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La Thailandia vieta l’uso di pesticidi pericolosi e gli USA minacciano ritorsioni

Author: redattore2 Rinnovabili

pesticidi

Credit: Pixabay

La nazione indocinese non si fa intimorire dalle minacce USA: pesticidi come Paraquat, Glifosato e Clorpirifos rappresentano un rischio per la salute pubblica

(Rinnovabili.it) – Il governo thailandese ha annunciato l’intenzione di vietare i pesticidi Paraquat, Glifosato e Clorpirifos entro il 1 dicembre 2019, ma la mossa non è piaciuta tutti. A non gradire sono stati gli Stati Uniti che, insistendo per convincere il Governo a non applicare i divieti previsti, hanno minacciato Bangkok con la leva commerciale.

In una serie di lettere inviate dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) al Primo Ministro della Thailandia, i funzionari USA hanno accusato il Governo thailandese di aver preso decisioni drastiche contro il glifosate senza evidenti dati scientifici, ventilando l’ipotesi – qualora i divieti dovessero entrare in vigore – di un netto calo delle importazioni statunitensi di soia, grano ed altre colture. 

La Thailandia non s’è fatta però intimorire, confermando le proprie intenzioni e rispondendo con fermezza alle intimidazioni USA: “Il nostro compito – ha detto a Reuters il ministro della sanità pubblica  Anutin Charnvirakul – è quello di prenderci cura della salute delle persone”. 

>>leggi anche La lista nera Monsanto: censiti 600 nomi tra favorevoli e contrari al glifosato<<

La scelta della nazione indocinese è in linea con le politiche già sottoscritte da molti Paesi europei, che già hanno preso provvedimenti per vietare – o limitare – l’uso di pesticidi come il glifosato, ingrediente attivo del Roundup Monsanto e classificato dall’Organizzazione mondiale della sanità come “probabile cancerogeno”. Non è dello stesso avviso l’EPA americana (Environmental Protection Agency) che, contraddicendo l’OMS, ha decretato il discusso erbicida non cancerogeno, mantenendo la posizione già assunta nel 2017.

Altrettanto controverso è il Clorpirifos, insetticida responsabile, secondo diversi studi scientifici, di danneggiare lo sviluppo cerebrale dei bambini. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha recentemente fornito un parare negativo sul rinnovo dell’autorizzazione al suo utilizzo sul suolo comunitario, discostandosi, di nuovo, dalle politiche degli Stati Uniti, dove il suo utilizzo è pienamente concesso e da dove, paradossalmente, arriva una buona parte delle ricerche a sostegno della correlazione tra l’esposizione al Clorpirifos e l’insorgenza di patologie per donne in gravidanza, neonati e bambini. 

Discorso analogo per l’erbicida Paraquat, bandito in Europa dal 2007 a causa della forte evidenza di danni alla salute umana – inclusi collegamenti ad un aumentato rischio di Parkinson – ma, anche in questo caso, concesso negli Stati Uniti.

>>Leggi anche: “Vietati in Ue ma usati in Brasile e USA: quali limiti per i pesticidi”<<

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Manutenzione impianti in bassa tensione, bando del Ministero della Difesa


Author: piantanida QualEnergia.it

Il Ministero della Difesa apre un’indagine di mercato per la manutenzione ordinaria secondo la norma CEI 0-10 e relativa certificazione secondo la medesima norma degli impianti in BT dell’Arsenale MM La Spezia. Id negoziazione: 2442557 Importo: 84.700 euro Scadenza: 3 dicembre 2019 Il bando

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ISF Forestry Crime Project: WWF e INTERPOL insieme contro il crimine ambientale

Author: redattore2 Rinnovabili

In termini finanziari, il crimine ambientale risulta il terzo settore illegale più redditizio al mondo, con un giro d’affari nel 2018 stimato tra i 110 e i 281 mld

(Rinnovabili.it) – Il WWF e l’International Criminal Police Organization (INTERPOL) hanno annunciato una rete di partenariato che riunirà le forze dell’ordine statali, le organizzazioni ambientaliste e gli esperti forestali al fine di “aggiornare i meccanismi di lotta alla criminalità forestale”.
Durante l’incontro per la definizione del progetto, l’INTERPOL ha informato che in termini finanziari quello ambientale risulta ad oggi il terzo settore criminale più grande al mondo. Solo nel 2018, il giro d’affari criminosi ammontava a circa 110-281 miliardi di dollari, di cui 51-152 miliardi derivanti da pratiche di disboscamento illegale.

Il crimine ambientale, incluso quello strettamente forestale, risulta oggi un problema internazionale. Abbiamo lanciato il progetto ISF Forestry Crime Project con il sostegno dell’Unione Europea per coordinare sforzi ed esperienza di INTERPOL, WWF e autorità giudiziarie dell’Europa centrale e orientale”, ha spiegato Johannes Zahnen di WWF Germania. “I risultati di questo lavoro congiunto fungeranno da base per la formazione di polizia, funzionari doganali, autorità ambientali, pubblici ministeri e giudici”. 

>>Leggi anche: “La FAO annuncia un nuovo piano per il monitoraggio delle foreste”<<

L’INTERPOL ha registrato gravi violazioni – disboscamento illegale, corruzione, evasione fiscale e riciclaggio di denaro – in tutta la filiera del legno, dal trasporto alla lavorazione, fino all’esportazione dei prodotti finiti.
Per combattere questo tipo di criminalità, gli agenti dell’Organizzazione utilizzano generalmente un approccio inter-agenzia, svolgendo azioni investigative a diversi livelli e supportando quando necessario le indagini avviate delle forze dell’ordine locali. 

Il progetto permetterà una migliore coordinazione di tutte le parti in causa, facilitando sia le operazioni di indagine che di accertamento del crimine ambientale: “Spesso – ha evidenziato Zahnen – risulta molto difficile conoscere la provenienza esatta di una materia prima (in questo caso il legname) se ottenuta illegalmente, soprattutto quando accompagnata da documenti falsi. In laboratorio, tuttavia, possiamo ottenere le informazioni di cui necessitiamo, come appunto la varietà o la provenienza, attraverso l’analisi del materiale. Ciò si è già dimostrato essere un aiuto fondamentale per le forze dell’ordine, i pubblici ministeri e i giudici” 

Alcuni dei più recenti metodi di ricerca, come l’analisi delle immagini satellitari e l’analisi del DNA e degli isotopi nel legno, sono infatti già stati applicati in Ucraina. “Durante l’implementazione del Forest Watch Project – ha spiegato Dmytro Karabchuk di WWF Ucraina -, i nostri esperti hanno per esempio accertato operazioni illegali attraverso l’utilizzo di fotografie satellitari multi-tempo o l’analisi comparativa di immagini, mappe forestali e permessi ufficialmente concessi”. 

Tuttavia, simili operazioni contro il crimine ambientale e forestale risultano ad oggi inattuabili in molti paesi europei a causa, anche, di difformità e carenze legislative: secondo l’organizzazione ambientale non governativa Client Earth, addirittura 28 Paesi dell’Ue dovrebbero modificare la loro legislazione al fine di facilitare l’implementazione di metodi congiunti e pratiche come quelle sopra descritte. In particolare, sottolinea l’organizzazione, in fatto di crimine ambientale, la proporzionalità delle sanzioni dovrebbe essere equiparata in modo tale che per la stessa violazione non sia prevista, come è oggi, una multa di 100.000 euro in un Paese e di oltre un milione di euro in un altro. 

>>Leggi anche: “Tutela delle foreste, nuove indicazioni dalle ONG”<<

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Manutenzione impianti di pubblica illuminazione, bando Alzate Brianza (CO)


Author: piantanida QualEnergia.it

Il Comune di Alzate Brianza (CO) appalta l’esercizio e la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di pubblica illuminazione esistenti sul territorio del comune per il periodo 01/01/2020 – 31/12/2020 con opzione di prosecuzione per ulteriori 12 mesi. Importo: 56.584 euro Scadenza: 28 novembre 2019 Il bando  

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Solo 13 su 132 big energetici hanno un obiettivo zero emissioni

Author: stefania Rinnovabili

obiettivo zero emissioni

Foto di Thomas H. da Pixabay

Ci sono anche le italiane Enel ed Eni tre la compagnie che si sono date un obiettivo zero emissioni

(Rinnovabili.it)  Quattro anni dopo la firma dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, il settore energetico globale non ha ancora prodotto risultati sufficienti nella lotta alle emissioni di gas serra. Una inazione preoccupante resa ancora più chiara dall’indagine svolta dalla London School of Economics, in collaborazione con l’Università di Oxford e la Transition Pathway Initiative. I ricercati hanno studiato i più grandi gruppi energetici al mondo scoprendo che, di 132 società quotate in borsa e attive nel settore elettrico e dei combustibili fossili, solo 13 hanno un obiettivo zero emissioni. Nel dettaglio il team ha passato al vaglio le divulgazioni pubbliche di 20 imprese carbonifere, 62 società elettriche e 50 compagnie petrolifere e del gas. Il risultato? Solo tre compagnie minerarie (BHP Billington, Exxaro Resources e South32), nove elettriche (CEZ, EDF, Endesa, Enel, E.On, Iberdrola, National Grid, Ørsted e XCEL Energy) e un produttore di petrolio e gas (Eni) hanno fissato una data entro la quale annulleranno le emissioni associate ad almeno una delle loro attività principali.

Di queste tredici, nove si sono assegnate come scadenza ultima il 2050, mentre per le rimanenti quattro la data varia tra il 2025 e il 2030.

>>Leggi anche L’energia elettrica rinnovabile può superare il 50% in Europa entro il 2030<<

Anche la portata degli impegni delle società varia. Sebbene tutte e tredici queste realtà si siano formalmente impegnate a raggiungere l’obiettivo zero emissioni nette “dirette” (quelle prodotte direttamente dall’estrazione di carbone, petrolio o gas o generazione di elettricità), solo tre società hanno incluso nel calcolo anche i gas serra indiretti (come ad esempio le perdite di metano dai siti di estrazione o dalle infrastrutture di trasporto – leggi anche Sorvegliando le emissioni di metano: il nuovo tracciatore della IEA).

Il professor Cameron Hepburn, direttore della Smith School of Enterprise and the Environment, dell’Università di Oxford, ha commentato: “A quattro anni dalla firma dell’Accordo di Parigi, i nostri risultati mostrano che la maggior parte delle più grandi compagnie energetiche del mondo deve ancora sviluppare piani conformi a uno dei suoi obiettivi chiave: eliminare le emissioni nette di anidride carbonica nei prossimi tre decenni. Ciò espone gli investitori a rischi finanziari significativi poiché l’attuazione dell’accordo di Parigi comporta la riduzione delle risorse inquinanti”.

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