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Megavideo, multa da 12,1 milioni di euro in Italia a 4 anni dalla chiusura

Il Tribunale di Roma ha ordinato al Megavideo di Kim Dotcom di pagare una multa di 12,1 milioni di euro per i contenuti presenti in passato sul servizio di streaming multimediale. L’ordine della Giustizia italiana arriva in seno alla causa di RTI datata 2010 quando la compagnia televisiva inviava le richieste di sospensione senza specificare URL. Il Tribunale ha deciso che non era necessario specificare gli URL dei video illegali per sottolineare la colpevolezza della società di Kim Dotcom all’interno del caso specifico.

L’impero di Dotcom ha iniziato a sgretolarsi qualche anno dopo, quando Megaupload e Megavideo venivano chiusi, nel 2012, in seguito ai raid delle autorità in Nuova Zelanda e alle azioni legali sparse per diversi continenti. Il dramma per l’eccentrico informatico milionario non si è comunque concluso, a quattro anni circa dai fatti. L’imprenditore sta infatti lottando su diversi fronti e per diverse accuse, fra cui violazione del diritto d’autore, racket e riciclaggio di denaro.

All’interno di Megavideo non mancavano contenuti legati a show televisivi mandati in streaming senza alcun consenso dei legittimi proprietari. E fra questi show c’erano anche quelli di RTI, Reti Televisive Italiane, sussidiaria di Mediaset. Nel 2010 la società televisiva italiana contattava Megavideo per rimuovere i contenuti illegali, ma alle richieste non è mai giunta alcuna risposta o tentativo di collaborazione. RTI ha così denunciato il servizio di Dotcom per violazione dei diritti d’autore e concorrenza sleale.

I danni, secondo gli avvocati della società italiana, ammontavano a circa 110 milioni di dollari. Cadute le accuse di concorrenza sleale, le notizie non sono comunque positive per Dotcom: l’Autorità italiana ha infatti scoperto che su Megavideo fossero presenti circa 16 mila minuti di programmi appartenenti ad RTI, ordinando quindi il pagamento di una multa di 12,1 milioni di euro più 60 mila euro di spese legali.

Nel processo Megavideo ha deciso di non difendersi dalle accuse, con il Tribunale che ha cercato di considerarlo come un semplice servizio di hosting per alleviarne la pena. Per via di alcune feature (limitazioni eliminabili con proposte a pagamento, pubblicità basate sulla geolocalizzazione del dispositivo, contenuti suddivisi in categorie) presenti nel sistema, tuttavia, questo non è stato possibile.

Una parte interessante all’interno dell’intero processo è stata quella relativa all’assenza di URL nella denuncia. Solitamente quando si richiede un DMCA deve essere proposto un URL in modo che si possa identificare rapidamente il contenuto in questione. Non è stato così nella denuncia di RTI, la quale citava solo la presenza generica di show televisivi all’interno del servizio. A quanto pare al Tribunale di Roma non serviva questa delicatezza, e ha ribadito che “le informazioni incluse nelle richieste di sospensione fossero sufficienti per permettere all’imputato di prevenire la continuazione della violazione dei diritti di RTI” per via della notorietà delle trasmissioni e dei canali in cui venivano trasmesse, aspetti che avrebbero potuto rendere palese la violazione anche agli occhi dei fornitori del servizio.

Insomma, una gatta da pelare di scarse dimensioni per l’impero costruito da Kim Dotcom e per il futuro del servizio, anche visto che Megavideo è ormai chiuso da quattro anni. Tuttavia la sentenza del Tribunale di Roma potrebbe rappresentare un forte precedente legale dal momento che potrebbe consentire ad altri proprietari europei di opere di inviare richieste di sospensione particolarmente generiche e sperare di ottenere gli stessi privilegi concessi a RTI.

Autore: Le news di Hardware Upgrade

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