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Oculus Quest e Rift S disponibili dal 21 maggio

Di Filippo Vendrame venerdì 3 maggio 2019

Oculus Quest e Rift S debutteranno sul mercato il 21 maggio; gli interessati possono da subito preordinarli.

Oculus Rift S

Oculus Quest e Rift S, i nuovi visori per la realtà virtuale di Facebook, saranno disponibili all’acquisto a partire dal prossimo 21 maggio. Gli interessati possono sin da subito prenotarli per riceverli direttamente il day one. Per entrambi, il prezzo di listino è di 449 euro. Oculus Quest è anche disponibile in versione con 128 GB di memoria interna al prezzo di 549 euro.

Oculus Rift S è il tanto atteso successore del visore per la realtà virtuale Oculus Rift. Oculus Rift S dispone uno schermo LCD fast switch (80 mHz) con una risoluzione complessiva di 2560×1440 pixel pari a 1280×1440 pixel per occhio. Il visore dispone anche di alcune fotocamere integrate che assieme alla tecnologia di tracking Oculus Insight permettono di tracciare l’ambiente circostante. Questo significa che non ci sarà più bisogno di usare sensori esterni come avviene oggi con il primo modello. Anche i controller Oculus Touch sono tutti nuovi.

Oculus Quest, invece, è un visore standalone dedicato principalmente ai giochi. Oculus Quest dispone di ottiche di ultima generazione con risoluzione 1600×1440 per occhio. Inoltre, il visore offre una regolazione della spaziatura delle lenti per aiutare a massimizzare il comfort visivo.

Oculus Quest dispone, ovviamente, anche di controller Touch che permetteranno facilmente di interagire nel mondo della realtà virtuale.

Trattandosi di un prodotto pensato esplicitamente per i giochi, Oculus Quest può essere visto anche come una sorta di console VR.

Author: Gadgetblog.it

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È morto Peter Mayhew, lo storico Chewbecca di Star Wars

Author: Paolo Armelli Wired

L’altissimo attore aveva interpretato il gigante alieno in tutti i film della saga cinematografica fino al 2015

Peter Mayhew al centro fra Harrison Ford e Mark Hamill (foto: Getty Images)

È morto il 30 aprile scorso all’età di 74 anni l’attore Peter Mayhem. Sebbene il suo nome non sia noto al grande pubblico, sicuramente lo è il personaggio che l’ha reso immortale all’interno di un’altrettanto memorabile saga: era l’interprete che si muoveva nel costume di Chewbecca nei film di Star Wars. L’uomo era da tempo costretto sulla sedia a rotelle e si stava riprendendo da un intervento alla spina dorsale avvenuto lo scorso luglio, ma è stato colpito da un attacco cardiaco.

Alto oltre 2 metri, Mayhem fu scelto dallo stesso George Lucas per interpretare il gigante alieno Chewbecca, proprio perché era l’unico in grado di superare in altezza l’altro svettante personaggio della serie, Darth Vader, a cui prestava la propria fisicità il bodybuilder David Prowse, alto solo 1,98 metri.

All’epoca dell’ingaggio, nonostante alcune piccole esperienze filmiche precedenti, Mayhem lavorava come inserviente al King’s College Hospital di Londra. Dal 1977 comparve dunque nella trilogia originale di Star Wars, e poi anche ne La vendetta dei Sith nel 2005 e nel più recente Il risveglio della forza del 2015, per poi ritirarsi appunto per i suoi problemi di salute (nell’ultimo Gli ultimi Jedi è stato però “consulente Chewbecca”).

Peter Mayhem era un uomo gentile e delicato, dotato di grande dignità e carattere nobile. Infuse tutti questi aspetti, con in più spirito e grazia, nel personaggio di Chewbecca”, ha scritto in suo ricordo Harrison Ford, l’attore che nei panni di Han Solo aveva formato con lui un’impareggiabile coppia sulla scena per ben quattro film: “Chewbecca è stata una parte fondamentale del successo dei film che abbiamo fatto insieme”. Lo ricorda con commozione anche Mark Hamill alias Luke Skywalker: “Era il più gentile dei giganti. Un grande uomo con un cuore ancora più grande che non ha mai mancato di farmi sorridere e di essere un amico fedele”.

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Technical webinars for the week of 5/6-5/10

Author: Amanda Buchholz TechNet Blogs

Check out the attached list of technical webinars for next week, to help you build your technical depth. Through these live, instructor-led webinars, you will receive interactive guidance with real-time Q&A capabilities – all at no cost to Microsoft Partner Network members!

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To find additional dates and times for the webinars above, as well as the full suite of webinars and consultations available, visit aka.ms/TechnicalJourney.

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Su Google ora puoi cancellare la cronologia dei luoghi che hai visitato

Author: Gabriele Porro Wired

Il social network introduce un sistema per ripulire il web dalle tracce lasciate sui propri spostamenti o sulle app utilizzate

Google
(Foto: Chesnot/Getty Images)

Google sta introducendo un nuovo strumento legato all‘account personale degli utenti che consentirà di eliminare automaticamente la cronologia delle posizioni e i dati relativi alle attività svolte sul web e nelle app.

I dati relativi alla posizione o alle attività svolte vengono salvati in una cronologia dedicata affinché Google possa, sfruttandoli in un secondo momento, suggerire all’utente delle attività o dei luoghi da visitare presenti nelle vicinanze e affini ai suoi gusti.

Alcuni utenti però potrebbero non gradire che una società come Google tenga un elenco dei propri spostamenti e li utilizzi per suggerire i ristoranti nelle vicinanze.

Questo anche viste le recenti violazioni della privacy che hanno coinvolto Google.

Pertanto Google ha deciso di implementare tra le opzioni dell’account utente dei controlli per gestire l’attivazione e la disattivazione dell’eliminazione automatica della cronologia delle posizioni.

L’utente potrà eliminare i dati manualmente, in automatico ogni 3 mesi o ogni 18 mesi accedendo al proprio account.

Procedimento per impostare l’eliminazione automatica della cronologia delle posizioni (fonte: Google)

Questi nuovi strumenti saranno innanzitutto implementati per il controllo della posizione e, a partire dalle prossime settimane, verranno aggiunti anche quelli per la gestione della cronologia delle attività svolte sul web o nelle app.

Google afferma che sarà implementata la nuova funzionalità in tutto il mondo nelle prossime settimane e che sarà disponibile in aggiunta alle opzioni esistenti che consentono di eliminare manualmente questi dati.

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In Gran Bretagna i gamberi di fiume sono “fatti” di cocaina

Author: Mara Magistroni Wired

Un ampio biomonitoraggio dei fiumi del Suffolks ha misurato le concentrazioni di oltre 100 sostanze chimiche, scoprendo che cocaina e lidocaina sono i composti più diffusi persino nelle aree rurali

cocaina
(foto: Mark Yokoyama/Flickr)

I gamberi di fiume del Regno Unito sono “fatti”. Uno studio del King’s College di Londra e dell’Università del Suffolks ha analizzato la presenza di ben 107 sostanze chimiche nelle acque superficiali e all’interno di Gammarus pulex, una specie di crostaceo d’acqua dolce. I ricercatori hanno scoperto che le sostanze più diffuse nei corsi d’acqua britannici, anche in aree non sospette come quelle rurali, sono cocaina e lidocaina. Un’analisi ampia e complessa, dicono gli esperti, che sebbene richieda ulteriori approfondimenti serve a stabilire con maggiore precisione la diffusione delle sostanze chimiche negli ecosistemi e a valutare l’impatto sugli esseri viventi, essere umano (alla fine) compreso.

Le persone guardano con sempre maggiore preoccupazione alle problematiche ambientali, e i media hanno dato particolare risonanza a forme di inquinamento come quello da microplastiche. Ma attenzione – sembrano voler dire i ricercatori britannici – c’è anche un altro inquinamento altrettanto pervasivo e non meno pericoloso, benché invisibile: quello chimico.

Droghe a fiumi

Per stimare la diffusione di sostanze chimiche (farmaci, pesticidi, droghe) e la loro potenziale pericolosità per gli ecosistemi, il team del King’s College di Londra e dell’Università del Suffolks ha analizzato le concentrazioni di 107 composti in campioni di acque dolci e di gamberi di fiume (Gammarus pulex) prelevati in 15 siti di bacini fluviali (Alde, Box, Deben, Gipping e Waveney) della regione del Suffolks. I ricercatori hanno così scoperto – e con sorpresa, ammettono – che la sostanza più diffusa è la cocaina (trovata nel 100% dei campioni), seguita a ruota dalla lidocaina (95% dei campioni).

Non solo “sballo”

Oltre alle droghe, gli scienziati hanno riscontrato anche una discreta diffusione di pesticidi che sono stati vietati dall’Unione europea, aprendo un dibattito sulla provenienza di queste tracce. “Ci potrebbero in realtà essere diverse spiegazioni del fenomeno”, ragiona Stefano Polesello, ricercatore dell’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del Cnr. “Anche se raro, potrebbe trattarsi di molecole molto stabili, che dunque permangono nell’ambiente. Oppure questi pesticidi sono tuttora utilizzati più o meno consciamente dagli agricoltori, che magari acquistano miscele non sempre da canali affidabili al cento per cento”. “Ma c’è un’altra possibilità a cui si pensa meno”, aggiunge Polesello: “E cioè che le tracce di pesticidi derivino dal rilascio da prodotti importati da Paesi in cui quelle molecole non sono vietate”.

Gamberi “strafatti”?

“Il passaggio dalla matrice inorganica agli organismi viventi è il primo segnale che sostanza chimica costituisca un problema ambientale, spiega Polesello: “Per questo si fanno i biomonitoraggi”. Tuttavia da questa prima evidenza non è così immediato capire se e quali siano gli effetti tossici. Dal momento che le concentrazioni di ogni singola sostanza in un organismo prelevato dall’ambiente sono molto basse è difficile riprodurre le stesse condizioni in laboratorio e allo stesso tempo è difficile osservare effetti tossici “non acuti ma subletali”.

“Le analisi dei ricercatori britannici hanno rilevato la presenza talvolta di centinaia di sostanze diverse, ed è assolutamente possibile che ce ne siano altre non rilevate perché non incluse nello screening. Difficile discernere tra quale farebbe cosa, ed è anzi più probabile che la tossicità sia un effetto cumulativo: la novità dello studio inglese è proprio quella di aver stimato per ciascuna molecola una quota relativa per parlare poi di rischio totale”, aggiunge Polesello.

E in Italia?

“In Italia abbiamo fatto studi simili, ma non identici”, specifica Polesello: “Sui crostacei i dati sono molto limitati, ma esistono indagini su pesci e molluschi, anche se in quest’ultimo caso i processi di accumulo sono molto diversi. La vera differenza, però, sta nel numero e nell’ampiezza degli studi. Spiega il ricercatore: “Purtroppo nel nostro Paese manca a livello nazionale un ente che finanzi progetti di screening su larga scala e su un numero così ampio di sostanze. Così, eccetto alcuni casi come quello dell’inquinamento da Pfas, le nostre indagini risultano più circoscritte sia a livello di aree territoriali che di tipologia di composti chimici”.

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