubbio il supporto ai monitor ultrawide e alle configurazioni multi-monitor. Ghost of Tsushima non fa eccezione, sia per quanto riguarda la campagna per giocatore singolo che il multiplayer.

Come ormai di consueto, ho condotto l’intera prova su un monitor Samsung Odyssey G9 e devo ammettere che è stata un’esperienza decisamente appagante. L’immersione nei paesaggi, nei combattimenti e perfino nelle cinematiche è stata davvero coinvolgente.

Il merito, ovviamente, non è da attribuire esclusivamente alla generosità del monitor, ma anche e soprattutto a una direzione artistica lodevole e ai miglioramenti apportati dai ragazzi di Nixxes che garantiscono un impatto visivo superiore anche a quanto visto con PS5.

Il team ha lavorato su ogni singola opzione grafica per elevare la spettacolarità dimostrata sulla console di Sony all’ennesima potenza. Su PC migliorano i riflessi, le ombre e, laddove l’hardware lo consenta, il livello di dettaglio generale e la risoluzione nativa. Inoltre, l’occlusione ambientale offre una seconda impostazione, XeGTAO di Intel, per risultati ancora migliori del tradizionale HBAO+.

A vantaggio del frame rate, però, ci sono tutte e tre le tecnologie di upscaling dei principali produttori di GPU: FSR 3, DLSS 3 e XeSS. Naturalmente, non abbiamo potuto testare il DLSS 3 con la nostra configurazione. Per quanto riguarda FSR 3, così come appurammo con Starfield, non è possibile scegliere tra Qualità, Prestazioni o Bilanciato, ma solo la risoluzione nativa per il rendering.

Ad ogni modo, il risultato è eccellente. Con una risoluzione del 75%, FSR 3 con Frame Generation attivo e il preset Super, il titolo viene eseguito a 150 fps con cali a 130 fps nelle aree più complesse e ricche di elementi a schermo. In ogni caso, l’esperienza è risultata sempre fluida, priva di artefatti e con una resa generale di grande impatto.

Anche i caricamenti sono repentini, forse con un piccolo gap rispetto a quanto avviene su PlayStation 5, ma si tratta di una differenza semplicemente trascurabile. Con un SSD Kingston Fury Renegade i viaggi rapidi richiedono all’incirca due secondi per il caricamento dell’area.

Per dovere di cronaca, segnaliamo che in rari casi abbiamo notato qualche leggero stuttering, ma si è trattato davvero di episodi sporadici e che non hanno influenzato l’esperienza generale. Inoltre – su oltre 50 ore di gioco sono stati meno di 10 – abbiamo riscontrato qualche crash con l’attivazione di FSR, ma problemi trascurabili che con gli ultimi update sembrano quasi svaniti del tutto (nessun episodio nelle ultime 15 ore di gameplay).

In estrema sintesi, Ghost of Tsushima vanta performance estremamente solide senza sacrificare il livello di dettaglio e un comparto tecnico di prim’ordine. Da questo punto di vista non possiamo che fare i complimenti al team di Nixxes per un lavoro superbo svolto con questo porting.

Ampio supporto ai controller, ma la mancanza del DualSense si fa sentire

Per quanto riguarda i comandi, dobbiamo ammettere che Ghost of Tsushima è uno di quegli action-adventure che si lascia apprezzare anche con mouse e tastiera. Tuttavia, il titolo dei PlayStation Studios estende il supporto a numerosi controller, oltre che al DualSense, incluso quello Xbox utilizzato per questa prova.

In generale l’esperienza con il pad di Microsoft non si discosta da quella con la controparte di Sony, ma dobbiamo ammettere che l’assenza del pannello touch si è fatta sentire. In particolare, per evocare il vento, bisogna premere la freccia direzionale destra e poi spingere in alto la levetta destra. Nulla di tragico, ma durante i percorsi a cavallo realizzare questa combinazione si è rivelata talvolta frustrante.

In sintesi, potrete utilizzare le periferiche che preferite senza grandi difficoltà e le configurazioni personalizzate della tastiera mai come in questo caso si rivelano una manna. Non possiamo fare a meno, però, di suggerirvi di sfruttare il controller di PlayStation 5 nel caso in cui ne aveste uno.

Una campagna immensa

Ghost of Tsushima è uno dei rari casi in cui c’è un bilanciamento ideale, dal punto di vista qualitativo, tra la campagna per giocatore singolo e le modalità multiplayer. Da un lato ci ritroviamo una campagna davvero immensa, con una varietà di missioni secondarie e attività complementari che riescono a distinguere il capolavoro di Sucker Punch da altre produzioni appartenenti al genere.

In realtà, lo studio di PlayStation sembra quasi omaggiare l’eredità di Assassin’s Creed, ma perfezionando tutto ciò che Ubisoft ha introdotto nel genere. La mappa è completamente oscurata e sarà necessario esplorarla nel dettaglio per apprezzarne tutti i segreti, con il vantaggio che quasi nessun punto di interesse somiglia a un altro già visitato.

Le sfide nel taglio delle canne di bambù, le arrampicate per raggiungere i santuari e la ricerca delle tane delle volpi rendono l’esplorazione sempre piacevole spezzando quella monotonia delle lunghe passeggiate attraverso i paesaggi – sempre spettacolari da ammirare. Dalla Foresta Dorata alle numerose cascate, il titolo di Sucker Punch lascia a bocca aperta anche quando ci limitiamo semplicemente a visitare le aree della mappa.

Una piccola critica va probabilmente all’intelligenza artificiale che non spicca, anche se risulta essere meno “perplimente” rispetto ad altre produzioni del genere. Difficilmente i nemici non ci noteranno se gli corriamo alle spalle e un numero elevato di avversari potrebbe costringere alla fuga.

In realtà in questo caso, qualche problemino lo ha causato il combat system. Sucker Punch ha optato per escludere un sistema di aggancio, motivo per cui sarà il personaggio in automatico a selezionare il bersaglio preferito ad ogni colpo. In generale funziona bene, ma talvolta ho avuto qualche difficoltà a gestire lo scontro a causa di un cambio target involontario e, quindi, fallendo alcuni attacchi. Nella modalità storia non ha avuto un grosso impatto sull’esperienza, ma quando si tratta della modalità Legends (che approfondiremo a breve) la situazione si è fatta un po’ più irritante.

Leggende: divertimento garantito fino a quattro giocatori

Leggende è il nome con cui i ragazzi di Sucker Punch hanno intitolato la modalità multigiocatore di Ghost of Tsushima. Devo riconoscere che l’attenzione dedicata ai contenuti online mi ha sorpreso. Legends è una componente che mette d’accordo tutti, giocatori competitivi e cooperativi, anche se l’azione si basa sulla collaborazione tra i compagni di squadra in tutti i casi.

Partendo dalle modalità puramente cooperative, Legends mette a disposizione Storia e Sopravvivenza. Nella prima fino a quattro giocatori possono completare alcune missioni della storia selezionandone la difficoltà. In sopravvivenza, invece, i quattro giocatori dovranno resistere a 15 ondate di nemici che tenteranno di conquistare tre zone di controllo.

In ultimo, c’è la modalità Rivali, che mette due squadre di due giocatori l’una contro l’altra. L’obiettivo è depositare per primi 65 unità di Magatama, rilasciato dai nemici uccisi, e completare prima dell’altra squadra le 3 ondate finali. Depositando il Magatama, i giocatori potranno disturbare l’azione degli avversari assegnando dei malus agli avversari, da boss e mini boss da battere fino a delle vere e proprie penalità.

Saranno quattro le classi a disposizione: Samurai, Ronin, Cacciatore e Assassino. All’avvio ci verrà chiesto di selezionarne una, ma progredendo in Legends potremo sbloccarle tutte. Ed è proprio il sistema di progressione a essere estremamente interessante.

 

L’obiettivo è aumentare il livello della nostra classe sbloccando nuovi equipaggiamenti. Questi ultimi si distinguono per rarità e bonus, ragioni per cui saremo chiamati a costruire una build che meglio si adatta al nostro stile di gioco. Inoltre, sbloccheremo componenti dal livello sempre più alto che aumenteranno il nostro Ki, consentendoci di fare più danni e avanzare tra i vari livelli di difficoltà.

Ogni modalità, infatti, può essere affrontata a uno dei quattro livelli: Bronzo, Argento, Oro e Platino. Per ognuno di questi sarà richiesto un livello minimo di Ki. Tuttavia, la maggior parte degli equipaggiamenti sono condivisi tra le classi, ragione per cui è piuttosto semplice far avanzare tutti i nostri personaggi senza dover ricominciare da capo la scalata con ognuno.

Nonostante questo, Legends non è una modalità che si esaurisce in breve tempo: il livello di sfida sempre più alto, la ricerca dell’equipaggiamento perfetto e le sfide per sbloccare i cosmetici generano un mix che tiene l’interesse verso un’altra partita sempre alto.

Conclusioni

C’è ben poco da aggiungere a quanto detto fin qui: Ghost of Tsushima è indiscutibilmente un capolavoro. Non stravolge il genere degli action-adventure, anzi mette da subito a proprio agio i giocatori che hanno amato saghe come Assassin’s Creed e The Witcher, con un albero delle abilità ben congeniato e ricco.

Tuttavia, l’opera di Sucker Punch riesce a ritagliarsi un proprio spazio offrendo elementi distintivi e un livello di sfida che, alle difficoltà più alte, gli consente di farsi apprezzare anche dagli amanti dei souls-like, pur mantenendosi fedele a un genere ben diverso.

A tutto ciò vanno aggiunte prestazioni eccellenti, una direzione artistica di prim’ordine e un’ampia varietà di contenuti capaci di garantire davvero tante ore di gioco senza mai risultare noioso, seppur le meccaniche appaiano un po’ ripetitive dopo qualche decina di ore.

In conclusione, Ghost of Tsushima è un gioco che non si può non consigliare a chiunque: è un viaggio profondamente immersivo ed estremamente variegato in un Giappone feudale ben ricostruito e piacevole anche solo da esplorare. D’altronde, i complimenti a Sucker Punch li avevamo già fatti, motivo per cui stavolta è a Nixxes che va l’elogio, la quale è riuscita a fornire un’esperienza perfino più appagante di quella a cui le console di Sony ci avevano abituato. Un lavoro egregio che non ha bisogno di essere descritto, ma solo giocato.

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