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Ladri di sogni

I bambini hanno bisogno di sognare

I bambini hanno bisogno di sognare

ANTEFATTO Quella che mi accingo a raccontare è la storia dei sogni rubati ai piccoli tifosi milanisti, una storia in cui molti di noi sono incappati perchè il Giannino ha scientemente snobbato i suoi giovani fan, pensando che una festa di compleanno organizzata a Casa Milan potesse far dimenticare anni di totale laidezza.
Attori non protagonisti di questo copione sono spesso i genitori, in predominanza padri, che con tutto il loro cuore hanno sempre sperato di condividere quella loro folle e irrazionale passione con chi gli è entrato nell’anima nel momento stesso in cui è nato. Nel mio caso la situazione è quella di uno zio con un nipote che fin da piccolo dormiva con il pallone del Milan tra le braccia e la bandiera rossonera messa sopra le lenzuola. No, non è una balla: dormiva proprio così, peggio di Oliver Hutton.
Gli anni passano, la vita mi porta a vedere meno quel nipote e così dopo anni di Giannino accade ciò che ogni padre-tifoso (nel mio caso zio) eviterebbe come la peste: il dubbio che il bambino stia cambiando squadra. Quando intuisco l’avvicinarsi del punto di non ritorno gli parlo e all’orizzonte si staglia nei miei pensieri la gobba vittoriosa e idolatrata fino all’inverosimile nei patri confini. Capisco subito che dietro quell’abbozzo di gibbosi si nasconde in realtà un muro di tristezza, di chiusura verso quel mondo rossonero che tanto lo aveva deluso. Lo schifo totale in cui era caduta quella società con il cui vessillo dormiva la notte (maledetti! vi amava e vi portava nei suoi sogni!) lo aveva portato a non seguire più il calcio, chiudendo in una cantina quel pallone rossonero. La prospettiva di diventare uno pseudo-gobbo era forse la via di fuga più facile da quel dolore di bambino: il Giannino gli aveva rubato i sogni.
Parliamoci chiaro, il Giannino si ostina a ripeterci che questo è il Milan più vincente della storia e bisogna essere riconoscenti. Provate a dirlo ad un bambino nato nel 2005 e vediamo cosa vi risponde. Se è rimasto milanista vi dirà che lui ricorda in maniera sbiadita uno scudetto quando aveva 5/6 anni e per il resto ricorda la vendita di tutti i suoi idoli, figure di palta in giro per l’Italia e uno stadio vuoto per protesta contro una società assente e ondivaga. Bravi, complimenti, vantatevi ancora se ci riuscite.
Da zio gli ho raccontato il significato di quei colori, di quella squadra che fu la prima italiana a vincere la Coppa dei Campioni, la squadra di Rivera primo pallone d’oro italiano, la squadra di Sacchi che cambiò il calcio, la squadra della dinastia Maldini che alzò da capitano la coppa dalle grandi orecchie con padre e figlio. Una storia irripetibile.
Le sue orecchie avevano bisogno di verità, ma come ogni bambino aveva bisogno di toccare con mano. Il tutto stava a Casa Milan.

IL RE NUDO Giornata calda, caldissima di questa estate e per la seconda volta in vita mia varco la porta d’ingresso del museo del Milan. Pochissima gente, per lo più papà intenti a spiegare ai figli la storia rossonera mentre io leggo a mio nipote la frase di Kilpin “Saremo una squadra di diavoli…i nostri colori saranno il rosso come il fuoco e il nero come la paura che incuteremo agli avversari”. Lui assimila ed entriamo.
Passo le dita sul primo pannello touch e non funziona. “Mah” penso io ed andiamo avanti tra vari cimeli, ma c’è qualcosa di strano nell’aria rispetto alla prima volta…vedo lo scheletro della ricostruzione dell’elicottero di Berlusconi eppure non sento la Cavalcata delle Valchirie. Possibile? Eppure io ricordo di averla ben udita durante la mia prima visita e mi sembra che ci fosse anche un vero e proprio filmato e non un piccolo schermo a destra dove passano delle immagini. Probabilmente i miei ricordi sono sbiaditi ed errati però ho come la sensazione che qualcosa sia mutato, anche nell’atmosfera, percepisco quasi un senso di precarietà. Lascio le mie perplessità per qualche minuto e proseguiamo.
Troviamo un altro pannello touch e questo grazie al cielo funziona. “Menomale” mi dico. Arriviamo alla sala dei trofei e la luce brilla nei suoi occhi. Gli mostro dalla coppa latina fino all’ultima intercontinentale e ci sediamo per vedere il filmato. Mentre lui guarda io osservo i nostri posti a sedere… e anche qui il dubbio mi assale. Nelle parti dorate ci sono sprazzi di bianco e segni di usura come se nessuno si fosse preso la briga di dargli una rinfrescata. Io li ricordavo completamente dorati, ma sicuramente la mia mente farà confusione. Quel dubbio però mi rimane in testa.
Passiamo oltre e appese di fianco a noi ci sono le maglie autografate dei nostri “campioni” con in alto il volto ed i dati dell’atleta. Mi soffermo e vedo le maglie di Donnarumma, Romagnoli, Niang, Bacca, Montolivo, De Sciglio e…Menez. Menez? Ma è stato regalato! Ricontrollo. E’ proprio la numero 7 di Menez ma sopra non c’è più il suo cartellone. Quella strana sensazione che mi pervadeva fin dal primo pannello touch non funzionante si rafforza.
Vediamo l’ultimo filmato e poi si passa alla sala dei palloni d’oro, da Rivera a Kakà passando per Van Basten e tutti gli altri. Ripenso alla maglia di Menez lasciata lì da chissà quanto tempo e un altro dubbio mi assale: ma quella di Honda che serve a vendere le magliette c’era? La numero 10, quella sognata da ogni bambino era lì oppure no? Non ricordo, forse mi è sfuggita o così voglio credere.
Il giro sarebbe finito, da quel che ricordavo, e invece c’è la mostra dedicata alla champions league con in bella mostra, tra le altre, le maglie del benfica, del real e…dell’inter. Ma perchè!?! Siamo nel Museo del Milan! Volete presentarmi la storia della coppa dei campioni? Allora fatemi un percorso dedicato, già mi sto giocando le ultime carte con mio nipote e questa è un’altra mazzata, la coppa che lui praticamente non ha mai visto disputare! Passo rapidamente la mostra champions impedendogli la vista del nerazzurro e ci dirigiamo verso lo store perchè rivuole la maglia del Milan. Gioia immensa.
Prendo la prima maglia della sua misura e sulla schiena è vuota, anzi no c’è scritto “45” “Balotelli”. Ma come? Non lo abbiamo sbolognato? Ma almeno questo lo sanno? Almeno a questo hanno prestato attenzione? Sono sempre più perplesso e quel dubbio è diventato un grosso tarlo: qualcosa sta cambiando, serve solo tempo e pazienza per noi tifosi.
Prova la maglia, taglia ok. Sto per pagare, ma la vuole con le scritte dietro. Oddio e adesso? Gli chiedo con non poca paura chi sia il suo calciatore preferito: “Donnarumma”. Chiamalo scemo. Il problema è che fa il portiere…e allora che si fa? Non gli piace nessun altro! Potere del Giannino.
Gli dico che non è obbligatorio prendere quella di un calciatore, può mettere anche il suo nome e il numero che vuole. I suoi occhi si illuminano, è fatta. “Mettiamo il 10 come numero?” Mi guarda con faccia sgomenta: “è il numero di Honda”. Rimango di sasso, ma in fondo ha ragione lui, quel numero tanto amato per i bambini milanisti è diventato quasi un’onta. Ecco le genialate del Giannino che ruba i sogni ai bambini. Mi fate ribrezzo.
Adesso manca da esaudire la sua ultima richiesta, cioè la partita allo stadio. Avevo promesso di portarlo alla prima occasione ma, con lo sguardo basso, mi dice che non vuol più andarci. Se non vuole non lo porterò, ma vorrei saperne il motivo. Con una faccia triste che di più non si può mi dice “tanto perdiamo”. I bambini son così, ti sbattono la verità in faccia senza passare dal via. Grazie società per rubare ancora una volta i sogni ai bambini.
Gli dico ok ed aggiungo “ma un giorno torneremo, devi aver pazienza. Comunque per andare a casa facciamo il giro largo e passiamo davanti allo stadio così vedrai che è il più bello del mondo, costruito dall’allora presidente del Milan”. Saliamo in auto e dopo poco gli indico un’immensa trave rossa che sbuca tra le case dicendogli “quello è San Siro” e rimane stupito. Dopo i primi attimi in cui ha perso l’uso della parola continua a ripetere che é gigantesco ed io con fierezza “visto cos’è San Siro? Immagina dentro”. Ora le parole gli sono tornate, poche ma precise: “zio quando andiamo allo stadio?”

EPILOGO Questo è un piccolo racconto, uno spaccato di vita di un milanista qualsiasi impegnato nella vita di tutti i giorni nell’arduo compito di tener vivo il cuore rossonero di un bambino che il Giannino con tanto impegno vuol uccidere, dopo avergli rubato tutti i sogni.
Il Giannino che si fregia di pensare ai più piccoli e che in realtà di loro se ne sbatte: gli ha venduto tutti gli idoli, gli ha rubato la gioia di vestire la 10, gli ha rubato il sogno di vincere il campionato perchè “tanto perdiamo”, gli ha rubato la gioia di entrare a San Siro, gli ha rubato tutto come un maledettissimo ladro di sogni. Fate schifo.
Solo noi milanisti portiamo avanti quella fede permettendo che non muoia, a noi dovrebbe essere data la riconoscenza che chiedete per la società. Noi, quelli che chiamate tifosotti e tastieristi, siamo gli unici in grado di far capire la storia di questo club e di difendere i bambini dai ladri di sogni che voi celebrate. Andatevene maledetti.

#Norimbergarossonera

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Categoria: Mondo Milan

Autore: Milan Night

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