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15 videocitofoni smart per sapere sempre e ovunque chi suona al cancello

Author: Wired

(Ultimo aggiornamento: aprile 2024)

Chi vuole tenere sott’occhio la propria porta di ingresso in qualunque momento troverà nei videocitofoni smart dei dispositivi insuperabili – ideali anche per la sicurezza domestica. In commercio sono disponibili diversi modelli, che con poche e semplici operazioni consentono di aumentare (anche se non radicalmente) il livello di protezione degli ambienti esterni, senza richiedere l’investimento di ingenti capitali. Prima di passare alla nostra selezione dei migliori videocitofoni intelligenti in circolazione, capiamo però un po’ meglio cosa sono e come funzionano.

A cosa servono i videocitofoni smart

A differenza dei sistemi video classici, i videocitofoni smart si connettono via wi-fi alla rete senza fili di casa trasmettendo ai dispositivi compatibili immagini in alta definizione dell’attività ripresa dalla videocamera integrata; l’utente può così consultare il flusso video in tempo reale o quando lo desidera, utilizzando le applicazioni per smartphone oppure connettendosi dal computer in remoto. Al contempo, alcuni modelli di videocitofoni smart rendono possibile anche registrare video da archiviare e sfruttare funzionalità avanzate come la rilevazione automatica del movimento, la visione notturna e/o a infrarosso e persino il riconoscimento facciale degli ospiti ricorrenti.

Come funzionano

Di primo acchito un videocitofono smart assomiglia quasi in tutto e per tutto a un citofono standard, visto che è composto sostanzialmente da un sensore video che inquadra l’ingresso, un pulsante per suonare il campanello e un altoparlante per poter interloquire con chi è nell’abitazione.

Dentro la scocca però, c’è ben di più: all’interno di un corpo di solito piuttosto compatto e rigorosamente impermeabile si trovano infatti componenti più moderni come il modulo wi-fi per connettersi senza fili alla rete di casa e mettersi a disposizione sia di eventuali app o computer in ascolto, sia di una unità interna. Quest’ultima, quando è presente, è solitamente un display touchscreen da appendere in una delle stanze della casa

Considerata la loro natura, molti di questi apparecchi possono inoltre sincronizzarsi con gli ecosistemi di domotica come Alexa, Google Home o Apple HomeKit, essere controllati dagli assistenti vocali e mostrare le immagini anche su smart tv o smart display presenti nelle stanze.

Le nostre scelte

Nella nostra gallery abbiamo raccolto quindici prodotti, divisi in due categorie. Da una parte i gadget privi di unità interna, che dunque si poggiano ad app e software per comunicare con dispositivi come smartphone e computer; dall’altra i kit che includono anche il pannello touch da installare all’interno. Si parte da prezzi sotto i 100 euro per salire fino anche a circa quattro volte tanto, per usufruire di funzioni molto utili ma che potrebbero non servire a tutti.

Si va dalla possibilità di registrare le immagini su una memoria interna o su un sistema cloud personale (anziché dover pagare un abbonamento) a quella di utilizzare sistemi di riconoscimento facciale per gli ospiti frequenti. Altri fattori in grado di influenzare il prezzo dei prodotti sono le caratteristiche del sensore video come risoluzione o presenza di un sensore di movimento, passando per la composizione stessa dei kit, che possono includere una o più unità di controllo interne basate su schermi o touchscreen. Tutti elementi, questi, che devono essere ben ponderati prima dell’acquisto.

Rimanendo in ambito smart, per tutti gli appassionati di sistemi di domotica interessati a rendere più “intelligente” la propria casa, abbiamo preparato una serie di guide dedicate alle migliori serrature, alle lampadine, alle strisce led e ai display smart. Inoltre, a chi è in cerca di soluzioni che permettano di monitorare sempre e ovunque la propria abitazione, consigliamo le nostre carrellate che hanno come protagoniste le migliori telecamere di sorveglianza da esterno e da interno.


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Samsung tv 4K, a NIENTE per 24h: PREPARATI, il prezzo sta CROLLANDO

Author: Webnews

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Economia Tecnologia

Sul futuro dell’auto e dell’inquinamento l’Europa ha fatto un gran pasticcio

Author: Wired

Cinque anni dopo, il mondo è profondamente diverso. Pandemia, inflazione, invasione dell’Ucraina, crisi energetica, assedio a Gaza hanno precipitato il mondo in un’incertezza da Guerra fredda: archiviato il sogno della globalizzazione e di un governo mondiale, il declino dell’occidente è ormai un fatto acclarato. Il baricentro sta in Asia. Le materie prime, che un tempo arrivavano senza problemi sulla scorta di eredità coloniali e accordi vantaggiosi, sono diventante un problema strategico: il petrolio  (e quindi il Medio Oriente) non è più centrale, il gas russo è inutilizzabile, le nuove vetture necessitano di biocarburanti, litio, cobalto provenienti da Cina e Africa. Non funzionano più neanche le catene logistiche, su cui negli ultimi vent’anni ha riposato il commercio internazionale e che sono diventate, improvvisamente, inaffidabili.                                                                                      

Le auto inquinano come 12 anni fa

Il rapporto della Corte dei conti europea riconosce che l’Unione ha compiuto progressi nel ridurre le emissioni di gas a effetto serra in generale, ma non nel settore dei trasporti, che sul continente assomma circa un quarto delle emissioni carboniche. Di tale quota, metà proviene dalle sole autovetture. “Il Green Deal non porterà alcun frutto, se non verrà affrontato il problema delle emissioni delle macchine. Dobbiamo però riconoscere che, nonostante le nobili ambizioni e i requisiti rigorosi, la maggior parte delle auto convenzionali emette ancora la stessa quantità di anidride carbonica di 12 anni fa”, riprende Nikolaos Milionis. La spiegazione c’è, ed è semplice, prosegue: “Nonostante l’accresciuta efficienza dei motori, le auto pesano in media circa il 10 % in più e hanno bisogno di maggiore  potenza per spostarsi (circa +25 %)”.

Considerazioni che non piaceranno all’industria automotive, e che rispondono a chi vorrebbe ridurre la posizione a un servizio ai grandi gruppo. Non solo. Si legge nel rapporto: “Gli auditor hanno riscontrato che le auto ibride ricaricabili (plug-in), un tempo ritenute un’alternativa più ecologica dei veicoli tradizionali, sono ancora classificate ‘a basse emissioni’ anche se il divario tra le emissioni misurate in condizioni di laboratorio e quelle misurate su strada è in media del 250%”. Significa che gli esami vengono fatti male. E per chi ricorda il Dieselgate (lo scandalo sulle emissioni delle auto diesel), non è difficile immaginare attività di lobbying in questo senso.

Combustibili alternativi

Sul fronte dei combustibili alternativi (biocarburanti, elettrocarburanti e idrogeno) non va meglio. Sui biocarburanti, la Corte rileva la mancanza di una tabella di marcia “chiara e stabile per risolvere i problemi di lungo termine del settore: la quantità di combustibile disponibile, i costi e la compatibilità ambientale”. In poche parole, “non essendo disponibili su vasta scala, i biocarburanti non possono rappresentare un’alternativa affidabile e credibile per le nostre auto”, riprende Milionis. E poi: la biomassa prodotta sul mercato interno non è sufficiente per offrire una valida alternativa. “Se questa biomassa è prevalentemente importata da paesi terzi, viene meno l’obiettivo dell’autonomia strategica in materia di energia. Inoltre, altri settori produttivi (per esempio, industria alimentare, farmaceutica e dei prodotti cosmetici) fanno concorrenza al settore automobilistico per l’uso delle stesse materie prime”. “I biocarburanti non sono ancora competitivi dal punto di vista economico: sono semplicemente più cari di quelli a base di carbonio, e le quote di emissioni costano attualmente meno che ridurre le emissioni di CO2 utilizzandoli”. ce n’è anche per la sostenibilità: “La compatibilità ambientale dei biocarburanti è sovrastimata”. “Le materie prime per la produzione di biocarburanti possono essere distruttive per gli ecosistemi e nocive per la biodiversità nonché la qualità del suolo e delle acque: sollevano quindi inevitabilmente questioni etiche sull’ordine di priorità tra beni alimentari e carburanti”.

Il rompicapo elettrico

È il turno dei veicoli elettrici, definiti un “rompicapo”: L’industria europea delle batterie è in ritardo rispetto ai concorrenti mondiali. Meno del 10 % della produzione mondiale di batterie è localizzata in Europa e per la stragrande maggioranza è in mano ad imprese non europee. A livello mondiale, la Cina rappresenta un impressionante 76 % del totale”, si legge. “L’industria delle batterie dell’Ue è frenata in particolare dall’eccessiva dipendenza dalle importazioni di risorse da paesi terzi, con i quali non sono stati sottoscritti adeguati accordi commerciali. L’87 % delle importazioni di litio grezzo proviene dall’Australia, l’80 % delle importazioni di manganese dal Sud Africa e dal Gabon, il 68 % del cobalto dalla Repubblica democratica del Congo e il 40 % della grafite dalla Cina”. Il costo delle batterie in Europa è troppo alto rispetto ai produttori esteri, e “potrebbe anche rendere proibitivi i veicoli elettrici per gran parte della popolazione”: le vendite aumentano grazie alle sovvenzioni pubbliche, si spiega, ma a uscire dalle concessionarie e finire nei garage sono soprattutto veicoli sopra i trentamila euro.

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Buondì Motta con crema di cacao, uno snack gustoso e leggero a solo 1,49€ (-40%)

Author: Webnews

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I Buondì Motta sono il modo perfetto per cominciare la giornata: golosi, leggeri, e oggi anche economici grazie allo sconto del 40%

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Claudio Gelisi

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Tecnologia

Perché è importate sapere se l’autovelox che ti ha multato è omologato

Author: Wired

Le multe per eccesso di velocità rilevate dagli autovelox non sono valide se l’apparecchio non è stato omologato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione pronunciandosi a favore del ricorso presentato da un automobilista di Treviso, contro una multa presa in questo modo. Ora le amministrazioni comunali temono l’innesco di una reazione a catena, che potrebbe causare una moltiplicazione esponenziale dei ricorsi. Prima di farlo però, è meglio prima verificare che l’autovelox sia stato semplicemente approvato e non sia omologato.

Cos’è l’omologazione dell’autovelox

In base a quanto hanno riportato diversi giornali, la Corte di Cassazione ha verificato come alcuni autovelox sarebbero stati autorizzati dal ministero delle Infrastrutture, ma non sottoposti alle verifiche tecniche necessarie alla loro omologazione. L’assenza dell’intervento del ministero ha quindi creato un vuoto normativo, che permetterebbe agli automobilisti fotografati in contravvenzione per eccesso di velocità, dagli autovelox non omologati, di evitare le multe.

Come riporta Repubblica, l’omologazione serve ad accertare che l’apparecchio rispetti tutti i requisiti tecnici previsti dalla normativa e ne consenta la riproduzione in serie. Al contrario, l’approvazione serve solo ad autorizzare il prototipo secondo gli standard previsti. La legge italiana sul tema non è però molto chiara e approvazione e omologazione vengono spesso trattate come fossero la stessa cosa.

Secondo la Corte di Cassazione, invece, esiste tra le due cose una differenza netta e sostanziale, per cui se non viene verificato che tutti i macchinari hanno le stesse caratteristiche e operano allo stesso modo ci potrebbero essere differenze nella rilevazione della velocità. Così, per questa mancanza di uniformità, l’automobilista trevigiano è riuscito a vincere il suo ricorso. Per provare a fare la stessa cosa è però consigliato verificare su internet se l’autovelox che ci ha colto in contravvenzione sia omologato o meno.

Come si controlla se un autovelox è stato omologato?

Per farlo si può inserire il numero di autovelox su internet e verificare se esistono già pronunce su quell’apparecchio, oppure si può richiedere un accesso agli atti per verificare se abbia o meno un certificato di omologazione. In molti casi i Comuni potrebbero aver reso queste informazioni disponibili online, per questioni di trasparenza.

Una volta effettuate le verifiche si può o fare ricorso al prefetto o all’amministrazione comunale di riferimento, entro 60 giorni dalla sanzione, oppure fare ricorso davanti al giudice di pace, entro 30 giorni dalla sanzione. Nel primo caso il ricorso è gratuito, ma se si perde la sanzione raddoppia. Mentre nel secondo caso si deve pagare una marca da bollo e aprire un contenzioso, con il quale si possono però richiedere accertamenti tecnici che potrebbero dimostrare anche difetti nell’autovelox. Se la mancata omologazione viene verificata, la sanzione diventa nulla, perché dopo la sentenza della Cassazione si garantirà l’uniformità delle altre sentenze.