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L’importanza della ricarica rapida e perché serve uno standard unico: facciamo chiarezza

Author: Hardware Upgrade

Gli smartphone sono diventati una vera e propria estensione di noi stessi e negli ultimi anni sono stati compiuti passi in avanti enormi in termini di durata della batteria. Un aspetto su cui moltissimi produttori hanno investito parecchio è stato quello della velocità di ricarica, che sta emergendo come una tecnologia fondamentale per soddisfare le esigenze degli utenti moderni. C’è ancora parecchio lavoro da fare, però, sul definire uno standard unificato da implementare su tutti gli smartphone, che di fatto c’è già ma che all’atto pratico viene utilizzato solo imparte. Ma cosa si intende esattamente per ricarica rapida? E perché è così importante avere uno standard unificato? Facciamo chiarezza su questo tema sempre più rilevante.

I vantaggi della ricarica rapida

La ricarica rapida, in sostanza, è la capacità di un dispositivo di ricaricarsi a velocità nettamente superiori rispetto agli standard tradizionali utilizzati fino a pochi anni fa nei nostri telefoni cellulari. Mentre in passato potevano volerci ore per ricaricare completamente uno smartphone, oggi con le tecnologie più avanzate è possibile raggiungere il 100% anche in 30 minuti.

Questo risultato si ottiene aumentando la potenza erogata dal caricabatterie e l’evoluzione in questo campo è stata notevole negli ultimi anni. Si è passati dai 5W dei vecchi caricabatterie USB ai 25W e più (anche oltre 100W, in alcuni casi) supportati oggi dalla maggior parte degli smartphone di fascia media e alta. Alcuni produttori in particolare, soprattutto cinesi, hanno spinto l’acceleratore molto più a fondo: OnePlus, ad esempio, offre la ricarica a 100W sui suoi modelli più recenti, mentre brand come realme sono arrivati addirittura a 150W. Con queste potenze, è possibile ricaricare completamente un telefono in circa 20 minuti.

I vantaggi per l’utente sono evidenti. Poter ricaricare il proprio dispositivo in tempi così rapidi elimina l’ansia da batteria scarica e offre una flessibilità senza precedenti. Non serve più disporre di uno smartphone dall’autonomia infinita, ad esempio, anche perché – lo sappiamo bene – se ci mettiamo a giocare per un paio d’ore a un titolo pesante, anche una batteria da 5000mAh può risultare insoddisfacente. Grazie alla ricarica rapida, infatti, è possibile lasciare il telefono in carica per pochi minuti e ottenere diverse ore di autonomia, anche una giornata intera, anche dopo le sessioni di lavoro o svago più pesanti. Questo è particolarmente utile, ad esempio, quando si è di fretta o si ha bisogno di una ricarica veloce prima di uscire. Tuttavia, la situazione attuale presenta anche diverse criticità.

I problemi attuali della ricarica rapida

La frammentazione nel campo della ricarica rapida è evidente se si guarda alle diverse tecnologie proprietarie sviluppate dai principali produttori. Qualcomm, ad esempio, ha introdotto Quick Charge, giunto ormai alla versione 5, che promette di ricaricare al 50% una batteria in soli 5 minuti. MediaTek, dal canto suo, offre Pump Express, che supporta fino a 5A di corrente ed è compatibile con lo standard USB PD 3.0. OPPO ha sviluppato SUPERVOOC (Voltage Open Loop Multi-step Constant-Current Charging), che nella sua incarnazione più recente, può superare i 100W di potenza. La stessa tecnologia è utilizzata anche da OnePlus, realme e agli altri brand connessi a OPPO. Anche HONOR e HUAWEI hanno una tecnologia proprietaria, SuperCharge, fino a 66W.

Questa proliferazione di standard proprietari, sebbene abbia portato a notevoli progressi nella velocità di ricarica, ha creato infatti anche significativi problemi di compatibilità. Un caricabatterie progettato per la tecnologia SuperVOOC di OPPO, ad esempio, non sarà in grado di sfruttare le sue capacità di ricarica rapida con un dispositivo che supporta Quick Charge di Qualcomm, e viceversa. Il risultato è che, nonostante si possegga un caricabatterie ad alta potenza, questo potrebbe caricare lentamente un dispositivo non compatibile, limitandosi spesso a 5W o 10W.

Questa situazione non solo è frustrante per gli utenti limitando la loro possibilità di scelta (si è costretti a comprare dispositivi che supportano tutti lo stesso standard), ma contribuisce anche all’aumento dei rifiuti elettronici, poiché i consumatori sono costretti ad acquistare nuovi caricabatterie ogni volta che cambiano marca di smartphone. Inoltre, la mancanza di uno standard universale rende difficile per i produttori di accessori terzi sviluppare soluzioni di ricarica compatibili con tutti i dispositivi, limitando le opzioni disponibili per i consumatori e potenzialmente aumentando i costi.

Un altro problema è la disparità tra i vari produttori. Mentre alcuni brand offrono velocità di ricarica estreme, altri come Apple e Google sono rimasti più conservativi, limitandosi a potenze intorno ai 20-30W. Da non sottovalutare, proprio in considerazione di quest’ultimo aspetto, la sicurezza e della longevità delle batterie. Ricaricare a potenze così elevate genera inevitabilmente più calore, che potrebbe accelerare il degrado della batteria nel lungo periodo. I produttori assicurano di aver implementato sistemi di protezione avanzati, e le prove sul campo dimostrano che sono stati fatti notevoli passi in avanti in tal senso, ma si tratta di una questione che andrà monitorata nel corso di questi anni.

L’esigenza di uno standard unificato (che in realtà già c’è)

Di fronte a questo scenario, emerge con forza l’esigenza di uno standard unificato per la ricarica rapida. L’Unione Europea ha fatto un passo importante in questa direzione, imponendo l’adozione della porta USB-C come standard unico per tutti i dispositivi mobili entro la fine del 2024 puntando a ridurre i rifiuti elettronici e semplificare la vita dei consumatori.

Ma la vera svolta potrebbe arrivare con l’affermazione definitiva dello standard USB Power Delivery (USB PD). Questo protocollo, già supportato da molti dispositivi elettronici e non solo da smartphone, offre diversi vantaggi: è aperto e non proprietario, supporta un’ampia gamma di potenze (fino a 240W nella versione più recente) ed è retrocompatibile. Se tutti i produttori lo adottassero, si potrebbe finalmente avere un ecosistema di ricarica veramente universale.

L’adozione di uno standard unico porterebbe benefici a tutti gli attori coinvolti:

  • per i consumatori significherebbe poter utilizzare qualsiasi caricabatterie con qualsiasi dispositivo, senza preoccuparsi della compatibilità;
  • per i produttori si tradurrebbe in una semplificazione della progettazione e della produzione;
  • per l’ambiente comporterebbe una riduzione significativa dei rifiuti elettronici legati ai caricabatterie superflui.

Nonostante i vantaggi evidenti, ci sono ancora ostacoli da superare. Alcuni produttori potrebbero essere riluttanti ad abbandonare i propri standard proprietari, che spesso usano come elemento di differenziazione sul mercato. C’è poi la sfida tecnica di implementare velocità di ricarica estreme mantenendo la compatibilità con lo standard USB PD. Un altro aspetto da considerare è la ricarica wireless, che sta guadagnando popolarità e che probabilmente prima o poi soppianterà del tutto la ricarica via cavo. Anche in questo campo si sta lavorando a uno standard unificato, Qi2, che promette di migliorare l’efficienza e la compatibilità tra dispositivi di marche diverse.

La ricarica rapida è destinata comunque a diventare sempre più importante nell’ecosistema mobile: la possibilità di ricaricare il proprio smartphone in pochi minuti rappresenta un salto qualitativo nell’esperienza d’uso quotidiana ma, per sfruttare appieno il potenziale di questa tecnologia, è fondamentale superare la frammentazione attuale e convergere verso uno standard unico. USB Power Delivery è il candidato ideale per questo ruolo, e la sua adozione universale potrebbe finalmente portare ordine nel caos della ricarica rapida, offrendo ai consumatori un’esperienza semplice e uniforme indipendentemente dal dispositivo o dal marchio scelto.

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