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Quattro innovazioni tecnologiche che trasformeranno l’energia

Author: stefania Rinnovabili

IRENA pubblica nuovi brief sulle innovazioni tecnologiche per eolico e fotovoltaico

(Rinnovabili.it) – Sotto l’incessante necessità di decarbonizzare il Pianeta, entro il 2050 oltre il 60% della produzione totale di energia potrebbe provenire da fonti eoliche e solari. Secondo IRENA, l’agenzia internazionale delle energie rinnovabili, a rendere possibile questa massiccia penetrazione delle fer non programmabili saranno in particolar modo quattro innovazioni tecnologiche: intelligenza artificiale, big data, IoT e accumulo a batterie, sia mobile che stazionario.

Per fornire un  quadro preciso sui contributi dei singoli settori alla trasformazione energetica, l’Agenzia ha rilasciato in questi giorni alcuni brief dedicati alle soluzioni in questione. “È necessario un approccio sistemico che combini tecnologia con nuovi modelli di business, supporto alla struttura di mercato e funzionamento efficiente del sistema, per creare soluzioni”, spiega il direttore generale di IRENA, Francesco La Camera. “Queste soluzioni devono essere implementate in modo coerente attraverso un’attenta pianificazione e un’elaborazione intelligente delle politiche. Solo la combinazione di innovazioni e azioni in tutte queste dimensioni porterà progressi reali. La buona notizia è che abbiamo già molti degli strumenti di cui abbiamo bisogno per decarbonizzare l’economia”.

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Nel dettaglio i brief forniscono una panoramica di come le tecnologie digitali possano (e in molti casi lo stiano già facendo) aumentare la flessibilità nel sistema elettrico per una maggiore integrazione delle energie rinnovabili.

Le innovazioni tecnologiche sono:

Intelligenza artificiale e big data – Dagli assistenti virtuali al riconoscimento delle immagini passando per una miriade di altri usi, l’intelligenza artificiale (AI) sta giocando un ruolo sempre più importante nella vita moderna. La maggior parte dei progressi attualmente supportati dall’AI è stata nelle previsioni meteorologiche e nella manutenzione predittiva. In futuro, il settore migliorerà ulteriormente il processo decisionale e la pianificazione, il monitoraggio delle condizioni, le ispezioni, le certificazioni e l’ottimizzazione della catena di approvvigionamento aumentando l’efficienza dei sistemi energetici. Brief Artificial Intelligence and Big Data.

Internet of things (IoT) – La digitalizzazione è un amplificatore chiave della trasformazione del settore energetico dal momento che consente di gestire grandi quantità di dati e di ottimizzare sistemi sempre più complessi. Termostati, illuminazione e monitoraggio e controlli dell’energia sono sempre più integrati con dispositivi intelligenti connessi a Internet che possono essere controllati da remoto tramite smartphone. In questo contesto, esiste anche un grande potenziale, in particolare nello sblocco di una maggiore flessibilità nei sistemi di alimentazione attraverso la gestione dal lato della domanda. Il controllo automatizzato delle fonti di energia distribuite e la loro aggregazione in centrali elettriche virtuali, infatti, è in grado di supportare il funzionamento della rete, bilanciando l’intermittenza e regolando i flussi di energia. Brief Internet of Things.

Batterie – I sistemi di accumulo a batterie stanno emergendo come una delle potenziali soluzioni per aumentare la flessibilità del sistema energetico, grazie alla loro capacità unica di assorbire, trattenere e quindi reintegrare rapidamente l’elettricità. Ciò ovviamente non vale solo per i grandi impianti lato utility ma anche per i sistemi degli utenti, i cosiddetti behind-the-meter (BTM). In particolare le batterie BTM aiutano l’integrazione della produzione locale di energia rinnovabile massimizzando l’autoconsumo e le sue entrate; inoltre forniscono supporto di tensione e frequenza, nonché altri servizi, agli operatori di sistema per poter aumentare i volumi di rinnovabili non programmabili immessi in rete. Brief Utility-scale batteries e Behind-the-meter batteries.

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Energia

Fornitura energia rinnovabile, bando ad Assago (MI)


Author: Giorgia Piantanida QualEnergia.it

Il Comune di Assago (MI) appalta la fornitura di energia elettrica da fonte rinnovabile in regime di libero mercato per le utenze alimentate in media e bassa tensione delle società aderenti a water alliance acque di lombardia. Importo: 67.288.910 euro Scadenza: 4 ottobre 2019 Il bando

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Energia

Climate Change: che cosa significa la frase “Rimangono solo 12 anni per salvare il Mondo”

Author: stefania Rinnovabili

climate change

Credit: geralt – Pixabay License

(Rinnovabili.it) – Il climate change è un fatto destinato ad influenzare sempre più l’esistenza umana nei prossimi anni. Movimenti giovanili d’opinione come FridaysForFuture ed ExtinctionRebellion, insieme a figure come quella dell’attivista svedese Greta Thünberg, hanno contribuito a porre l’emergenza climatica al centro dell’agenda politica globale e del dibattito pubblico. Si tratta di un discreto passo avanti, considerando che fino a pochi mesi fa di questo argomento dibattevano solamente gli addetti ai lavori.

L’origine della frase ricorrente

Talvolta durante le manifestazioni per la difesa dell’ambiente, capita di leggere frasi ricorsive scritte in varie lingue in cima ai cartelli di cartone colorati portati dai ragazzi. Quasi tutte hanno un denominatore comune: “Bisogna agire adesso!”, “Rimangono solo 12 anni per salvare il Pianeta”. È la cosiddetta “12 years narrative”: un insieme di frasi opportunamente semplificate, adatte ad ambienti non accademici e vagamente sloganistiche, ma che tuttavia – come vedremo – sono dotate di significato e di legittimità scientifica.

Va sottolineato che questa narrazione non è confinata alle manifestazioni ed agli scioperi per il clima e non sta solamente sulle bocche dei millennials che le animano. La grande stampa globale, così come i più importanti opinion makers social e televisivi l’hanno abbracciata sistematicamente, senza chiedersi troppo che cosa significasse. Lo stesso Senatore Democratico USA Bernie Sanders l’ha addirittura posta (encomiabilmente) al centro della sua campagna per la corsa alle Presidenziali 2020, sostenendo: “se vogliamo continuare a vivere su un Pianeta sano ed abitabile, rimangono meno di 11 anni per completare la transizione energetica da fossile a rinnovabile, migliorare l’efficienza ed agire contro il climate change”.

Ma qual è la ratio? Su quale criterio poggia questo usato ed abusato concetto degli 11 (o 12) anni rimasti? C’è un timer da qualche parte?

In realtà questa idea comincia a circolare nell’Ottobre 2018, quando l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)  realizza il suo quindicesimo Special Report (SR15), intitolato “Global Warming of 1.5 °C”. Nel rapporto, l’Istituzione Scientifica delle Nazioni Unite spiega quali sono le azioni globali da intraprendere per mantenere il riscaldamento globale al di sotto degli 1.5 °C rispetto ai livelli preindustriali (l’obiettivo primario dell’Accordo di Parigi del 2015).

I numeri principali di SR15, Global Warming of 1.5 °C, 2018

Il report, basato su più di 6000 studi scientifici, redatto da 133 tra i massimi scienziati provenienti da 40 Paesi del Mondo e validato da 1133 reviwers, conta in tutto 630 pagine; tuttavia le conclusioni che ne derivano possono essere riassunte piuttosto brevemente:

  • date le condizioni attuali di crescita economica globale, sfruttamento del suolo e del sistema energetico, il superamento degli 1.5 °C di global warming è “virtualmente certo” e giungerà entro un periodo di tempo cha va dal 2030 al 2052;

  • per evitare che questo accada, sarebbe necessario entro il 2030 un taglio di emissioni di gas serra del 55% rispetto ai valori del 2017 (53.5 GtCO2eq) e del 100% (il che significa arrivare a 0 GtCO2eq nette emesse), entro il 2050;
  • concretamente ciò si tradurrebbe in una riduzione drastica del peso del carbone e del petrolio sull’energy mix mondiale (rispettivamente del 59-78% e del 47-79% entro il 2030).

Ecco quindi la ricorsività dell’anno 2030 – che è un target di medio periodo posto come riferimento da IPCC – e di conseguenza l’origine dei 12 anni rimasti (nel 2018 ne mancavano appunto 12, ora 11).

Si noti che il traguardo oggetto del report di IPCC è in realtà l’eliminazione totale delle emissioni climalteranti posto invece sul lungo periodo (2050). L’anno 2030 sarà però un termometro fondamentale per capire a che punto saremo arrivati. In effetti l’enorme trasformazione dei settori Industria, Trasporti ed Energia necessaria per non rendere inabitabile il Pianeta che popoliamo dovrebbe partire immediatamente e svilupparsi esponenzialmente proprio nel decennio ’20-’30.

Su che base scientifica proprio il 2030?

I complessi modelli climatici che permettono agli scienziati di elaborare stime per il futuro con elevati gradi di precisione, si basano niente altro che sulla termodinamica e mettono in diretta relazione le emissioni di anidride carbonica (CO2) e degli altri Greenhouse Gases (GHGs), con l’aumento del calore immagazzinato dalla Terra tramite Effetto Serra. Quanta più CO2 emettiamo, tanto più aumenta l’azione dell’effetto serra e conseguentemente il calore immagazzinato in atmosfera. Nota l’entità del riscaldamento, si misura il conseguente innalzamento della temperatura globale media. In questo modo è possibile valutare con un ridotto errore relativo la quantità di CO2 che può ancora essere emessa prima che si ecceda un certo valore di global warming (stabilito in 1.5 °C rispetto al periodo 1850-1900). Questo margine è il cosiddetto Carbon Budget: una specie di voucher rimasto da spendere al Pianeta in termini di emissioni ed inquinamento.

A questo punto l’IPCC stima la quota limite di energia da fonte fossile – carbone, petrolio e gas naturale – corrispondente al carbon budget residuo che può essere ancora prodotta. Essa non va superata, ovvero: anche un solo kWh in più da fonti non carbon-free, renderebbe più probabile e più vicino nel tempo il superamento del vincolo dell’Accordo di Parigi di 1.5 °C. IPCC considera infine diverse vie (dette glide-paths), attraverso cui raggiungere questo obiettivo, la più realistica delle quali è appunto quella che considera il 2030 come anno di riferimento per la drastica trasformazione del sistema energetico ed economico necessaria.

Usare ma non abusare

La Fisica fin qui vista viene di norma tradotta per i non addetti ai lavori in “entro il 2030 occorre dimezzare le emissioni”, metabolizzata dal dibattito ed ancora semplificata in “non c’è più tempo: rimangono solo 12 anni”. Avendo ora ben chiara la Scienza che sta alla base della “narrazione dei 12 anni” ci si rende conto di quanto essa possa essere immediata e quindi potente mediaticamente, ma anche paradossalmente controproducente.  In definitiva, la frase ha senza dubbio un granello di verità, ma rischia da un lato di banalizzare il concetto e dall’altro di contribuire a creare la concezione assolutamente errata che in qualche modo la vita sul Pianeta andrà avanti senza alcun problema per i prossimi 11-12 anni, al termine dei quali il Mondo finirà. Questa ambiguità si presta anche ad esser caricaturata da una certa opinione pubblica che promuove il negazionismo climatico.

Insomma: maneggiare con cautela e soprattutto, con consapevolezza.

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Energia

Il Transition Minerals Tracker sulle attività illegali delle miniere


Author: Luca Re QualEnergia.it

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Energia

La Malesia vieta i prodotti “senza olio di palma” dai propri supermercati

Author: redattore Rinnovabili

olio di palma malesia

Credit tristantan / Pixabay

L’olio di palma è al centro delle attenzioni internazionali sia per i suoi usi alimentari che per la produzione di biodiesel

(Rinnovabili.it) – La più grande catena di supermercati malese, Mydin, ha annuncito che rimuoverà dai propri punti vendita tutti i prodotti recanti sulla confezione la dicitura “senza olio di palma” (palm oil free): la scelta, in aperto contrasto con quanto avviene nel resto del mondo, è stata fatta per tutelare almeno in patria l’immagine dell’olio di palma, di cui la Malesia, insieme all’Indonesia, produce l’85% delle scorte mondiali.

“Dobbiamo sostenere l’olio di palma, ma dobbiamo anche assicurarci di contrastare i messaggi subliminali, gli esercizi di marketing e di branding che in molti fanno per suggerire ai clienti di non consumare olio di palma – ha spiegato Ameer Ali Mydin, manager della Mydin Mohamed Holdings Bhd, la società che gestisce la catena di supermercati in questione – Etichettando un prodotto come senza olio di palma, in realtà si suggerisce alle persone che l’olio di palma fa male”.

La mossa della Mydin segue quanto già fatto dalla vicina Indonesia, dove lo scorso mese, l’amministrazione della capitale Giacarta ha imposto a diversi punti vendita della città di rimuovere i prodotti senza olio di palma.

Il ministro dell’Industria malese Teresa Kok ha accolto con favore la scelta della catena Mydin e ha auspicato che altri punti vendita seguano la stessa linea.

Il commercio di olio di palma è al centro dell’attenzione pubblica ormai da diversi anni. Negli scorsi mesi, le associazioni ambientaliste hanno sottolineato l’impatto devastante sulla biodiversità dei luoghi di origine causato dalla crescente domanda internazionale di olio di palma: per convertire ampi territori a coltivazioni di olio di palma, infatti, i contadini malesi e indonesiani sono costretti a disboscare (spesso tramite incendi controllati) enormi porzioni di foresta pluviale, causando la perdita di habitat per centinaia di specie animali, tra cui grandi mammiferi come oranghi e leopardi.

Spinta dalle pressioni delle sigle ambientaliste e dall’opinione pubblica, la Commissione europea ha recentemente approvato i nuovi criteri per la produzione di biodiesel sostenibile decretando il graduale abbandono dell’olio di palma (ampiamente utilizzato nella realizzazione di biocarburanti) entro il 2030, seppur con notevoli concessioni.

In risposta alla messa al bando dell’Ue, l’Indonesia ha presentato un ricorso alla World Trade Organization per contestare l’utilizzo dei criteri ILUC come discriminante nella classificazione di sostenibilità per la coltura di palme da olio, mentre la Malesia ha annunciato dazi e restrizioni nelle importazioni dalla Francia rea di aver programmato l’abbandono dell’olio di palma già nel 2020.

Una guerra senza confini che spazia su diversi fronti: dal commercio internazionale alle lotte per l’ambiente e che approda sempre più aggressiva anche sugli scaffali dei supermercati.