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Chi è l’ex nazista applaudito in Parlamento in Canada durante la visita di Zelensky

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D’altronde questi errori marchiani di comunicazione qualcuno li dovrà pagare, che ci sia o meno un dolo originario. Se Trudeau, unendosi alle scuse di Rota, ha parlato di qualcosa di “terribilmente imbarazzante per tutti i canadesi“, Zelensky, ripreso mentre sollevava più volte il pugno in direzione dell’anziano combattente ucraino in segno di riconoscimento, non si è espresso ancora, ma sono noti i suoi rapporti di dipendenza con le forze paramilitari neonaziste sul campo di battaglia, a volte ritenute tanto influenti da ricattare il governo di Kyiv.

Ma come è possibile che nessuno, tra gli organizzatori dell’evento di Ottawa, non sapesse o non immaginasse che il 98enne Hunka, in quel momento storico, presentato come nemico dei russi, non poteva che combattere in una unità militare, nota anche come Galizia, creata dai nazisti in Ucraina occidentale? Che si trattasse della famigerata divisione anche nota come Galizia, nel 1943, e accusata di crimini di guerra durante la Seconda guerra mondiale, era solo nell’ordine naturale delle cose.

La divisione delle SS in cui militò Hunka è al centro di numerose controversie legate allo “sbiancamento” della galassia nera di quel periodo tragico per l’Ucraina da parte dei media occidentali. La Galizia arrivò a contare dopo la sua istituzione sino a 80mila volontari, venne accusata dal Tribunale di Norimberga di aver ucciso centinaia di civili polacchi ed ebrei, nella speranza di creare uno stato etnicamente puro dopo il conflitto. Il liberalismo politico che cerca di oscurare quel passato, pur di fare un favore a Kyiv, finisce in realtà per apparire più ambiguo agli occhi degli indecisi.

Se la stampa europea e quella ucraina non sembrano voler dare risalto all’incidente, per fortuna delle organizzazioni ebraiche canadesi, per for tra cui Friends of Simon Wiesenthal Center, B’nai Brith Canada e The Centre for Israel and Jewish Affairs, hanno risposto con indignazione alla scoperta che Hunka era un nazista. Anche l’ambasciatore polacco in Canada, Witold Dzielski, ha espresso il suo disappunto sulla vicenda attraverso il suo profilo X: “Il nostro parlamento ha esultato per un membro delle SS Galizia, la famigerata formazione militare dell’Ucraina della Seconda guerra mondiale responsabile dell’omicidio di migliaia di polacchi ed ebrei. La Polonia è il miglior alleato che l’Ucraina ha e non sarà mai d’accordo nel mascherare tali cattivi! Come ambasciatore polacco in Canada mi aspetto le scuse“.

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L’Ucraina ha un problema con Elon Musk

Author: Wired

Dopo la pubblicazione in esclusiva, da parte della Cnn, dell’episodio contenuto nella nuova biografia di Elon Musk nel quale l’imprenditore spiega di aver impedito l’utilizzo di Starlink durante un attacco di droni ucraini contro la flotta russa, si accendono le polemiche sul ruolo del fondatore di Tesla. L’episodio, che compare nel libro scritto da Walter Isaacson in uscita il prossimo 12 settembre, risale probabilmente alle prime fasi della guerra lanciata su larga scala dalla Russia nei confronti dell’Ucraina.

La reazione ucraina

A un giorno di distanza dalla diffusione del racconto dell’episodio, la dura reazione di Kyiv è stata affidata al consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak, che ha utilizzato proprio la piattaforma X per rivelare il suo sdegno.

A poche ore dalla pubblicazione dell’esclusiva Cnn il funzionario ucraino – che ha definito anche il Papa un “filorusso con il quale è impossibile trattare – ha scritto: “Non consentendo ai droni ucraini di distruggere parte della flotta militare russa tramite Starlink, Elon Musk ha permesso a questa stessa flotta di lanciare missili Kalbir contro le città ucraine, che hanno provocato la morte di bambini e civili. Una pesante attribuzione di responsabilità e un forte attacco, che prosegue con l’accusa di “ignoranza e sconfinato ego” nei confronti dell’imprenditore sudafricano naturalizzato statunitense.

Eppure, Elon Musk aveva giustificato il blocco di Starlink poiché, a sua detta, il sistema di satelliti, che il miliardario forniva già gratuitamente a Kyiv, doveva servire per mantenere le comunicazioni e non per condurre attacchi diretti. “Starlink è nato per cose pacifiche”, avrebbe spiegato al suo biografo Musk, “non a condurre attacchi con i droni”.

Musk filorusso?

Nonostante Starlink sia stato sin da subito di grande importanza per le operazioni militari ucraine, tanto che il governo guidato dal presidente Volodymyr Zelensky ha spesso elogiato pubblicato la tecnologia di connettività satellitare inviata in Ucraina per compensare il tracollo di altri sistemi di comunicazione e mantenere online le reti internet, sembra che in alcuni momenti Elon Musk abbia adottato una postura ambigua nei confronti dell’invasione da parte della Russia.

A inizio settembre il Wall Street Journal riportava che, quest’anno, la Commissione europea aveva diffuso un rapporto secondo il quale le politiche della piattaforma X/Twitter agevolassero la diffusione di propaganda russa. Propaganda, forse, che ha investito lo stesso Musk dato che, ricorda Al Jazeera, l’imprenditore è stato già accusato di allineamento con le narrazioni gradite a Mosca, tanto da portarlo a suggerire che i territori conquistati con l’invasione venissero consegnati alla Russia. Territori in cui, oggi, sono iniziate le elezioni locali. Il Consiglio d’Europa ha definito la tornata elettorale “una flagrante violazione del diritto internazionale” e ha affermato che le quattro regioni in questione “sono e rimarranno parte integrante dell’Ucraina”.

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Quando Elon Musk tolse Starlink agli ucraini

Author: Wired

C’è stato un momento durante la guerra in Ucraina in cui Elon Musk ha ordinato ai suoi ingegneri di spegnere la rete di comunicazioni satellitari Starlink, in quel momento utilizzata dalle forze di Kyiv, nei pressi costa della Crimea. Lo ha scritto Walter Isaacson nel suo libro “Elon Musk”, la biografia dell’imprenditore in uscita mondiale il 12 settembre.

Lo stop a Starlink

Lo stop al funzionamento di Starlink sarebbe stato deciso per impedire agli ucraini di attaccare con alcuni droni la flotta russa vicino alla penisola di Crimea, la cui annessione da parte di Mosca è stata duramente contestata dalla comunità internazionale. Secondo Walter Isaacson – autore anche delle biografie di Albert Einstein e Steve Jobs – Elon Musk avrebbe agito in questo modo perché convinto che se gli ucraini avessero messo a segno il loro attacco la risposta della Russia avrebbe coinvolto l’utilizzo di ordigni nucleari tattici, data l’estrema sensibilità dell’obiettivo scelto da Kyiv. Musk temeva di divenire responsabile di una “piccola Pearl Harbour”, riporta oggi la CNN. Il network informativo statunitense, che oggi rende noto in esclusiva questo episodio, spiega come la paura di Musk derivasse da alcune conversazioni che l’imprenditore aveva avuto con alti funzionari russi.

L’utilizzo strettamente difensivo

Sebbene Kyiv avesse preso contatti con Starlink prima dell’inizio della guerra, con l’inizio del conflitto i satelliti hanno aiutato in maniera determinante le truppe ucraine a mantenere attive le comunicazioni. Starlink, però, doveva servire solo per mantenere attive le comunicazioni, scrive la CNN, ecco perché venne spenta in vista di un attacco condotto dai droni ucraini. La mossa di Elon Musk portò gli ufficiali di Kyiv a supplicarlo di riattivare i satelliti, scrive Isaacson, ma la risposta fu negativa. “Perché mi trovo coinvolto in questa guerra?” si sarebbe chiesto Elon Musk nel momento più difficile, “Starlink non è nato per fare la guerra. Starlink serve per permettere alle persone di guardare Netflix, usare internet per studiare e fare cose pacifiche. Non è nato per condurre attacchi con i droni”.

Chi paga per Starlink?

Lo scoop riportato come anticipazione dell’uscita del libro suggerisce l’importanza assunta dall’imprenditore privato all’interno di una questione di ampissima scala come l’invasione russa dell’Ucraina. Dopo l’inizio della guerra, infatti, sia Kyiv che la Casa Bianca hanno iniziato a chiedersi chi dovesse pagare Musk per il servizio che, fino a quel momento, aveva offerto gratuitamente. Una trattativa forse andata troppo per le lunghe dato che, nell’autunno 2022, Musk ha deciso di smettere di fornire gratuitamente Starlink all’Ucraina a causa degli alti costi che l’operazione comportava. Parole a cui, ben presto, seguì un dietrofront: il 22 ottobre 2022 Elon Musk annunciava sul vecchio Twitter: “al diavolo, torneremo a fornire Starlink gratis all’Ucraina”.

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Gli Stati Uniti invieranno all’Ucraina munizioni all’uranio impoverito

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Mentre Kyiv annuncia lo sfondamento delle prime linee nemiche, da Washington arriva la notizia che nel prossimo pacchetto di aiuti degli Stati Uniti all’Ucraina – che ha un valore compreso tra i 240 e i 375 milioni di dollari – ci saranno per la prima volta anche le controverse munizioni perforanti all’uranio impoverito. A scriverlo per prima è stata la Reuters. L’agenzia ha aggiunto che le munizioni all’uranio impoverito dovrebbero essere consegnate a Kyiv la prossima settimana, forse insieme agli annunciati carri armati Abrams, capaci di sparare proprio munizioni all’uranio.

Munizioni potenzialmente cancerogene

A rendere “controverso” questo tipo di munizioni è il possibile effetto cancerogeno che potrebbero avere su chi ne viene a contatto anche a distanza di tempo dalla loro esplosione. Sulla pagina delle Nazioni unite dedicata al tema è spiegato che l’uranio impoverito è “un metallo pesante tossico” che può essere impiegato per creare munizioni in grado di “penetrare le piastre corazzate” o, viceversa, per “rinforzare i veicoli militari”.

Sempre le Nazioni unite, di concerto con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), scrivono che l’uranio impoverito può essere pericoloso per chi con esso entra in diretto contatto. Il danno consisterebbe nella contaminazione da radiazioni. Non vi sarebbero, invece, particolari rischi per la salute nel caso di un’eventuale dispersione nell’aria di questa sostanza.

Non una novità sul campo di battaglia

La notizia, che ancora non è stata commentata da Mosca, è sorprendente per chi partecipa al dibattito, ma non lo è affatto per il campo di battaglia. Nel marzo scorso, infatti, già la Gran Bretagna aveva inviato all’Ucraina le munizioni anticarro all’uranio impoverito. Le autorità di Mosca reagirono duramente agitando, ancora una volta, lo spettro dell’apocalisse nucleare come unico modo per fermare un’escalation voluta dalle potenze occidentali.

Il Wall Street Journal già a giugno che Washington avrebbe inviato munizioni perforanti all’uranio impoverito. Una scelta che, forse, riaccenderà dubbi e critiche, soprattutto perché arriva a pochi mesi dalla spedizione delle altrettanto controverse bombe a grappolo all’esercito ucraino. A oggi, Stati Uniti, Russia e Ucraina (insieme ad altri paesi) non hanno firmato la Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle cluster bombs del 2008.

Un problema di lungo periodo

Munizioni perforanti all’uranio impoverito e bombe a grappolo creano un problema di lungo periodo per il territorio ucraino, già pesantemente minato dalle forze russe. Il rischio maggiore è che, anche a molti anni di distanza dalla fine della guerra, senza la tempestiva bonifica dei territori questi armamenti possano continuare a fare male soprattutto ai civili.

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L’Europa sta ancora importando un sacco di gas dalla Russia

Author: Wired

Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’Unione europea ha deciso di liberarsi dai combustibili fossili di Mosca, per tagliare un enorme flusso di denaro che sarebbe andato a finanziare le operazioni militari. Tuttavia, nei primi sette mesi dell’anno i paesi europei hanno importato il 40% in più di gas naturale liquefatto (gnl) rispetto allo stesso periodo del 2021, l’anno precedente all’aggressione su larga scala.

Secondo l’ultimo report di Global Witness, su dati della società di analisi delle materie prime Kpler, si tratta di circa 22 milioni di metri cubi di gnl, arrivato via nave in Unione europea dalla Russia tra gennaio e luglio 2023. A oggi, la Spagna è diventata il secondo più grande acquirente di gnl russo a livello mondiale, con il 18% del totale, seconda solo alla Cina, con il 20%, e il Belgio, con il 17% occupa il terzo posto.

Di fatto, nei primi sette mesi del 2023, i vari paesi dell’Unione europea hanno acquistato circa il 52% di tutti i 41,6 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto esportati dalla Russia, un aumento consistente rispetto al 49% e al 39% del 2022 e del 2021. Cifre che porteranno l’Unione a raggiungere il suo record personale di importazione di gnl dalla Russia entro la fine dell’anno, per un ammontare complessivo di circa 5,3 miliardi di euro, secondo le stime di Global Witness.

Oltre alla necessità europea di riempire le scorte di carburanti alternativi al gas da gasdotto, la cui fornitura dalla Russia è ormai completamente tagliata, uno dei motivi fondamentali dietro a questo aumento delle importazioni risiede nella forza dei contratti a lungo termine firmati tra i vari stati membri e Mosca, molto prima dell’invasione su larga scala. Per l’analista di Kpler Adam Bennett, intervistato da Business Insider, circa il 90% dei flussi di gnl russo dei prossimi dieci anni sono destinati a Belgio, Francia, Paesi Bassi e Spagna.

Pur trattandosi di volumi ancora nettamente inferiori rispetto alla quantità di gas importata in Europa tramite i gasdotti fino al 2021, pari a circa 140 miliardi di metri cubi all’anno, Bruxelles sta cercando delle scappatoie legali per tranciare i contratti a lungo termine senza pagare penali e impedendo alle società russe di prenotare le capacità infrastrutturali a loro già assegnate. Attualmente ci sono varie proposte sul tema, inserite all’interno della posizione negoziale degli stati membri sulle nuove regole del mercato del gas in Unione europea, ma ci vorranno ancora mesi prima che le negoziazioni con il Parlamento giungano a conclusione.