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Inquinamento da microplastica: i numeri sono sottostimati

Author: redattore Rinnovabili

Uno studio del Plymouth Marine Laboratory mette in guardia sull’inquinamento da microplastica, aumentando le stime dell’intervallo: dalle 5-50 tonnellate di particelle alle 12-125 tonnellate.

Inquinamento da microplastica
Credits: Martin Str da Pixabay

Secondo un studio sull’inquinamento da microplastica, le concentrazioni superano le 3.700 particelle per m3

(Rinnovabili.it) – Nonostante molti studi mettano in allarme sulla quantità e la pericolosità dell’inquinamento da microplastica, secondo una ricerca del Plymouth Marine Laboratory (Regno Unito) è possibile che l’entità del fenomeno sia stata fortemente sottovalutata.

Attraverso un’analisi delle acque a largo delle coste della Gran Bretagna, i ricercatori hanno trovato il doppio della quantità di microplastica stimata. Usando delle reti con maglie molto più sottili rispetto a quelle normalmente utilizzate, si è scoperto che l’inquinamento da microplastica può raggiungere un intervallo superiore a quello previsto: dalle 5-50 tonnellate di particelle alle 12-125 tonnellate.

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È noto che l’inquinamento da plastica danneggia la fertilità, la crescita e la sopravvivenza della vita marina. Le particelle più piccole sono particolarmente pericolose, perché hanno le stesse dimensioni del cibo consumato dallo zooplancton. Lo zooplancton è composto da organismi animali alla base della catena alimentare marina e svolge un ruolo importante nella regolazione del clima globale.

I dati del Plymouth Marine Laboratory sull’inquinamento da microplastica suggeriscono che, in alcune aree marine, potrebbero esserci più particelle rispetto al numero di zooplancton. Il team ha utilizzavo reti con maglie di dimensioni di 100 µm, 333 µm e 500 µm. Nella rete da 100 µm, hanno trovato 2,5 volte più particelle rispetto alla rete da 333 e 10 volte di più rispetto alla rete da 500.

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“Facendo una stima, suggeriamo che le concentrazioni di microplastica potrebbero superare le 3.700 particelle per m3. Si tratta di un numero molto più altro rispetto a quello dello zooplancton”, ha sottolineato Pennie Lindeque del Plymouth Marine Laboratory.

Questo studio è in linea con quanto emerso da un’altra ricerca sull’inquinamento da microplastica nei fiumi. Pubblicato sulla rivista Global Change Biology, lo studio ha analizzato gli escrementi del merlo acquaiolo in 15 siti fluviali nel sud del Galles, scoprendo che i volatili ingurgitavano circa 200 pezzi di plastica al giorno della grandezza di 500 µm. Steve Ormerod, professore dell’Università di Cardiff, ha dichiarato: “In quasi 40 anni di ricerche su fiumi, non avrei mai immaginato che un giorno il nostro lavoro avrebbe rivelato che questi spettacolari uccelli sarebbero stati a rischio dall’ingestione di materie plastiche.

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Superbonus 110%: “operativo in un mese e mezzo”, guardando già a oltre il 2021


Author: Lorenzo Vallecchi QualEnergia.it

L’efficacia dello misure di stimolo economico e salvaguardia ambientale introdotte con la detrazione fiscale del 110%, battezzata “Superbonus“, delle spese per l’efficientamento energetico, dipende in larga misure dal vincere tre sfide: semplificare la burocrazia, poter accedere facilmente al credito e riqualificare non solo gli edifici ma le imprese di costruzione, le quali devono capire che “i lavori si devono fare a regola d’arte, con progettualità e qualità.”

Da questo dipenderà in gran parte la possibilità di estendere il super-ecobonus anche al 2022.

Lo ha detto Riccardo Fraccaro, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, in un webinar organizzato da Italia Solare sulle opportunità che il Decreto Rilancio offre al settore fotovoltaico (anche QualEnergia.it ha organizzato per i propri abbonati un approfondimento online sulla misura, per mercoledì prossimo, 27 maggio).

Vista la generosità delle detrazioni fiscali del 110%, che consentono sostanzialmente ai proprietari di immobili di rifarsi la casa gratis, pagata dalla collettività, “deve essere un progetto di qualità, un progetto sistemico, non un modo per speculare, perché altrimenti fra sei mesi ci ritroveremo qui a dirci, abbiamo fallito, perché gli italiani ne hanno approfittato e si sono fatti i propri interessi e non gli interessi di tutti,” ha detto Fraccaro.

Dal punto di vista dell’operatività, per mettere in moto il complesso ingranaggio in cui contribuenti, imprese impiantistiche, banche e Agenzia delle Entrate dovranno muoversi con la migliore sincronia possibile ci vorrà un po’ di tempo, ha detto Fraccaro.

“Il mercato in questo momento è sostanzialmente fermo, già c’era ovviamente un fermo dovuto a quello che è successo [col blocco delle attività causato dalla pandemia], adesso perché sono tutti in attesa di questo decreto. La cosa importante è la velocità, i tempi per tutti i provvedimenti attuativi, dal punto di vista fiscale e degli eventuali accordi con le banche. Chiediamo davvero la massima celerità,” ha detto il Presidente di Italia Solare, Paolo Rocco Viscontini.

Secondo Fraccaro, ci vorrà circa un mese, un mese e mezzo prima che il meccanismo possa essere pronto dal punto di vista legislativo.

“Abbiamo un mese, un mese e mezzo di tempo, dopo di che dobbiamo partire da subito. La mia idea è preparare tutto il terreno: Agenzia delle Entrate, almeno le banche grosse che siano subito pronte con un prodotto per le aziende, e il MiSe con tutti i decreti attuativi; un tempo per avere tutto pronto e partire, soprattutto dando grande chiarezza agli operatori, così che sappiano cosa devono fare,” ha detto il Sottosegretario.

“È evidente che comunque ci sarà un problema di mercato fermo questo periodo, con l’obiettivo di farlo esplodere subito dopo; è difficile immaginare un’alternativa” a questa tempistica o un’altra soluzione per quei clienti che sono in attesa o per quei progetti che ancora non sono stati avviati in pieno, ha aggiunto il Sottosegretario.

Fraccaro ha suggerito agli operatori di sfruttare questo mese e mezzo per prepararsi a loro volta.

“Le aziende devono iniziare a parlare con gli amministratori di condominio per accaparrarsi la fiducia e organizzarsi, devono avere un pacchetto sistemico completo, devono avere o accordarsi con l’ingegnere che deve asseverare, che deve avere la polizza assicurativa, devono avere il tecnico che dal punto di vista fiscale conosca la situazione, devono avere quello che gli fa la diagnosi energetica, dovranno iniziare a parlare con le banche, tenersi pronti su tutta una serie di fronti; quindi è un mese, un mese e mezzo in cui tutti dovranno organizzarsi per essere pronti a partire dal giorno dopo l’avvio formale del decreto,” ha detto Fraccaro.

Viscontini ha fatto poi notare che un anno e mezzo di durata delle detrazioni fiscali non è un tempo molto lungo per delle aziende che devono decidere se e quanto investire in una programmazione anche solo di medio termine.

“Sì adesso c’è tanto lavoro però cosa succede il 1° gennaio 2022? Un’azienda ci pensa prima di investire e assumere; quindi se si riesce a immaginare un decalage, una riduzione progressiva dell’incentivo, in modo da cercare di dare una visione di medio periodo almeno, non solo di breve, perché dal punto di vista aziendale un anno e mezzo e un periodo davvero breve, proprio per far sì che simili provvedimenti abbiano un impatto strutturale sull’economia e sull’organizzazione delle aziende, per quello che poi credo sia uno degli obiettivi importanti anche per il governo e lo sviluppo economico del Paese,” ha detto il Presidente di Italia Solare.

Fraccaro ha a sua volta fatto notare che, per approvare il decreto, il governo ha dovuto fare delle “battaglie importanti con tutti i settori del sistema paese più conservativi” e che il super eco-bonus rappresenta un passaggio chiave per dare veramente nuovo impulso all’economia italiana.

Dal superamento di questo banco di prova, dipende anche la possibilità di prorogare le detrazioni fiscali del 110% anche oltre la loro scadenza prestabilita, concedendo veramente alle imprese quell’orizzonte temporale di almeno medio termine di cui hanno bisogno.

“Se noi dimostriamo insieme che questo è il vero modello per rilanciare l’economia, poi è più facile anche per me dire di estenderlo al 2022, così avremo un 2021 di vero rilancio,” ha detto il sottosegretario.

“La vera sfida è dimostrare che il modello funziona e che quindi non mi puoi dire di no, perché è l’unica strada da seguire visto che tutte le ricette precedenti hanno fallito; questa invece funziona e se funziona io mi posso giocare il modello anche come modello economico,” ha concluso Fraccaro.

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Inaugurato Kö-Bogen II e la facciata verde più grande d’Europa

Author: redattore2 Rinnovabili

Nuovo e virtuoso esempio di architettura verde, il Kö-Bogen II di Düsseldorf ha trasformato il centro cittadino. Firmato Ingenhoven Architects, l’imponente edifico è rivestito da oltre 8 km di siepi

Architettura verde
Credits: Ingenhoven Architects

Oltre 30.000 siepi che avvolgono il complesso si aggiudicano il titolo di “facciata verde più grande d’Europa”

(Rinnovabili.it) –  La facciata verde più grande d’Europa? Sorge a Düsseldorf, la capitale della Renania Settentrionale-Vestfalia. La città tedesca ha recentemente inaugurato Kö-Bogen 2, prezioso progetto di bioedilizia firmato dallo studio Ingenhoven Architects. L’opera era stata commissionata dalla municipalità nel 2014, attraverso una competizione internazionale di design urbano. L’obiettivo era quello di riqualificare la zona dove una volta sorgeva la grande sopraelevata che tagliava il centro cittadino. E dopo 4 anni di lavoro – il cantiere fu aperto a marzo 2016 – Düsseldorf può godere oggi del suo nuovo gioiello di greenbuilding.

L’opera, un enorme complesso che ospita spazi commerciali, ristoranti e uffici, è caratterizzata da una sorta di seconda pelle vegetale. Le pareti esterne e il tetto ospitano, infatti, oltre 30.000 piante. E gli 8 km di siepi di carpino bianco che avvolgono la struttura regalano a Kö-Bogen II la facciata verde più grande d’Europa.

Il design generale del progetto si ispira al movimento Land Art, spiegano gli architetti. Il complesso è costituito da un grande edificio principale e uno più piccolo adiacente adiacente, anch’esso coperto di vegetazione ed inclinato verso il suolo per consentire ai passanti di accedere facilmente al tetto. “Rappresenta anche un cambio di paradigma: dal punto di vista urbano, segna l’abbandono dell’era automobilistica e una svolta verso una pianificazione orientata alle persone. E con la più grande facciata verde d’Europa, offre una risposta urbana ai cambiamenti climatici”, scrive lo studio sul proprio sito web.

Le piante sono state inizialmente coltivate in un vivaio in modo da poter essere consegnate con le radici completamente sviluppate. Ovviamente, è stata selezionata una varietà in grado di resistere a diverse condizione climatiche e meteorologiche.

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Il carpino è stato scelto come legno nativo e le varietà selezionate mantengono le foglie in inverno“, spiega Ingenhoven Architects. “In primavera le siepi luccicano con il loro fogliame fresco e verde chiaro, che diventa più intenso e scuro in estate, poi marrone e dorato in autunno”. Non si tratta in ogni caso di sola estetica. “Questa vegetazione – aggiungono i progettisti – migliora il microclima della città, protegge dai raggi del sole in estate e riduce il calore urbano. Cattura l’anidride carbonica, immagazzina umidità, assorbe l’inquinamento acustico e sostiene la biodiversità. Il vantaggio ecologico delle siepi di carpino equivale a quello di circa 80 alberi completamente sviluppati”. 

Naturalmente, si renderà necessaria una significativa e continua manutenzione – le siepi, per esempio, andranno potate almeno tre volte l’anno – ma tutto è stato studiato per consentire il massimo dell’automatismo. L’acqua piovana sarà raccolta sul tetto e utilizzata per l’irrigazione, mentre un particolare sistema di approvvigionamento idrico dotato di appositi sensori assicurerà alla vegetazione tutta l’acqua necessaria anche durante i periodi meno piovosi. 

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Rapporto mensile Terna – aprile 2020


Author: Leonardo Berlen QualEnergia.it

22 Maggio 2020

Scarica pdf Autore: Terna Data di pubblicazione: maggio 2020 Pagine: 29 Il documento è collegato all’articolo:

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Batterie usate, dalle e-car ai grandi impianti fotovoltaici

Author: stefania Rinnovabili

Uno studio del MIT mostra come i progetti di riutilizzo delle vecchie batterie potrebbero portare benefici economici sia ai produttori auto che ai parchi solari su scala utility

batterie usate auto elettrica
By Gereon Meyer – Own work, CC BY-SA 4.0, Link

Riutilizzare le batterie usate dei veicoli elettrici nei grandi impianti fv è l’opzione più conveniente

(Rinnovabili.it) – Il progressivo aumento dei veicoli elettrici al livello mondiale porterà tra le prime conseguenze un’ondata di batterie usate. Un‘enorme quantità di dispositivi d’accumulo le cui prestazioni non sono più sufficienti a garantire autonomia e accelerazioni affidabili ai mezzi. Nonostante ciò, la loro fine vita è ancora lontana e il riciclo potrebbe quindi non esser la migliore opzione. A dimostrarlo è oggi un nuovo studio del MIT secondo cui l’opzione di recupero potrebbe svolgere per oltre un decennio un ruolo importante nello storage di rete.

La ricerca, pubblicato sulla rivista Applied Energy (testo in inglese), ha valutato le potenzialità delle batterie usate delle e-car in un ipotetico impianto fotovoltaico allacciato alle rete californiana. Nel dettaglio, gli scienziati hanno elaborato 3 differenti scenari economici: la realizzazione di una centrale solare da 2,5 MW; la realizzazione della stessa centrale ma integrando un sistema di nuove batterie al litio; la costruzione dell’impianto integrando batterie recuperate, con una capacità all’80% rispetto a quella originale. 

Il risultato? Un sistema basato su batterie usate potrebbe essere un buon investimento, purché queste ultime costino meno del 60% del loro prezzo originale.

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Il lavoro potrebbe sembrare semplice, ma modellare lo studio su scala utility non lo è affatto. “Ci sono molti problemi a livello tecnico”, spiega il ricercatore Ian Mathews. “Come selezionare le batterie delle auto per assicurarci che siano abbastanza buone per essere riutilizzate? Come metterle insieme quando provenienti da macchine diverse per garantire che funzionino bene?”

Molte domande riguardano prettamente il lato economico. “Siamo sicuri che queste batterie abbiano ancora un valore sufficiente per giustificare il costo di prenderle dalle auto, stoccarle, controllarle e riconfezionarle in una nuova applicazione?” O ancora, quanto a lungo possono funzionare utilmente nella loro seconda vita?

La nuova ricerca è riuscita a dare una risposta a tutti questi interrogativi.

Il team ha utilizzato un modello semiempirico di degradazione della batteria, realizzato utilizzando dati misurati, per prevedere la perdita della capacità in diverse condizioni operative. Ha così scoperto che le batterie al litio potevano raggiungere la massima durata e valore operando in cicli di carica e scarica relativamente “delicati”: mai oltre il 65% della carica completa o sotto il 15%. 

Ovviamente l’economia reale di un progetto potrebbe variare ampiamente a seconda di fattori specifici come, ad esempio, le normative locali. Nonostante ciò il case study sulla California vuole essere un primo grande esempio su cui ragionare. “Molti stati stanno davvero iniziando a capire i vantaggi che l’accumulo può offrire”, afferma Mathews. “E questo dimostra solo che dovrebbero avere un bonus che in qualche modo incorpori le batterie usate nelle loro normative”.

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