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Calo di produzione: che sta succedendo al fotovoltaico italiano?

Fra gennaio e giugno 2016 in Italia c’è stato un impressionante calo del 13,4% della produzione del parco fotovoltaico. In parte dipende dal meteo, ma le cause sono anche altre. Abbiamo intervistato alcuni operatori del settore per capire qual’è il problema e come affrontarlo.

Il nostro Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, quando parla di rinnovabili ricorda sempre che l’Italia ha il record mondiale di produzione da fotovoltaico sul totale della produzione elettrica.

E questo, pare di capire, ci dovrebbe rendere tutti contenti e soddisfatti per i prossimi decenni a venire, senza pretendere ulteriori interventi legislativi a favore di questa fonte.

Purtroppo però, continuando così, quel dato non lo si potrà più sbandierare in giro: mentre altri paesi installano GW su GW di nuovi impianti solari, risalendo quindi la classifica, l’Italia si è quasi fermata, +270 MW nel 2015, e, ancora peggio, nel 2016 la produzione da solare sta mostrando una preoccupante tendenza alla discesa.

Secondo i dati Terna il solare italiano ha prodotto fra gennaio e giugno 2016 11,2 TWh, contro i 12.9 dello stesso periodo 2015, un calo di 1,7 TWh, corrispondente a un impressionante 13,4 per cento in meno.

La prima cosa che viene da pensare è che, in assenza del continuo e consistente aumento annuale di potenza a cui eravamo abituati fino a qualche anno fa, il solare cominci ad andare su e giù seguendo i capricci del meteo.

I 270 MW del 2015 hanno fatto crescere la potenza di appena l’1,5%, a cui va sottratto il calo di potenza naturale per invecchiamento degli impianti già esistenti, circa l’1%.

Il restante mezzo punto di crescita effettiva non mette certo al riparo dal calo di “materia prima” di un anno nuvoloso come il 2016, tanto più se segue un anno come il 2015 che era stato molto soleggiato.

«In effetti» ci dice Giovanni Massari della GM, installatore di solare di Gassino Torinese «gli impianti che gestiamo hanno rivelato un calo di irraggiamento nel 2016 pari a circa il 5%, rispetto al 2015. Se consideriamo che il maltempo ha colpito soprattutto fra maggio e giugno, mesi di grande produzione solare, questo potrebbe spiegare in buona parte il calo di produzione generale».

Ma l’Italia è lunga, e anche se al centro-nord è installata quasi la metà della potenza solare, il meteo al centro-sud, che ospita l’altra metà, non è stato così sfavorevole .

«Noi, nei nostri impianti situati fra Abruzzo e Sicilia non abbiamo registrato particolari cali di irraggiamento fra 2015 e 2016» ci dice Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare e AD di Enerpoint. E allora cosa sta succedendo?

Ci sono da tempo dei sospetti che le performance del FV italiane siano lontane da quelle ottimali: in questo articolo di QualEnergia.it di poche settimane fa era stato fatto notare come, a fronte di una produzione teorica media annua di 1368 kWh/kW installato, il FV italiano si fermi a 1206 kWh/kW, una mancata produzione del 10% cento che è tempo di cercare di capire da cosa si origini.

E le notizie che abbiamo raccolto fra gli operatori del settore che abbiamo sentito non sono buone: questo improvviso calo fra 2015 e 2016 potrebbe essere il sintomo dell’arrivare al pettine di nodi nati anni fa: realizzazione affrettata e con materiale non di qualità fatta ai tempi del boom degli incentivi, sciatteria o ignoranza per quanto riguarda la manutenzione, continue norme punitive e conseguente crisi del settore che ha tagliato i fondi per mantenere efficienti gli impianti.

Insomma il FV italiano sembra essere stato fatto “all’italiana”… Vediamo punto per punto, i fattori che potrebbe influire sul calo di produzione.

1° fattore) Materiali scadenti

«Ai tempi del boom degli incentivi, nel 2010-2011» ci dice Stefano Neva, di Alea Quotidia, una società milanese che progetta e costruisce impianti fotovoltaici nel Nord Italia «un produttore di pannelli mi confessò candidamente di stare immettendo sul mercato pannelli di scarsa qualità, non controllati, per stare dietro alle richieste che lo sommergevano.»

Conferma Massimo Gamba, consigliere di Italia Solare, progettista di impianti FV, ed esperto di verifica e manutenzione. «Durante le nostre verifiche capita spesso di trovare moduli con difetti, molti dei quali richiedono strumenti appositi, come le termo camere, per essere evidenziati, ma alcuni sono visibili ad occhio nudo.»

Tra i dieftt più comuni Gamba cita le “bave di lumaca”, strisce decolorate che talvolta corrispondono a micro fratture da cui può penetrare l’umidità nel pannello. Capita per lo più con i moduli a film sottile, ma può succedere anche ai policristallini.

“Questi difetti – spiega – possono ridurre anche della metà o più la produzione del pannello. Inoltre i moduli di qualità non ottimale possono degradarsi più rapidamente del normale: in genere i pannelli perdono lo 0,7% di produzione ogni anno, ma mi è capitato in un caso di verificare un calo del 7% in tre anni.”

Ci sono poi difetti agli inverter: «di nuovo soprattutto a quelli di marche più economiche, che fanno perdere una consistente parte dell’energia, anche il 5-6% – continua l’esperto.»

Infine possono esserci problemi ai cavi o ai fusibili: se saltano questi ultimi, si può spegnere un’intera stringa di moduli e se l’impianto, come accade spesso con quelli di prima del 2010, non è monitorato a distanza, può anche non accorgersene nessuno per lungo tempo. Tutto ciò è spesso frutto del desiderio di risparmiare il più possibile, che ha portato a installare materiali di qualità inferiore, di cui ora si paga il prezzo.»

E farsi rimborsare il mancato rispetto della garanzia nelle prestazioni oggi non è facile, anche perché molte delle ditte di produzione e installazione degli anni del boom sono scomparse.

2° fattore) Scarsa manutenzione

I problemi di cui sopra potrebbero essere risolti ed evitati con una corretta manutenzione periodica.

«Ma molti, e poco seri, venditori di fotovoltaico, per incrementare la convenienza delle loro offerte, hanno trascurato, e ancora trascurano, di avvertire il cliente che il loro impianto richiede controlli e manutenzione periodica, con le relative spese», ci dice Alex Del Santo di Conergy.

«Occorrere invece fornire al cliente linee guida chiare, che spieghino cosa vada fatto per mantenere la produzione al massimo, e offrirgli sempre la possibilità di un controllo a distanza da parte di esperti, che si accorgano subito dei malfunzionamenti».

Il problema è particolarmente grave per gli impianti di piccole dimensioni, circa 7 GW, i cui proprietari quasi sempre sono stati illusi che il FV “non richiede manutenzione”, a parte il cambio dell’inverter dopo 10 anni.

In realtà non è così, spiega Gamba: «La manutenzione è fondamentale per il FV e non solo per mantenere i livelli di produzione, ma anche perché guasti possono provocare cortocircuiti e quindi incendi, con danni a cose e persone. Per evitare cali, comunque, la cosa più ovvia è almeno tenere puliti i pannelli, ma non tutti ci pensano e talvolta, per quelli messi sui tetti, la cosa non è neanche così semplice.»

«Secondariamente, nel caso l’impianto non sia controllato a distanza, cosa che accade raramente per quelli domestici e per quelli più vecchi – continua – occorrerebbe verificare periodicamente che la produzione in kWh per ogni kW di potenza, rientri nella normalità della propria zona geografica. Se si notano notevoli scostamenti dalla media chiamare un elettricista abilitato per il FV con patentino europeo. Questo verificherà inverter e moduli, per scoprire perdite di potenza, riparare guasti ed eventualmente sostituire parti difettose, approfittandone, magari per migliorare l’impianto con componenti più moderne.»

E qui casca l’asino…nel senso che al momento mancano le normative per compiere queste riparazioni. «Il GSE ha ritirato recentemente le norme tecniche sulle procedure per sostituire i moduli senza produrne ancora di nuove. Il risultato è che mentre per gli inverter la procedura è chiara, per i pannelli la sostituzione adesso la si fa a proprio rischio e pericolo, perché non si sa se sarà accettabile o meno dal GSE in futuro» commenta Massari.

«E meno male che le ha ritirate», aggiunge Viscontini «perché le vecchie norme prevedevano assurdità, tipo usare pannelli con una potenza uguale a quella degli originali, mentre i modelli attuali hanno potenze più alte, anche se costano meno: certe volte toccava costruire costose imitazioni dei vecchi pannelli usando celle difettose, per limitare la potenza. Inoltre le vecchie norme, per evitare crescite impreviste degli incentivi, prevedevano che qualunque riparazione si facesse, l’incentivo venisse calcolato sulla media delle produzioni pregresse, per quanto calate fossero a causa di usura o guasti, scoraggiando di fatto manutenzione e riparazioni».

Insomma l’ennesimo ostacolo messo sulla strada del solare. «Ed era un ostacolo particolarmente odioso, che fa sprecare senza ragione preziosa energia rinnovabile –  aggiunge Neva  – perché con una corretta manutenzione la produzione solare può essere mantenuta esattamente ai livelli previsti, come verifichiamo ogni giorno sugli impianti che gestiamo da molti anni».

Non c’è che da sperare che il GSE colmi presto il vuoto normativo, e lo faccia con ragionevolezza.

3° fattore) La crisi del settore

«Quando fu introdotto lo Spalma Incentivi noi avvertimmo che ci sarebbero state gravi conseguenze nel settore: quel provvedimento, infatti era basato sul principio che ogni operatore nel FV si stesse arricchendo con incentivi esagerati, mentre il 90%, in realtà, ha margini ridotti e gira quasi tutto l’incasso alle banche che hanno finanziato l’impianto», osserva Viscontini

«Con la riduzione retroattiva degli incentivi – spiega – moltissimi operatori del FV, ma anche industrie o agricoltori che avevano investito in questi impianti per avere un aiuto a superare la crisi, vedono ora azzerati i margini di guadagno, e, come prima cosa tagliano sulla manutenzione abbandonando gli impianti a loro stessi, con la conseguenze dette prima: un rapido calo della produzione. Sappiamo di migliaia di casi di questo tipo: operatori scoraggiati dai continui nuovi adempimenti e spese, che si pentono di aver mai investito nel solare.»

A questo si aggiunge la poco nota piaga dei furti, che prendono di mira sia i moduli che i cavi di collegamento, per ricavarne il rame: «solo ad Enerpoint – racconta Viscontini – abbiamo subito furti per 500mila euro nel 2015. Le assicurazioni pagano, ma, come al solito, dopo aver tentato di evitarlo con ogni scusa, il minimo possibile e dopo tanto tempo. E intanto, se il proprietario non può anticipare di tasca sua le spese di ripristino, l’impianto resta spento. Ne conosco uno da 4 MW che, dopo un furto, è in questa condizione da due anni».

Concludendo, se queste sono le ragioni dietro al calo, anche il ritorno di un anno soleggiato non risolverà la questione: il FV italiano, dopo un breve periodo di “splendore”, rischia di affondare in una palude di incuria e degrado. Ma che si può fare?

«A settembre apriremo un tavolo con il GSE per trovare un accordo che permetta al tempo stesso di incoraggiare la manutenzione, che di mantenere il costo degli incentivi nei livelli previsti per legge – anticipa Viscontini – E nei prossimi mesi produrremo un manuale con le linee guida sulla manutenzione da far arrivare gratuitamente a tutti i proprietari di piccoli impianti FV, con i consigli per verificare se il proprio impianto stia funzionando al meglio, le cose da fare per mantenere la produzione al massimo e, nel caso, gli indirizzi di tecnici specializzati a cui rivolgersi per un controllo approfondito ed eventuali riparazioni. Infine contiamo di intervenire presso le assicurazioni, perché cerchino di accelerare le pratiche di rimborso dei furti».

Speriamo che basti per evitare il tramonto del solare italiano.

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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