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Economia

Al nord e i meno giovani si fidano di più della complementare

Metà anno se ne andato e con esso la speranza di una forte ripresa economica. Chi sperava in una vacanza folleggiante, alla fine, per una serie di motivi concomitanti con la mancata ripresa economica, come il terrorismo, alla fine anche quest’anno si deve arrangiare.

Di questa situazione non soffrono solo i vacanzieri, ma interi settori economici e naturalmente soffre anche la previdenza complementare che sta li li per decollare, ma è oggettivamente frenata dalla crisi. Alla fine del 2015 gli iscritti alle forme pensionistiche complementari erano 7,227 milioni; in ragione d’anno la crescita, al netto delle uscite, è stata del 12,1 per cento.

Un buon risultato, ma sempre e solo relativo ad un quarto della potenziale platea. Il dato è ancora più eclatante se si guarda al settore pubblico, oggetto di attacco su tutti i fronti, da quello economico a quello della indotta scarsa considerazione sociale. Anche se bontà sua proprio ieri il governo ha promesso di investire più soldi.
Sul totale dei nuovi iscritti, resta limitato l’apporto delle adesioni mediante il conferimento tacito del TFR: circa 15.200, per la maggior parte confluite nei fondi negoziali (13.200) e per circa 1.000 in Fondoinps.
Il conferimento tacito può realizzarsi a favore delle forme pensionistiche complementari ad adesione collettiva secondo precise modalità stabilite dalla legge ad esclusione degli statali.  In assenza della volontà esplicita del lavoratore sulla destinazione del proprio TFR, e qualora gli accordi collettivi non prevedano una forma pensionistica di riferimento, i flussi di TFR vengono destinati in modo automatico a Fondoinps. Dall’avvio della riforma, i nuovi aderenti taciti sono stati nel complesso 258.000; quindi la percentuale di nuovi aderenti taciti è risultata il 6 per cento.
Aderiscono alle forme pensionistiche complementari  174.000 dipendenti pubblici su un totale di 3.500.000; di questi, circa 120.000 iscritti al fondo rivolto al comparto della scuola, Espero, 38.500 nell’altra iniziativa contrattuale destinata al comparto regioni e autonomie locali, sanità, ministeri e Presidenza del Consiglio dei ministri (Fondo Perseo Sirio) e gli altri distribuiti per lo più nei fondi  territoriali.
Guardando alla ripartizione per età, si osserva che solo il 16% dei lavoratori con meno di 35 anni è iscritto a una forma pensionistica complementare; il tasso di adesione è pari al 24 per cento per i lavoratori di età compresa tra 35 e 44 anni e al 31 per cento per quelli tra 45 e 64 anni. Nel complesso, l’età media degli aderenti è di 46,2 anni, rispetto ai 42,6 delle forze di lavoro.
Secondo il genere, il tasso di partecipazione è del 27,2 per cento per gli uomini e del 23,5 per le donne. Gli iscritti di sesso maschile rappresentano il 61,1 per cento del totale degli aderenti rispetto a una percentuale sulle forze di lavoro del 57,6 per cento.
Considerando la residenza degli iscritti, i tassi di partecipazione nel Nord Italia si attestano in media al 30 per cento. Livelli più elevati si registrano nelle regioni dove l’offerta previdenziale è completata da iniziative di tipo territoriale: 40-45 per cento in Valle d’Aosta e in Trentino Alto Adige; valori intorno al 30-32 per cento si osservano in Lombardia, in Friuli Venezia Giulia e in Veneto; nelle altre regioni settentrionali il tasso di partecipazione è comunque non inferiore al 27 per cento.
Nelle regioni centrali i tassi di adesione sono in media del 25 per cento, più elevati in Toscana dove superano il 28 per cento.
Nel mezzogiorno, solo il 18 per cento dei lavoratori aderisce a forme di previdenza complementare. In tutte le regioni la partecipazione è al di sotto della media nazionale, con i livelli più bassi in Calabria e in Sardegna (intorno al 16 per cento in entrambe).
Nel settore dei lavoratori pubblici risulta una media generale  del 2,52%, fortemente sottodimensionata rispetto alle potenzialità. Per le regioni Trentino AA e Valle D’Aosta va rilevato che in esse agiscono specifici fondi territoriali (Laborfond e Fopadiva).
La regione con il tasso di adesione più elevato dei pubblici dipendenti  è l’Emilia Romagna seguita in ordine da Piemonte, Veneto Umbria, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e, a ridosso della media nazionale, la Toscana.
Il confronto per numero di aderenti, conferma la leadership dell’Emilia Romagna ponendo al secondo posto la Lombardia e a seguire Veneto, Piemonte, Toscana, Campania, Lazio e, via via, tutte le altre.

Le regioni di maggiore problematicità in rapporto al numero di pubblici dipendenti presenti sul territorio, sono la Sicilia, il Lazio, Calabria, Puglia, Sardegna e Campania. Sotto il profilo dell’età anagrafica la curva degli associati nella loro generalità si mostra, in modo accentuato tendente alle classi più anziane e, di contro, soffre una forte depressione nelle classi fino a 44 anni d’età. Vedremo se e in che misura l’eventuale rinnovo contrattuale del P.I. modificherà la situazione.

Ma questo dato, tenendo conto della forte differenza di addensamento di pubblici dipendenti nelle singole regioni è poco significativo se si vuole misurare il grado di adesione, che comunque è irrilevante. Non si dimentichi che il dato del 2,52% dei lavoratori pubblici fa da contraltare a quello dei chimici, elettrici e metalmeccanici il cui tasso di adesione è dell’80%, per non parlare degli edili, che in base all’ultimo contratto di questa categoria, sono tutti automaticamente iscritti con il contributo del datore di lavoro.
La media è quella compresa tra i 45 e i 54 anni, a scapito delle generazioni più giovani.
Sotto il profilo dei comparti di appartenenza la distribuzione degli iscritti premia quelli più importanti attribuendo il 53,35 al comparto della sanità e il 30,38 a quello degli Enti Locali; il terzo comparto per dimensioni sono i Ministeri con il 6,51% e a seguire le Regioni (3,81%), le Province (2,47%), Agenzie Fiscali e Università poco sopra l’1% e, infine, tutti gli altri, fra cui l’Inps e l’Inail, al di sotto dell’1%.
L’età media abbastanza elevata (50 anni e 11 mesi) può determinare nel futuro problemi di sostenibilità, anche se ciò, data la distribuzione per fasce d’età, non prima di 6/8 anni. Occorre comunque, nella politica di acquisizione di nuovi associati, procedere in due direzioni: verso i potenziali aderenti con età compresa fino ai 45 anni – pur sapendo che essi non superano il 25% dell’intera popolazione – e verso i soggetti fiscalmente a carico degli associati.

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Autore: Finanza.com Blog Network Posts

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