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I motori di ricerca per Netflix per cercare meglio film e serie tv

Author: Diego Barbera Wired

Il sistema interno spesso non è così utile e ben strutturato, ecco tre alternative online

motori ricerca netflix
(Foto: Unosg)

Quali sono i migliori motori di ricerca per Netflix da sfruttare per cercare con più precisione e semplicità un film oppure una serie tv? Non è certo una novità che il sistema interno badi più a creare un’esperienza senza soluzione di continuità di fruizione di video, ma per chi sta cercando determinate pellicole e ha bisogno di filtri specifici può non essere sufficiente.

In questo periodo in cui si dovrà stare a casa per via dell’emergenza coronavirus, Netflix è diventata una risorsa molto utile per spendere un po’ di tempo andando a recuperare titoli lasciati in sospeso, per riscoprire chicche del passato o ancora per avventurarsi in nuovi generi.

Ecco tre servizi online per cercare meglio su Netflix Italia.

Unogs

Tra i primi a mettersi a disposizione, Unogs presenta un’interfaccia molto semplice e intuitiva seppur non in italiano. Qui il link diretto alla selezione soltanto per la nostra versione di Netflix. Si può cercare scrivendo il titolo oppure per persone coinvolte nella pellicola con la formula “person:nome attore/regista”, inoltre ci sono filtri per esempio per genere, tipo, audio, sottotitoli a disposizione e si possono impostare valori medi di voto sul portale Imdb e di anno di rilascio dal 1900 al 2020. È il più completo dei tre, per chi volesse cercare con precisione.

Flixable

Altro portale molto noto, Flixable è disponibile anche in lingue italiana e presenta filtri molto simili come genere, valutazione, audio e anno di distribuzione. Si può anche dividere la ricerca per film e serie tv. Il vantaggio rispetto a Unogs è di essere in lingua italiana, ma paga alcuni filtri in meno.

JustWatch

Altra filosofia per Just Watch che è in italiano, presenta un sistema di ricerca paragonabile a quello di Flixable, ma ha il vantaggio di aggregare anche gli altri portali di video on demand come Prime Video, NowTv, Infinity, Disney+, Sky Go, Rai Play, Google Play, Microsoft Play, Apple TV+, YouTube Premium e così via. Insomma, un motore di ricerca universale con filtri che mostrano anche il prezzo di un eventuale noleggio.

Fuori lista segnaliamo anche FlickSurfer che non è disponibile per l’Italia e può essere sfruttato – in inglese – per chi si trovasse all’estero oppure per chi lo “fosse virtualmente”. Tantissimi i filtri, compreso quello per ricerca di film premiati con Oscar o Grammy e ancora più siti di recensioni.

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Coronavirus, quando e cosa vuol dire essere “guariti” dal Covid-19

Author: Viola Rita Wired

Quando un paziente con Covid-19 si può definire guarito? E una persona risultata positiva al test ma asintomatica? Ecco cosa vuol dire essere guariti dall’infezione del nuovo coronavirus, e cosa succede una volta che il virus scompare

guariti
(foto: R Franca/Eye Em via Getty Images)

L’emergenza del nuovo coronavirus, orma pandemia, è il tema del momento e ha cambiato la nostra routine quotidiana. Dai notiziari, dai media e dai social riceviamo ogni giorno dei numeri sull’emergenza Covid-19: quello dei contagiati, quello dei guariti e quello dei decessi, non necessariamente in questo ordine. Se istintivamente cogliamo al volo chi sono i contagiati – i positivi al test del tampone – quando e come si definisce invece un paziente guarito dal nuovo coronavirus Sars-CoV-2? La risposta è ben precisa ed è stata stabilita dal Consiglio superiore di sanità, organo di consulenza tecnica e scientifica del ministero della Salute. Ecco cosa vuol dire guarire dalla Covid-19, secondo i numeri ufficiali (che ovviamente non tengono conto delle guarigioni silenziose, in cui il virus non era stato cercato visti i sintomi lievi o assenti).

Il paziente “clinicamente guarito

Ci sono due diverse definizioni tecniche, definite in un documento del Consiglio superiore di sanità, nonché riportate dall’Istituto superiore di sanità: quella di “paziente clinicamente guarito” e quella di “paziente guarito”.

Un malato che ha avuto il Covid-19 si definisce clinicamente guarito se, dopo aver manifestato i sintomi associati all’infezione da Sars-CoV-2, diventa asintomatico e le manifestazioni cliniche si sono risolte. L’infezione da Sars-CoV-2 deve essere stata documentata tramite il test virologico in laboratorio. In pratica si parla di chi smette di avere sintomi dopo averli manifestati in maniera più o meno grave – si va da febbre, tosse e affanno, nei casi lievi o medi a polmonite e insufficienza respiratoria in quelli gravi. Pur essendo clinicamente guarito, dunque asintomatico, il paziente può però ancora presentare un test positivo al Sars-CoV-2.

Il paziente guarito

Diverso è il caso del paziente guarito, che non lo è solo dal punto di vista clinico, ma anche virologico. In questo caso, infatti, la persona, oltre a non avere più i sintomi della Covid-19, deve essere risultata negativa a due test per il coronavirus Sars-CoV-2, svolti consecutivamente, a distanza di 24 ore uno dall’altro. Le autorità sanitarie, inoltre, consigliano di ripetere il test sul paziente, sia asintomatico sia in presenza di sintomi, non prima di sette giorni dal primo riscontro risultato positivo.

Ma quando il virus scompare del tutto?

Quando il paziente è guarito, di fatto il Sars-CoV-2 non è più rilevabile. I medici parlano in questo caso di clearance – ovvero eliminazione – del virus, un’espressione che indica la scomparsa dell’rna virale (il nuovo coronavirus è un virus a rna) rilevabile nei fluidi corporei. Questo vale sia in persone risultate positive e che hanno avuto la malattia sia in persone positive ma senza sintomi.

Chi è risultato positivo, anche se asintomatico, deve ripetere il test, secondo le raccomandazioni delle autorità, dopo 14 giorni (che è anche la durata della quarantena) dal primo test, per verificare che sia diventato negativo. Non è un caso che 14 giorni sia anche la durata periodo dell’isolamento o della quarantena, dato che questa finestra temporale copre tutto (e oltre) il periodo di incubazione.

Gli esperti hanno concluso infatti che quando entrambi i test molecolari per il Sars-CoV-2, svolti consecutivamente, in pazienti positivi asintomatici o a cui i sintomi sono passati sono “indicativi della clearance virale dall’organismo”, si legge nel documento del ministero. La negatività confermata e ripetuta indica che non si è più contagiosi, come spiegato precedentemente: non si rimane portatori sani, un elemento confortante.

Cosa succede dopo che il coronavirus scompare

L’eliminazione del virus solitamente si accompagna alla comparsa di anticorpi specifici di tipo IgG per il Sars-CoV-2 prodotti dall’organismo. Questo è un passo importante perché si sviluppa un’immunità al patogeno. “Tali anticorpi”, si legge nel documento del ministero della Salute, “hanno un carattere protettivo, ovvero sono in grado di difendere l’organismo da eventuali reinfezioni con lo stesso virus”.

Ci si può re-infettare subito dopo essere guariti?

Ma è stato riferito dai media il caso di una persona due volte positiva al coronavirus e qualcuno si è chiesto se sia possibile una re-infezione, anche se gli scienziati sono scettici. Nel documento del ministero della Salute si legge che riguardo al caso di “possibile reinfezione da Sars-CoV-2, non è escludibile che venga ricondotto ad una lunga persistenza del virus nell’organismo, e che alla base dell’osservazione vi possa essere o un’inadeguata gestione pre-analitica del campione o un limite di sensibilità del test”. Insomma, è verosimile che ci sia stato un problema nello svolgimento del test e che la persona sia sempre stata positiva lungo tutto il periodo fra le due presunte infezioni. E il documento aggiunge è poco probabile che ci sia stata una seconda nuova infezione dovuta a una mutazione del virus. “I dati correnti – si legge – sembrerebbero escludere la possibilità di rapida insorgenza di mutanti in grado di sfuggire al controllo del sistema immunitario quando questo sia stato in grado di eliminare il virus”.

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C’è la coda per fare anche la spesa online (ma non agitatevi)

Author: Andrea Pitozzi Wired

Aumentano gli ordini online per piattaforme e supermercati. Le catene scaglionano le consegne ma assicurano: ci sono rifornimenti, gli accaparramenti non servono

23 febbraio 2020, a Casalpusterlengo le persone attendono di entrare nel supermercato (Photo by MIGUEL MEDINA/AFP via Getty Images)

Il nuovo decreto per l’emergenza coronavirus emanato l’11 marzo dalla presidenza del Consiglio dei ministri è chiaro: supermercati e ipermercati restano aperti, e saranno garantiti i rifornimenti. Eppure negli ultimi giorni, oltre all’assalto nei supermercati, si è vista un’impennata esponenziale delle persone che scelgono di fare la spesa online, e le ripercussioni si fanno sentire sia sulla gestione delle piattaforme sia sulla logistica, che rischia di andare in crisi.

Al momento i tempi di attesa per riuscire a farsi consegnare la spesa a casa dalle principali catene di supermercati italiani oscilla tra i nove e i dieci giorni, con ritardi che possono arrivare anche fino a quindici giorni in zone che sono generalmente meno servite. Nei giorni scorsi, inoltre, molte catene di grande distribuzione come Esselunga, Pam, e i supermercati convenzionati con la piattaforma Supermercato24, hanno annunciato, solo per alcune zone del paese, la possibilità per gli over 65 di ricevere la spesa a domicilio senza pagare le spese di spedizione se si superano alcune soglie.

Le catene di supermercati

I numeri sono però troppo elevati. Secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano, la catena di supermercati Conad ha visto salire gli ordini online fino a quota 90mila al giorno, quando abitualmente ne gestiva all’incirca 3mila. Stessa impennata anche per Coop Lombardia nella città di Milano, che nell’ultima settimana ha visto raddoppiare il numero delle richieste di spesa consegnata a domicilio.

Esselunga, dal canto suo, che copre prevalentemente il nord Italia, e quindi una delle zone maggiormente colpite dall’emergenza coronavirus, ha dei tempi di consegna tra i dieci e i quindici giorni sulla città di Milano. Inoltre, sebbene il servizio di consegna sia in fase di potenziamento, la compagnia fa sapere che nei prossimi giorni gli ordini saranno limitati a uno a settimana. Gravi ritardi vengono segnalati anche sul sito della catena francese Carrefour, dove al 12 marzo si legge che “a causa dell’elevata richiesta, potrebbero verificarsi ritardi nella consegna e indisponibilità di prodotti”.

Un simile aggiornamento si trova anche sul portale Supermercato24, che gestisce la consegna a domicilio per prodotti acquistati dalle principali catene di supermercati presenti in Italia. Sulla homepage appare in basso a sinistra una finestra di chat in cui si precisa che “L’assistenza non risponderà per richieste inerenti la disponibilità d’orari”, e nell’area news un aggiornamento del 10 marzo segnala che “L’emergenza Covid-19 ha portato ad una maggiore richiesta del nostro servizio e della nostra assistenza clienti. Questo ha causato un rallentamento nella navigazione del sito e dell’app e un aumento dei tempi di attesa per l’assistenza.” Si invitano quindi i clienti a limitare la spesa all’essenziale, ricordando che i supermercati resteranno aperti nei prossimi giorni.

L’appello dei lavoratori

In una simile situazione di tilt della logistica dei supermercati, inoltre, una richiesta a limitare le spese con servizio di consegna a domicilio arriva anche dal sindacato. Filt Cgil Lombardia, per esempio, oltre alla richiesta di chiarimenti per quanto riguarda le garanzie per i lavoratori del settore delle consegne nel periodo dell’emergenza, lancia un appello ai consumatori per “limitare gli acquisti online a ciò che è strettamente necessario, così da evitare di pesare ulteriormente su un sistema che in questi giorni è certamente messo sotto pressione.

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Tag Heuer ha presentato il suo nuovo Connected Watch

Author: Matteo Dall’Ava Wired

La casa svizzera ha realizzato uno smartwatch per gli amanti degli orologi di lusso e dello sport

Nuovo TAG Heuer Connected Watch
Nuovo TAG Heuer Connected Watch

TAG Heuer presenta la terza generazione del Connected Watch. “Nel 2015, siamo stati i pionieri della categoria degli orologi di lusso connessi”, dichiara Frédéric Arnault, Chief Strategy and Digital Officer Tag Heuer. “Da allora, la maison grazie a una trentina d’ingegneri ha sviluppato internamente competenze e tecnologie”, ci riferisce il giovane manager prima della presentazione ufficiale.

Le caratteristiche tecniche

La cassa da 45 mm in acciaio inossidabile o titanio riprende il design e le finiture dei cronografi Tag Heuer Carrera. Tra queste, le anse sfaccettate, la lunetta fissa in ceramica (che nasconde l’antenna), la corona centrale affiancata da due pulsanti operativi, il fondello a vite.

Il quadrante è dotato di un display touch oled da 1,39 pollici con superficie completamente interattiva protetto da un vetro zaffiro resistente ai graffi. Sullo schermo è possibile selezionare cinque quadranti d’ispirazione meccanica o digitale: Heuer, Orbital, Carrera, Timekeeping e Carbon. «Ciascun quadrante può essere inoltre personalizzato nello sfondo, indici, lancette e complicazioni per seguire anche nel digitale la tradizione orologiera della maison» sottolinea Arnault.

Lo smartwatch Tag Heuer Connected ha un sistema intuitivo di intercambiabilità del cinturino. Sono sei in totale le varianti di bracciali in acciaio e cinturini in caucciù con fibbia déployante che si possono agganciare e sganciare in pochi secondi. Equipaggiato con Wear OS di Google, l’orologio Tag Heuer Connected utilizza il microfono situato sul lato sinistro della cassa per offrire i tipici servizi di Google Assistant e Google Translate. Dalla ghiera centrale, invece, si può gestire la navigazione di Google: notifiche e-mail, messaggi e Google Pay. Oltre a questi il controllo delle App installate come musica, agenda, meteo e mappe.

Attività sportiva

Il Connected Watch è uno strumento per l’attività sportiva. Le caratteristiche che lo rendono tale sono la batteria da 430 mAh, l’impermeabilità di 5 atmosfere, il gps, lo streaming audio e il monitoraggio della frequenza cardiaca.

“Se nelle due edizioni precedenti l’applicazione Tag Heuer Golf è stata il primo passo verso la creazione di un vero ecosistema digitale di proprietà”, afferma Frédéric Arnault, “oggi, la maison sta andando ben oltre nell’offerta sportiva. Attualmente, l’esperienza digitale grazie all’App Tag Heuer Sport, si allarga alla corsa, al ciclismo, e al fitness. Ma questa lista non farà che aumentare nel tempo”.

Verso il green

L’orologio è dotato di un caricabatterie magnetico e di una custodia da viaggio. Il Connected Watch è disponibile da oggi a partire da 1650 euro. Per la versione in titanio, si parte da 2150 euro. Infine, un’anticipazione. “La Golf Edition 2019 del Connected Watch ha avuto un così grande successo nella nostra community di giocatori, che potremmo introdurne una nuova nei prossimi mesi”, dichiara sorridendo Frédéric Arnault. Presto, gli aggiornamenti. 

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Il nuovo coronavirus è pandemia. E il resto dell’Europa sta facendo ben poco

Author: Mara Magistroni Wired

La dichiarazione di pandemia dell’Oms è un appello alle altre nazioni a prendere più seriamente la minaccia di Sars-Cov-2 e avviare serie misure di contenimento e mitigazione

coronavirus
(foto: Getty Images)

Non è un problema solo italiano. Il nuovo coronavirus Sars-Cov-2 è in Europa. I numeri dicono che l’epidemia in Francia, Germania e Spagna è solo di una settimana-dieci giorni in ritardo rispetto alla situazione italiana. Eppure i Paesi dell’Unione sembrano volerlo ignorare. Per questo la decisione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) di dichiarare ufficialmente la pandemia può essere letta come l’ennesimo avvertimento al mondo a intraprendere misure di contenimento e mitigazione severe, altrimenti la corsa del virus non rallenterà.

Pandemia è un avvertimento

Se per il nostro Paese non cambia nulla ai fini pratici, il riconoscimento ufficiale dello status di pandemia dovrebbe davvero smuovere i nostri cugini europei (e non solo, l’Oms è seriamente preoccupata per la gestione statunitense dell’emergenza Covid-19).
Durante la conferenza stampa il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha sottolineato la preoccupazione “per i livelli allarmanti di diffusione e gravità” ma anche per l’ “inazione” degli stati.
Impressione confermata anche da Walter Ricciardi alla trasmissione televisiva Agorà, durante cui ha dichiarato che l’Oms ha contatti continui con i ministri della salute di tutte le nazioni e che la sensazione è quella che la consapevolezza ci sia, ma c’è difficoltà a far accettare la necessità di provvedimenti rigidi ai colleghi responsabili di altri dicasteri.

Francia

Così sembra essere per la Francia, che ufficialmente si trova al livello di allerta 2 (su 3) e dove i casi nel giro di qualche giorno si sono moltiplicati fino a raggiungere quota 2.281, con 48 vittime e un centinaio di pazienti in rianimazione. Numeri che sembrano non bastare a Macron e al suo governo. Il presidente francese è stato ripreso mentre girava per ospedali per assicurarsi che i piani di emergenza fossero pronti a partire e dovrebbe parlare alla nazione nelle prossime ore, ma sembra abbia escluso per ora provvedimenti drastici simili a quelli italiani. Locali e negozi sono aperti senza restrizioni, e anche le manifestazioni sotto le mille persone sono consentite (solo qualche giorno fa c’erano circa 3.500 persone a Landerneau convinte di puffare il virus).

Germania

La Germania sa di essere all’inizio dell’epidemia, a livello dell’Italia a fine febbraio. La cancelliera Angela Merkel ha ammesso poche ore fa che probabilmente il 60-70% dei cittadini sarà contagiato dal coronavirus, aggiungendo che verranno prese misure adeguate con l’evolversi della situazione, che ha definito imprevedibile. Eppure l’Italia è proprio sotto il naso. Più preciso il ministro della salute tedesco Jens Spahn che ha dichiarato in un’intervista radiofonica a Deutschlandfunk che l’obiettivo della Germania oggi è rallentare la diffusione del virus per ridurre al minimo il picco epidemico e quindi il carico sul sistema sanitario nazionale, che seppure sia uno degli migliori in Europa, con il maggior numero di posti in terapia intensiva, potrebbe essere presto travolto. Per questo – ha detto – grandi eventi come le partite di calcio devono essere annullati. Sorprendentemente però – riporta l’agenzia Reuters – per ora non è stata annullata la partita tra Union Berlin e Bayern Monaco che si dovrebbe tenere sabato a Berlino.

La Germania, comunque, non chiuderà i confini, come invece hanno già fatto Austria e Slovenia che stanno limitando l’ingresso delle persone provenienti dall’Italia, mentre le merci circolano liberamente.

Spagna

Anche la Spagna sembra essersi svegliata improvvisamente nel mondo reale. Le ultime dichiarazioni del ministro della salute Salvador Illa parlano di 2.236 casi di contagio (decuplicati nel giro di una settimana), con 138 pazienti guariti e 54 decessi. Il Governo in queste ore ha cambiato rotta, vietando per esempio le riunioni al chiuso di oltre le mille persone nelle regioni più colpite (Madrid, la regione della Rioja e due aree nei Paesi Baschi settentrionali). Le scuole sono chiuse, le partite di calcio della Liga si giocheranno a porte chiuse per almeno due settimane. Il telelavoro è raccomandato e persino la camera bassa del Parlamento resterà chiusa per una settimana dopo che l’esponente dell’estrema destra Javier Ortega Smith è risultato positivo al tampone per il coronavirus. “Stiamo lavorando per evitare lo scenario italiano”, ha detto il ministro della in una conferenza stampa. “Con queste misure crediamo di poterlo evitare. E se dovremo prendere misure aggiuntive, le prenderemo”. Contestualmente il primo ministro Pedro Sanchez ha dichiarato che il governo garantirà medicinali e linee di credito alle piccole e medie imprese colpite dall’esplosione dell’epidemia.

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