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Amy Hennig: le condizioni lavorative nell’industria dei videogiochi sono ancora problematiche

Non tutti gli sviluppatori possono vantare un’esperienza ultra ventennale nell’industria dei videogiochi. Amy Hennig fa parte di un club ristretto, avendo avuto l’occasione di esprimere il proprio talento creativo in compagnie di notevole successo come Crystal Dynamics e Naughty Dog.

Attualmente impegnata a tempo pieno nello sviluppo di una nuova avventura ambientata nell’universo di Star Wars, la Hennig conosce molto bene le dinamiche di questo mercato e ritiene che le condizioni lavorative in cui versano ancora oggi molti sviluppatori siano complicate. Questi problemi vengono comunemente riassunti con il termine “crunch”, ovvero i periodi lavorativi sotto pressione costante che costringono i dipendenti a turni settimanali superiori alle 80 ore

“Uncharted 3 fu un progetto difficile, i due anni di tempo a nostra disposizione giunsero dopo due progetti che ci avevano messo sotto pressione. Ed era anche una fase nella quale stavamo cercando di accrescere lo studio e di dividerlo in due team, pertanto stavamo affrontando anche le questioni di reclutamento. Cercare di decidere cosa fare alla luce del successo del secondo capitolo, con soli due anni e molte sfide, fu tosto”, ha ricordato Hennig.

Sviluppare nuove idee diventa sempre più complesso e ogni nuovo titolo è una sfida sempre più ardua da fronteggiare. Ovviamente la responsabilità cresce di pari passo con il ruolo di leadership assunto nella compagine lavorativa considerata. Alla Hennig è stato chiesto quali possono essere le difficoltà di tipo personale che uno sviluppatore deve fronteggiare durante lo sviluppo di un titolo tripla A.

“È molto complicato. In tutto il tempo che ho speso in Naughty Dog – ovvero dieci anni e mezzo – credo di non aver mai lavorato meno di 80 ore a settimana. C’erano delle eccezioni in cui mi dicevo che era il caso di staccare un paio di giorni, ma ho lavorato quasi sempre sette giorni su sette e almeno dodici ore al giorno”.

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Secondo la mente creativa di Visceral Games le soddisfazioni di realizzare un prodotto tripla A non sempre giustificano il tipo di vita che molti sviluppatori sono costretti a mantenere per non perdere il loro lavoro.

“C’è gente che non va mai a casa per vedere le proprie famiglie. Hanno dei bambini che stanno crescendo e non li vedono mai”, ha fatto notare Hennig. “Io non ho figli. Ho scelto la mia carriera in molti modi, e ho potuto rimanere concentrata solo su me stessa. Quando facevo sacrifici ciò ha avuto influssi sulla mia famiglia? Sì, ma principalmente riguardavano me e ho potuto compiere questo tipo di scelta. Ma quando penso ad altre persone… voglio dire, la mia salute è davvero calata, ho dovuto prendermi cura di me stessa perché era brutto. E ci sono state persona che sono collassate, o che dovevano andare a farsi dare un’occhiata dopo che uno di questi titoli era concluso. Altri hanno divorziato. Questo non va bene, niente di tutto ciò. Niente merita cose di questo tipo. È una corsa agli armamenti che non si può vincere e sta distruggendo delle persone”.

La passione della Hennig per il lavoro sembra essere ancora molto elevata. Ciò nondimeno la sviluppatrice si chiede se non sia il caso di continuare a creare videogiochi in modo più sano, responsabile ed etico. Dall’intervista emerge la miriade di fattori problematici che sta affliggendo un’industria sempre più costretta a vivere sul filo del rasoio, e dove la necessità di restare al passo con l’evoluzione tecnologia è seconda soltanto al mantenimento dei bilanci in attivo.

“Cercare di completare un gioco come Uncharted 3 in due anni è folle, specialmente quando per due anni si intende tutto: pre-produzione, produzione e ciò che ne consegue. Tutti cercano di far coesistere i costi con il tempo. Avremmo potuto farlo più a lungo con team più contenuti? Certo, ma così facendo si rischia di bruciare denaro rapidamente. Abbiamo visto tutti i titoli che hanno richiesto troppo tempo e sono stati doppiati da altri”.

In una fase storica dove la distribuzione e i nuovi modelli economici hanno determinato cambiamenti importanti, il mercato dei tripla A è rimasto ancorato al tradizionale price-point e alla spasmodica ricerca di nuovi modi per alzare l’asticella dei contenuti.

“Quando si promuove un gioco si tende a pensare che sarebbe meglio avere più ore di gioco, una determinata modalità o realizzare meglio specifici aspetti. In alternativa si potrebbe decidere di realizzare le migliori sei ore di gioco che si siano mai viste, e proporre il tutto a 40 dollari. Siamo arrivati ad un punto in cui bisogna rinunciare a qualcosa… non si può più pensare di creare un gioco come il primo Uncharted, della durata di dieci ore e senza altre modalità”.

Autore: GAMEmag – Videogames

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