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Riscaldamento globale: la Groenlandia si scioglie più veloce del previsto

Riscaldamento globale: la Groenlandia si scioglie più veloce del previsto

(Rinnovabili.it) – I ghiacci della Groenlandia si stanno sciogliendo molto più velocemente del previsto. La perdita progressiva della calotta ghiacciata che ricopre l’immensa isola è già oggi una della cause principali dell’innalzamento del livello dei mari. Se scomparisse del tutto, gli oceani aumenterebbero di ben 6 metri, inondando alcune delle città più popolose al mondo. A sua volta, lo scioglimento dei ghiacci ha come causa principale il riscaldamento globale, e il caldo record che da mesi si registra soprattutto nell’area artica sta dando il colpo di grazia. Ma non si tratta – avvertono gli scienziati nella ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances – di una tendenza semplice da invertire: durerà invece a lungo, anche se nel frattempo entrassero in gioco serie politiche di contrasto ai cambiamenti climatici.

Lo studio è riuscito a calcolare con maggior precisione lo spessore della calotta ghiacciata della Groenlandia tramite rilevazioni Gps. La coltre di ghiaccio ha raggiunto la sua massima espansione 20mila anni fa e ha letteralmente schiacciato le rocce sottostanti. Perciò, man mano che si scioglie, la roccia si risolleva lentamente. Gli scienziati hanno calcolato che la Groenlandia si solleva di 12 mm l’anno, cioè l’8% in più di quanto stimato da studi precedenti. Questo significa che in 12 mesi si sciolgono in mare 19 km cubi di ghiaccio.

I ricercatori sono riusciti a ricostruire l’andamento anche per i millenni passati, scoprendo che la calotta si assottiglia sempre nelle stesse aree, che sono quelle costiere a nord-ovest e sud-est. E proprio dal confronto con la situazione attuale scaturisce il dato peggiore: si tratta di una tendenza di lungo periodo, che il riscaldamento globale contribuisce a esacerbare. “Il fatto che osserviamo una forte somiglianza tra passato e presente suggerisce che lo scioglimento dei ghiacci in queste aree continuerà per i prossimi decenni”, sostiene Jonathan Bamber dell’università di Bristol, tra gli autori dello studio.

Autore: Rinnovabili

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